Sono la figlia minore di una famiglia numerosa, siamo cinque figli, anche se come eravamo naturalmente distribuiti sembravamo due famiglie in una. I miei genitori, poco dopo essersi sposati, hanno avuto una figlia e dopo un altro paio di anni, un figlio maschio. Con un intervallo di ben dieci anni e quando meno ci  si aspettava, è arrivata una altra bambina; e dopo un anno un’altra ancora, e dopo quattro sono arrivata io. Dopo di me, mia madre ha avuto una gravidanza interrotta e come diceva lei, la fabbrica si chiuse.

In età preadolescenziale, intorno ai miei 11 anni ero troppo piccola per stare in salotto con le due mie sorelle che già avevano 15 e 16 anni e a loro era permesso invitare gli amici nel pomeriggio, dalle 6.00 alle 9.00 di sera e sentivano la musica e ballavano. Mi sedevo in cima alla scala di fronte alla porta del salotto e sbirciavo cercando di capire tutto quello che succedeva lì dentro dove ancora non mi era possibile entrare. 

Il ricordo è molto nitido, e quasi lo avverto ora come allora, e mi rivedo a guardare le mie sorelle con molta curiosità per capire perché diventassero così gentili, amabili, sorridenti mentre io le conoscevo per quando litigavano tra di loro e soprattutto quando mi davano ordini allegramente e senza possibilità di discussione; se volevo partecipare ai loro giochi dovevo essere disposta ad essere la malata in ospedale e trangugiare qualsiasi schifezza loro preparassero come medicina per guarirmi o qualsiasi altra cosa avessero in mente di fare. Succedeva sempre nelle famiglie numerose di allora che il più piccolo aveva questo destino e di conseguenza eravamo noi (i più piccoli) che aprivamo la porta, andavamo a comprare il pane se mancava etc. etc. Aveva anche i suoi vantaggi però, eravamo i più coccolati da tutti, nel bene e nel male, e trovavamo sempre qualche santo protettore che ci difendeva dai soprusi e dalle ingiustizie quando serviva.

Mi interessa il fatto che il mio ricordo è molto limpido perché in quell’epoca sognavo di avere 15 anni e poter entrare anche io in salotto. Un sogno perfettamente realizzabile e fattibile, ma che allora percepivo come una cosa quasi impossibile, mi sembrava mancasse una vita per arrivarci!

E mi chiedo, ora che grazie alla innovazione tecnologica, alla globalizzazione, alla industrializzazione, alla digitalizzazione quanto i bambini di oggi abbiano la percezione di inseguire un sogno? 

 

                 Untitled by Tatiana Quetzal on 500px: Fairytale Photography, Fantasy Photography, Dream, Fantasy
 

Mi spiego meglio. Certo che i bambini di oggi sognano, come hanno sognato tutti i bambini del mondo attraverso il tempo e lo spazio. Ma, come è cambiato il desiderio? Come è mutata la capacità di raggiungere un obiettivo? Quanto forte diventa lo stimolo ad impegnarsi per ottenere quello che si vuole, e quanto il sistema ti aiuta o al contrario, facilitando moltissimo la quotidianità di ognuno di noi, invece di aiutarci a spingerci sempre più in là, in qualche modo ci tarpa le ali?

Ogni periodo storico sviluppa un suo linguaggio e le sue consuetudini, e si viene  influenzati fortemente dai mezzi di comunicazione. E’ evidente che all’epoca, l’ambiente nel quale si cresceva aveva una influenza molto forte sull’individuo perché i mezzi di comunicazione erano certamente meno sviluppati. I giornali e la radio riportavano la quotidianità, la tv ancora non arrivava in Cile (accadde un po’ di anni più tardi), ed anche quello che succedeva oltre oceano non sempre si veniva a sapere minuto per minuto, come invece succede oggi.

Il ritmo di vita era molto più lento di oggi, e non si sentiva la necessità di riempire tutti gli spazi vuoti. Noi bambini eravamo lasciati parecchio da soli, nel senso che avevamo tempo per inventare giochi, giocare per la strada, passare dei pomeriggi che ci sembravano lunghi e noiosi, però nei quali magari pensavamo a cosa ci piacerebbe fare, o semplicemente immaginare dei mondi nuovi. 

