un documento ancora vivo e da realizzare
Nel 2009, ormai 5 anni fa, un gruppo di esperti di organizzazione si riunisce per chiarire quali siano i rischi e le opportunità più importanti per il management di domani.
La conferenza, organizzata da The Management Lab con il supporto di McKinsey & Co. è durata due giorni e ha visto impegnate 35 autorità del settore, di orientamento liberal e progressista, va detto, tra cui, tanto per citarne alcuni Chris Argyris (Harvard University), Lowell Bryan (McKinsey Company), Yves Doz (Insead), Linda Hill (Harvard Business School), Tom Malone (MIT Sloan School of Management), Peter Senge (Society for Organizational Learning e MIT), nonché esponenti di Google, Wired, W.L. Gore Associates, Whole Foods, UBS e altre quattro o cinque importanti università americane. Costoro, che rappresentano sicuramente una parte del pensiero di punta di oggi sulle questioni organizzative, hanno redatto un documento che comprende e descrive le 25 sfide chiave per il management di domani. Ne riporto l’elenco, in se stesso già informativo, limitandomi a considerare che a mio parere la vision è di lungo periodo.
- Fare in modo che il lavoro del management serva un fine più elevato. Il management, tanto nella teoria che nella pratica, deve orientarsi al conseguimento di obiettivi nobili e socialmente rilevanti.
- Incorporare a pieno titolo le idee di comunità e cittadinanza nei sistemi di gestione. Occorrono processi e prassi che riflettano l’interdipendenza di tutti i gruppi di stakeholder.
- Ricostruire le fondamenta filosofiche del management. Per creare organizzazioni che siano ben più che semplicemente efficienti, avremo bisogno di attingere agli insegnamenti di campi come la biologia, le scienze politiche e la teologia.
- Debellare le patologie della gerarchia formale. Le gerarchie naturali, dove il potere procede dal basso verso l’alto e i leader emergono anziché essere nominati, comportano numerosi vantaggi.
- Combattere la paura e aumentare la fiducia. La diffidenza e la paura sono tossiche per l’innovazione e il coinvolgimento, e devono essere estromesse dai sistemi manageriali di domani.
- Reinventare gli strumenti di controllo. Per superare il trade-off tra disciplina e libertà, i sistemi di controllo devono incoraggiare il controllo dall’interno anziché i vincoli imposti dall’esterno.
- Ridefinire il lavoro di leadership. La nozione de “il” leader come teorico decisore è indifendibile. I leader devono essere rimodellati come architetti di sistemi sociali che favoriscono l’innovazione e la collaborazione.
- Espandere e sfruttare la diversità. Dobbiamo creare un sistema manageriale che dia valore alla diversità, al disaccordo e alle divergenze tanto quanto alla conformità, al consenso e alla coesione.
- Reinventare il processo della formulazione della strategia come un processo in divenire. In un mondo turbolento la formulazione delle strategie deve riflettere i principi biologici della varietà, della selezione e della conservazione.
- Destrutturare e disaggregare l’organizzazione. Per diventare più capaci di innovare, le grandi organizzazioni devono essere disaggregate in unità più piccole e malleabili.
- Ridurre sensibilmente l’influsso del passato. I sistemi di management esistenti spesso rinforzano, senza volerlo, lo status quo. In futuro dovranno facilitare l’innovazione e il cambiamento.
- Condividere il lavoro di stabilire la direzione. Per coinvolgere i dipendenti, la responsabilità della definizione degli obiettivi deve essere distribuita attraverso un processo nel quale il grado di influenza sia proporzionale al discernimento, non al potere.
- Sviluppare misure di performance olistiche. Le misure di performance esistenti devono essere ripensate, perché non prestano sufficiente attenzione alle competenze umane fondamentali che stanno alla base del successo in un’economia creativa.
- Allungare gli orizzonti temporali e la visione prospettica dei dirigenti. Scoprire alternative ai sistemi di retribuzione e ricompensa che incoraggiano i manager a sacrificare gli obiettivi a lungo termine per i guadagni di breve periodo.
- Creare una democrazia dell’informazione. Le aziende hanno bisogno di sistemi di informazione olografici, che diano a tutti i dipendenti gli strumenti di cui hanno bisogno per agire nell’interesse dell’intera impresa.
- Dare potere ai ribelli e disarmare i reazionari. I sistemi di gestione devono dare maggiore potere ai dipendenti che hanno investito il proprio capitale emotivo nel futuro anziché nel passato.
- Espandere la portata dell’autonomia del dipendente. I sistemi di gestione devono essere progettati in maniera da favorire le iniziative dal basso e la sperimentazione locale.
- Creare mercati interni per le idee, i talenti e le risorse. I mercati riescono ad allocare le risorse meglio di quanto non facciano le gerarchie, e i processi di allocazione delle risorse aziendali devono riflettere questo dato di fatto.
- Depoliticizzare i processi decisionali. I processi decisionali devono essere liberi da distorsioni legate alla posizione e devono sfruttare la saggezza collettiva dell’intera organizzazione, e anche oltre.
- Ottimizzare meglio i trade-off. I sistemi di gestione tendono a imporre degli aut-aut. Ciò che serve sono sistemi ibridi che ottimizzino più gradualmente i trade-off.
- Dare libero sfogo all’immaginazione umana. Molto si sa dei fatti che stimolano la creatività umana. Queste conoscenze devono essere applicate meglio alla progettazione dei sistemi manageriali.
- Favorire le comunità di interessi. Per massimizzare il coinvolgimento dei dipendenti, i sistemi manageriali devono facilitare la formazione di comunità di interessi spontanee.
- Riattrezzare il management per un mondo aperto. I network che creano valore spesso trascendono i confini dell’impresa e possono rendere inefficaci i tradizionali strumenti manageriali basati sul potere. Servono nuovi strumenti di gestione per costruire e modellare ecosistemi complessi.
- Umanizzare il linguaggio e la prassi del business. I sistemi gestionali di domani dovranno attribuire altrettanta importanza agli ideali eterni dell’umanità, come la bellezza, la giustizia e la comunità, quanta ne ripongono nei tradizionali obiettivi dell’efficienza, del vantaggio e del profitto.
- Rieducare la mentalità manageriale. Le tradizionali capacità analitiche e deduttive dei manager devono essere integrate da capacità concettuali e di pensiero sistemico.
E ora, ricordiamoci della prima:
Fare in modo che il lavoro del management serva un fine più elevato: il management, tanto nella teoria che nella pratica, deve orientarsi al conseguimento di obiettivi nobili e socialmente rilevanti.
Credo che sia anche la più importante. E concludo con una domanda: ma come fare? Pensarci non è esercizio da poco… Intanto per chi vuole maggiori informazioni si può cercare “Le grandi sfide per il management del XXI secolo” in Oltre la crisi, Piccola Biblioteca del Sole 24 Ore N. 19/2009, Il Sole 24 Ore). O dare un occhiata qui: http://www.managementexchange.com/moonshots