I temi sui quali si articolerà l’intenso programma della Esposizione Universale di Milano del 2015 corrispondono ai massimi imperativi non solo politici ed economici del nostro tempo, ma anche morali nel senso kantiano del termine: “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”. Soprattutto il primo: Nutrire il Pianeta. La globalizzazione ha ridotto la povertà, ma non ha sconfitto la malnutrizione. Secondo il rapporto sullo “Stato della insicurezza alimentare nel mondo”, pubblicato congiuntamente dalla FAO, dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e dal Programma Alimentare Mondiale (PAM) – organismi che hanno tutti sede in Italia, a Roma – 842 milioni di persone nel mondo – all’incirca una su otto abitanti del pianeta – hanno sofferto di fame cronica negli anni 2011 – 2013 e il 45% delle morti dei bambini al di sotto dei cinque anni è ancora legata alla fame. La grande maggioranza della popolazione sottonutrita – 827 milioni – vive nei paesi in via di sviluppo e solo 16 milioni nei paesi sviluppati. E’ inaccettabile, dal punto di vista della morale, cristiana e laica, che in un mondo di abbondanza, centinaia di milioni di persone si vedano negato il diritto fondamentale della libertà dalla fame, come hanno detto Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco: l’unica cifra accettabile è zero. Progressi nella lotta alla fame sono stati indubbiamente fatti: negli anni ’90 gli affamati nel mondo erano poco più di un miliardo, nei primi anni di questo secolo 900 milioni e la percentuale sulla popolazione totale è calata del 17% negli anni 2011 – 2013 rispetto agli anni 1990 – 1992. Il rapporto FAO-IFAD-PAM rivela che, malgrado il progresso generale registrato nella riduzione della fame, differenze marcate persistono fra le regioni e molti paesi sono stati lasciati indietro. L’Africa sub-sahariana ha fatto progressi modesti negli anni recenti e resta la regione con la più elevata percentuale di sottonutrizione (24,8%). E’ tuttavia l’Asia nel suo complesso ad ospitare i due terzi delle persone malnutrite: mezzo miliardo di persone, di cui 190 milioni solo in India, dove i progressi sono stati limitati. Per contro l’America Latina è riuscita a raggiungere gli obiettivi che si era posta: i 60 milioni di affamati negli anni ’90, il 14,4% della popolazione totale, sono ora 29, il 5,1%. Il Brasile, attraverso il programma “Fame Zero” lanciato dall’ex presidente Lula, ha portato la quota delle persone malnutrite sotto il 5%. Nel complesso, l’obiettivo del Vertice Mondiale del Cibo del 1996 di dimezzare entro il 2015 il numero dei malnutriti è stato mancato e resta ancora molto da fare.
Le riforme agrarie, i nuovi metodi produttivi e l’innovazione tecnologica hanno cambiato il volto delle campagne in India, in Cina e in Sudamerica. Il problema oggi della nutrizione non è tanto quello della scarsità di cibo, nonostante il cambiamento climatico e gli squilibri che esso determina (siccità da un lato e alluvioni dall’altro) quanto della circolazione e della distribuzione dei prodotti agricoli. L’agricoltura e il cibo hanno un legame diretto con le relazioni sociali, la sostenibilità ambientale, la gestione del territorio,la sovranità nazionale e il diritto universale all’alimentazione. Questi aspetti sono considerati secondari dall’attuale sistema agro-alimentare di tipo industriale, plasmato dalla logica neo-liberista delle istituzioni finanziarie internazionali, perseguita dalle politiche agricole dei paesi dominanti e controllato dalle corporations multinazionali. Gli accordi bilaterali e multilaterali di libero scambio, il sistema internazionale degli aiuti e della ricerca ed i sussidi pubblici (come quelli generosamente erogati ai farmers americani) hanno prodotto il consolidarsi dell’agricoltura industriale che oggi controlla il complesso di una catena alimentare lunga nel tempo e nello spazio, oltre che insostenibile per le popolazioni, l’ambiente e le economie locali. La crisi alimentare che negli ultimi tempi ha accompagnato la più generale crisi economica mondiale è stata determinata principalmente dalla speculazione sulle derrate agricole e dall’accaparramento di terre per la produzione di agro-carburanti che hanno estromesso le colture tradizionali destinate all’alimentazione umana. La speculazione finanziaria e commerciale sul cibo è uno dei fenomeni che impedisce la sovranità alimentare dei paesi in via di sviluppo ed è chiara concausa dell’aggravamento recente del numero di affamati del pianeta. A giugno del 2008 i prezzi degli alimenti di base nel mercato internazionale hanno toccato l’aumento record degli ultimi 30 anni. Nella seconda metà del 2008 sono crollati del 50%. La finanza è tra i principali responsabili di tali sbalzi ed ha abbondantemente lucrato su di essi. In tutto ciò i contadini non hanno beneficiato dell’impennata dei prezzi e sono stati sollecitati a intensificare le produzioni ricorrendo a fertilizzanti e pesticidi divenuti molto più cari, mentre il valore dei raccolti diminuiva progressivamente. Lo sviluppo del mercato di agro carburanti è ritenuto fra le cause principali delle variazioni dei prezzi dei prodotti alimentari degli ultimi tempi. La corsa per soddisfare le necessità di approvvigionamento di agro-carburanti degli Stati Uniti e dell’Europa nonché i loro futuri obiettivi di consumo hanno alterato profondamente i mercati globali dei prodotti alimentari. L’aumento della domanda di prodotti agricoli destinati alla produzione di agro-carburanti ha anche stimolato una corsa globale all’accaparramento di terre nel sud del mondo, generando nuove forme di colonialismo economico. L’uno e l’altro fenomeno traggono origine dal peccato originale di considerare il cibo come merce. Giova ricordare quel che Papa Francesco ha detto poche settimane fa: “Addolora constatare che la lotta contro la fame e la malnutrizione viene ostacolata da priorità di mercato, dalla supremazia del profitto, che hanno ridotto il cibo a una commodity qualunque, soggetta a speculazioni anche di natura finanziaria”.
