L’immagine di copertina del libro di Claudio Nutrito “Sono modesto e me ne vanto” illustra in sintesi la contraddizione – reale o apparente – di un paradosso.
Un esempio biblico di paradosso è il giudizio di Salomone, che ordina a due mamme che si contendono un bambino di dividere il bambino a metà in modo che ambedue siano soddisfatte. E’ proprio il nodo paradossale a risolvere il problema, perché viene spezzato dall’opposizione della vera mamma che non può tollerare di perdere il bambino perché affidato all’altra o squartato.
Nella comunicazione persuasiva, nella negoziazione, nel dibattito e nel problem solving si fa spesso uso di paradossi e doppi legami.
I paradossi sono ragionamenti contraddittori che devono essere accettati, o ragionamenti corretti che portano ad una contraddizione, in modo da giungere a conclusioni apparentemente inaccettabili che derivano da premesse apparentemente accettabili, per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile.
Le antinomie sono paradossi che contengono due affermazioni contraddittorie che possono essere entrambe dimostrate o giustificate, per cui non è possibile applicare il principio logico di non contraddizione.
Una delle più famose è l’Antinomia di Epimenide o Paradosso del Mentitore, che dice: “Tutti i cretesi mentono, io sono cretese”. Se è vero che i cretesi mentono, contraddico la prima frase, perché non ho mentito. Se non è vero io mento, ma non tutti i cretesi mentono. Ecco che si genera un loop senza fine, perché se non tutti i cretesi mentono allora io dico il vero, quindi mentono…
Dello stesso tipo è il paradosso di Pinocchio che dice ”ora mi crescerà il naso”. Se il naso non cresce, ha detto la verità, ma allora il naso dovrebbe crescere. Se il naso cresce, ha detto la verità, quindi non dovrebbe crescere. Ma se non crescesse avrebbe detto una bugia quindi dovrebbe crescere. Da questo loop si può uscire solo con un salto laterale, immaginando un naso obbediente che cresce sia al comando della Fata Turchina sia al comando di Pinocchio, o immaginare che subito dopo Pinocchio dica: “Io sono Lucignolo”. In tal caso il naso potrebbe crescere tranquillamente.
Si ha antinomia normativa quando una legge permette e un’altra legge proibisce la stessa cosa, con grande gioia degli avvocati.
In matematica il paradosso è una proposizione dimostrata e logicamente coerente, ma lontana dall’intuizione; l’antinomia è una vera e propria contraddizione logica.
Il paradosso del libero arbitrio dice che siamo liberi di fare scelte, ma non siamo liberi di evitare le conseguenze delle scelte fatte.
Antinomie e paradossi sono potenti stimoli di riflessione, perché rivelano l’inconsistenza di luoghi comuni, i limiti intellettuali della logica, l’inadeguatezza di verità scientifiche, falsificate dal paradosso che apre la via a nuove verità. Paradossi basati su concetti semplici hanno spesso portato a grandi progressi intellettuali. Si è giunti a scoprire nuove regole matematiche o nuove leggi fisiche per rendere accettabili le conclusioni che all’inizio sembravano inaccettabili. Oppure si è scoperta la fallacia di premesse o ragionamenti finora ritenuti accettabili. La fisica quantistica è nata quando ci si è accorti che ciò che valeva a scala normale non valeva più a livello nanometrico.
La comunicazione paradossale crea corti circuiti mentali ed è un potente strumento di persuasione, dissuasione, negoziazione.
E’ noto l’aneddoto arabo che dice: “Mi dici che vai ad Aleppo, ma se mi dici così io so che non ci vai. Però tu sai che io penso che tu non ci vada, per cui certamente ci vai. E allora perché mi menti, amico mio?” Questo tipo di ragionamento è alla base della dissimulazione delle spy stories o di certi corteggiamenti amorosi.
Il paradosso può essere anche visivo, quando la forma contraddice il significato. Maestro di simili paradossi era Escher, ed è destabilizzante la foto di questi dadi che formano un triangolo di Penrose, figura impossibile ulteriormente contraddetta dalla veridicità della fotografia.
Un tipo particolare di comunicazione paradossale è il doppio legame, che presuppone un coinvolgimento affettivo o almeno emotivo fra le parti. Questo avviene quando si dice qualcosa e se ne smentisce il senso con atteggiamenti del viso o del corpo, come dire sbadigliando: “continua pure, mi interessa molto ciò che dici”. Ecco un tipico doppi legame:
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Non mi dici mai “ti amo”
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Ti amo
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Non vale, perché te l’ho detto io.
Oppure “sii spontaneo”, “non voglio che tu mi obbedisca, ma che faccia di tua volontà ciò che ti chiedo”.
E famosa la storiella ebraica della mamma che regala alfiglio due camicie, una rossa e una blu. Appena il figlio indossa la blu, la mamma con aria sconsolata dice: “lo sapevo che quella rossa non ti piaceva!”.
Altro doppio legame è chiedere ad un bambino in presenza di ambedue i genitori: “vuoi più bene al papà o alla mamma?”.
In sostanza nel doppio legame, come direbbe lo stratagemma cinese, “si manda il nemico in soffitta e si toglie la scala”, ossia si propongono due alternative la cui scelta è sempre sbagliata.
Nel problem solving l’ipersoluzione di Watzlawick, o tentata soluzione disfunzionale, è un comportamento paradossale perché continua a fare ciò che tiene in vita il problema invece di risolverlo. Si può correggere con una prescrizione altrettanto paradossale: cerca di peggiorare la situazione invece di migliorarla, così capisci quali sono le vere leve che incidono sul sistema problematico. E’ tipico il caso della mamma che si lamenta perché il figlio lascia la stanza in disordine, ma ogni volta rimette in ordine. La prescrizione è: prova a disordinarla ancora di più, così il figlio si renderà conto della situazione quando non ci si raccapezzerà più nemmeno lui.
Casi di comunicazione paradossale si trovano nei campi più disparati. In politica per esempio, come recentemente ha detto Freccero per spiegare in sintesi il fenomeno Renzi, il paradosso della sinistra è che se non cambia, diventa destra. Se cambia, non può far altro che diventare destra.
Se il governo non risolve l’evasione fiscale, perde i voti di chi paga le tasse. Se fa una seria politica anti-evasori, perde i voti di chi non le paga.
I delusi che non votano dicono: “Non voto perché non mi piace nessuno, ma non votando continuo a far governare quelli che non mi piacciono”.
Maestro nell’uso del doppio legame è sempre stato Berlusconi. Basta un solo esempio: “se i giudici mi assolvono, sono innocente e le accuse erano un complotto; se mi condannano, confermano che le accuse erano un complotto e che sono giudici di parte, dunque sono innocente”. E ci è cascato anche Renzi: se si accorda con Berlusconi perde la faccia agli occhi di tanti elettori. Se non si accorda non riesce a fare le riforme e perde la faccia lo stesso.