Forse la grande sfida da vincere per ottenere il cambio di paradigma del modello economico e sociale: passare da uno sviluppo economico basato sullo sfruttamento del territorio e la indiscriminata movimentazione delle merci (il “piacere” di sorseggiarsi una Perrier in Sicilia, o una san Pellegrino negli Stati Uniti; la “razionalità” di scaldare l’acqua di una doccia a Gallipoli con del gas che proviene dal Kazakistan, piuttosto che con un pannello posto sul tetto del locale che ospita il box doccia), allo sviluppo del benessere e del bellessere dei cittadini basato sulla valorizzazione del proprio territorio e la tutela e salvaguardia della qualità dei prodotti e delle competenze locali.
Strategie per uno sviluppo locale sostenibile
Chiamiamole strategie per uno “sviluppo locale sostenibile”.
Una strategia che applicata in un Paese come l’Italia, così denso di testimonianze storiche e paesaggistiche e di una sapienza e tradizione artigianale ed enogastronomica unica nel pianeta potrebbe essere la scoperta dell’uovo di Colombo per i nostri politici disperati alla ricerca di una soluzione per far riemergere il Paese dal caos provocato dall’inettitudine delle classi politiche che ci hanno governato in questi ultimi trent’anni e dalla bulimia della burocrazia pubblica.
Un passaggio, abbiamo detto, paradigmatico; una transizione che in parte, con costi indubbiamente elevati e tempi ampliati, avverrà “naturalmente” per evoluzione del vecchio nel nuovo, ma che conviene provare ad accompagnare attraverso un processo guidato e gestito.
Dieci parole chiavi per governare la transizione
Questo importante, fondamentale, passaggio può essere guidato dalla strategia delle dieci parole chiave. Quali sono? Eccole. Ognuna di esse indica una fase temporale per avvicinarsi all’obiettivo finale o uno stato d’animo necessario per raggiungerlo:
- sfida
- strategia
- ascolto
- progetti
- prototipi
- ricerca
- fantasia
- amore
- lotta
- errore
1. Sfida
E il primo passo: capire che una sfida, ed avere il coraggio di affrontare una sfida con un obiettivo lungimirante, cercando le alleanze sul territorio per affrontare il coacervo di interessi multinazionali contro i quali ci si dovrà scontrare. La determinazione di difendere le scelte fatte anche quando tutto sembra convincerti che val la pena gettare la spugna e rinunciare a sfidare il mondo. La sfida presuppone un obiettivo da raggiungere e ti permette di valutare se, alla fine, la si vinta o no.
2. Strategia
Una sfida può essere vinta in modo rocambolesco, ma questo anche il modo migliore per perderla. In questo caso si seguirebbe la strategia di James Bond; apri una porta e affronti il problema, senza un disegno, ma solo con la forza o con l’astuzia. Ma il filone cinematografico dedicato all’agente segreto con licenza d’uccidere si é evoluto i nuovi sequel basati su complotti risolti o affrontati con strategia spesso anche troppo arzigogolate (“Mission impossible”, ad esempio). Tra i due estremi posizioniamoci nel mezzo.
Una bella sfida deve essere sostenuta da una strategia lucida e chiara, portata avanti con determinazione ma anche con la flessibilità che permette di scegliere gli ostacoli da superare in relazione alle forze a disposizione in quel momento.
3. Ascolto
Una strategia si alimenta del dialogo e del confronto con le forze in campo, con i soggetti dell’arena di influenzamento. Una sfida deve declinarsi adattandosi alla situazione; una strategia deve rinforzarsi confrontandosi con gli attori in gioco ed ad essi conformandosi.
Sempre mantenendo ben a mente l’obiettivo finale e la direzione di marcia.