La Carta di Milano
Sulla urgenza di un radicale scambio di strategia da parte delle istituzioni nazionali e internazionali che presiedono alle politiche agricole, economiche e sociali, si è espresso anche il presidente della Repubblica Mattarella nel messaggio inviato, prima della loro ultima riunione, agli esperti del Comitato che da più di un anno sta provvedendo a redigere un manifesto di impegni e priorità, la “Carta di Milano” appunto, sul tema stesso di EXPO 2015: “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”. Nel messaggio si dice che “l’aumento delle diseguaglianze tra paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione, rende indispensabile l’adozione di un nuovo modello di sviluppo che modifichi questa inaccettabile tendenza nel rispetto dei fondamentali valori riconosciuti e sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” e che “si tratta di una sfida globale che interessa l’intero pianeta e che richiede scelte politiche e azioni condivise per la gestione sostenibile delle risorse, la difesa delle biodiversità, la salvaguardia e la valorizzazione dei territori troppo spesso messa a rischio da comportamenti egoistici e irresponsabili”. La Carta ha l’ambizione di delineare l’agenda per uno sviluppo equo e sostenibile dell’agricoltura, vale a dire rendere equamente disponibile il cibo in tutto il mondo senza compromettere acqua, fertilità dei suoli, energia e biodiversità, di affrontare con priorità ben definite e con misure concrete il paradosso della coesistenza di abbondanza di cibo nei paesi sviluppati e di fame nei paesi poveri e le emergenze prodotte dalle calamità naturali e dai cambiamenti climatici. Non vuole essere una generica dichiarazione di intenti, né un atto intergovernativo calato dall’alto, ma una sintesi di documenti e contributi derivante da un percorso condiviso e partecipato, aperto a tutti: dai semplici cittadini alle imprese, alle istituzioni pubbliche e ai “corpi intermedi” (associazioni e partiti politici).
Il processo di condivisione di idee e di proposte sul tema dell’alimentazione si concluderà il prossimo ottobre con la consegna della Carta, sottoscritta da tutti i soggetti che ne condivideranno contenuti e obiettivi, al segretario dell’ONU Ban Ki.moon, collegando così il semestre dell’EXPO all’appuntamento dei nuovi “Obiettivi del Millennio”. Quindici anni fa, i capi di Stato e di Governo, riuniti a New York nell’Assemblea del Millennio, stabilirono una serie di obiettivi di sviluppo da raggiungere entro il 2015, noti appunto come i “Millennium Development Goals”. Nell’ambito del primo di questi obiettivi, che mira a sradicare la povertà estrema e la fame, l’impegno delle nazioni era di dimezzare, tra il 1990 e il 2015, la proporzione della popolazione sottonutrita. 62 paesi hanno già raggiunto questa misura e, di essi, 22 hanno conseguito l’obiettivo più alto, stabilito nel Vertice mondiale del cibo di Roma del 1996, di dimezzare nello stesso periodo il numero assoluto della popolazione affamata. Sebbene non sia lecito realisticamente attendersi nei prossimi anni la soluzione degli ostacoli posti alla circolazione ed alla distribuzione del cibo dalle politiche protezionistiche e dalla speculazione finanziaria sulle derrate agricole, visto l’incerto e lento procedere dei negoziati bilaterali e multilaterali di libero scambio, sarebbe un successo grandissimo e di portata storica se la Carta di Milano, adottata dalle Nazioni Unite, si rivelasse con la sua concretezza lo strumento decisivo per portare nei prossimi 15 anni all’azzeramento nel mondo della popolazione sottonutrita, o per meglio dire affamata.