4. Progetto
Una sfida pone un obiettivo, una strategia il modo per raggiungere questo obiettivo, un percorso che si dipana attraverso tanti progetti, chiari, ben definiti, che permettono di raggiungere i risultati attesi come sommatoria di una serie di progetti puntuali e specifici ben delineati nel loro ordine; assolutamente necessari ad affrontare il presente costruendo il futuro.
Il progetto da concretezza alla strategia e permette di procedere per gradi e di rinforzare il processo complessivo.
5. Prototipo
Il naturale sviluppo di un progetto nella quinta parola indicata, «prototipo». Definito un progetto prima di dispiegarlo a tutto campo occorre realizzare un prototipo per anticipare le situazioni attese al cui verificarsi occorre ritrovarsi adeguatamente attrezzati.
Un prototipo consente di valutare su piccola scala la coerenza e la funzionalità del progetto, puntualizzarne il disegno e le sequenze, impostare la capacità di risposta del sistema territoriale e sociale che l’attuazione del progetto sollecita.
6.Ricerca
E’ una fase trasversale che parte dalla sfida e prosegue oltre il raggiungimento dell’obiettivo. Il territorio deve essere costantemente oggetto di ricerche per monitorare l’attuazione dei processi avviati, per riposizionare il progetto, per ridefinire le strategie.
Ma con ricerca non s’intendono solo quelle di indagine della realtà e del territorio, ma anche quella relazionale. Ricerca dei conflitti per sciogliergli, ricerca della motivazione di chi opera per attuare la sfida, ricerca del consenso e della consapevolezza dei soggetti presenti sul territorio, istituzionali, economici e della società civile.
7. Fantasia
E’ la prima di una triade di parole che devono accompagnare e anticipare la sfida e che coinvolgono la sfera emotiva e passionale. La fantasia che permette di guardare oltre, di sognare, di sentirsi creatori, di avere una visione verso la quale andare.
La fantasia necessaria per rompere gli schemi, per ispirare la creatività.
8. Amore
Senza il quale nessun impegno, nessun lavoro, davvero possibile. Amore e passione. Quell’amore che ci dà l’entusiasmo e che ci impedisce di prendere scorciatoie con i loro danni collaterali. Amore e rispetto, per il territorio, per l’identità, per la comunità, per i beni comuni, per l’interesse generale, per le persone, per gli animali, per la natura, per la cultura.
9.Lotta
Contro i pregiudizi, le disattenzioni, le difficoltà e le insidie che continuamente affiorano. “Pane, amore e fantasia” dove “pane”, in questa metafora, sta per la determinazione ad andare avanti. Comunque.
10.Errore
L’ultima parola chiave di un processo di trasformazione del modello di sviluppo economico: errore. «Chi non fa non falla», diceva mia nonna, mentre raccoglieva i cocci della ciotola. Un processo così radicale non procede senza errori. Se ne commettono tanti, inevitabilmente. Il problema non commettere errori, ma riconoscerli e indagarli, analizzarli, capirli, approfondirli, presentarli; affinchè non abbiano più a ripetersi. Chi guida e chi opera in un progetto deve apprendere dagli errori fatti e per farlo deve aver la forza di rinunciare a superbia, arroganza, invidia e irascibilità.
Potrei concludere, e lo farò, con una metafora:
«Un’ostrica inevitabile che sia, di primo acchito, infastidita dalla presenza al suo interno di un corpo estraneo. Ma rivestendolo di vari strati di madreperla, in grado di trasformare quel corpo estraneo in una perla preziosa. Il “corpo estraneo” di uno sviluppo economico locale la capacità di mettersi in discussione, di accettare il cambiamento, di guardare oltre. Dobbiamo avere la forza di non smettere di rivestire quest’attitudine di ideali strati di madreperla; l’occasione perché quel “corpo estraneo” diventi la perla preziosa per rilanciare il benessere nel nostro Paese salvaguardando e valorizzando l’immenso patrimonio che i nostri avi ci hanno lasciato in eredità con il dovere di trasmetterlo alle generazione future».