Tutti gli strumenti messi a nostra disposizione oggi, e dei quali ne faccio io stessa ampiamente uso, ci fanno pensare con estrema naturalezza di essere in qualsiasi altra parte del mondo, di poter condividere un progetto, di lavorare con chi non conosciamo;  in una parola molte cose sono a portata di mano, tanto da sembrarci tutto molto normale e logico.

Una star del cinema o un pittore famoso o una grande personalità storica era un qualcosa – in quella epoca – di irraggiungibile, sia perché mi trovavo nell’ultimo paese del cono sud, sia perché semplicemente spostarsi era molto più complicato e costoso per tutti.

Al massimo si poteva aspettare che un Elvis Presley arrivasse un giorno per fare un concerto, fatto eccezionale, ma trovarsi davanti un Fidel Castro in persona come è successo anni dopo, o sentire Ravi Shankar in concerto a Santiago, o Duke Ellington, non erano nemmeno nei nostri  sogni.

Forse la nostra immaginazione non andava così lontano perché non aveva gli strumenti.

Infatti, questa è la domanda che mi sto facendo.  E’ possibile che i sogni son desideri come lo intendevamo noi, sia cambiato così tanto che non è riconoscibile per un bambino dell’era digitale? 

Il linguaggio, la tecnologia, la semantica, ha fatto tanti cambiamenti effettivi e reali tanti che le nostre favole siano diventate obsolete? O non riescono a raggiungere il nascosto senso didattico che la maggior parte di lesse portavano in sé? 

O, piuttosto, il fatto di avere tantissime cose con le quale stimolare l’immaginazione ed ottenere dei risultati molto più facilmente spegne in un certo senso il godimento dell’ottenimento di qualcosa?

E forse il senso di tutto questo è il valore che le cose hanno per noi. Il valore a cui eravamo abituati e che ci hanno trasmesso ed il valore diverso che le cose hanno oggi. Un frigorifero prima era costruito per durare anche 30 anni perfettamente funzionante. Dunque, il costo era proporzionale alla durata, il che significava che per averlo in casa una famiglia media o povera doveva “fare dei sacrifici”. Detto da un costruttore di frigoriferi, oggi sono disegnati per durare un massimo di cinque anni, un tempo nel quale si spera l’innovazione tecnologica dei nostri tempi sia più che sufficiente per lanciare sul mercato un modello nettamente superiore.

E questo si può applicare a quasi tutti gli oggetti che utilizziamo. Dai vestiti, ai giocatoli, agli utensili, ai mobili, a tutto. Il che significa che tutto ha una durata di vita molto più corta, ed i bambini sono abituati al cambiamento/consumo. Si cambia macchina, si cambia divano, si cambia casa, si cambia cartella, si cambia tutto in tempi rapidissimi. Il che significa che la maggior parte del tempo i bambini non riescono ad affezionarsi a qualcosa che già non esiste più. E quello che lo rimpiazza è meglio (la maggior parte delle volte); una volta le bambole chiudevano ed aprivano gli occhi, oh meraviglia! Oggi, mangiano, fanno la pipi, etc. etc.

E così importante capire il valore delle cose in misura di quanto costano ossia il loro valore economico o é importante capire quanto significhino per noi?

E’ possibile separare le due cose?

O, quel qualcosa che è l’oggetto del nostro desiderio è meno appagante proprio per il fatto che non abbiamo dovuto sudare sette camicie per averlo?

Il concetto di guadagnarsi il diritto a possedere quello che si vuole forse manca nel vocabolario dei bambini di oggi. I genitori sono sempre troppo occupati, troppo impegnati con le fatiche del vivere quotidiano, e così è molto più semplice esaudire i “desideri” degli oggetti voluti dai figli che effettivamente dedicare tempo, pazienza e dedizione a costruire qualcosa insieme a loro o ad aiutargli ad ottenere quello che vogliono. Una barbie comprata in fretta e di corsa può attenuare il pianto della bambina al ritorno a casa, o la macchinina comprata dal tabaccaio potrebbe servire allo stesso scopo.

Probabilmente la costruzione della pista del trenino assieme il fine settimana, con il permesso ad adoperarlo solo una volta finito, costituisce un esempio di qualità di tempo passata insieme migliore tra genitore e figlio e la possibilità di raggiungere un obiettivo, ossia di realizzare un desiderio.

Il consumismo sfrenato al quale assistiamo oggi ha una sua parte nella “diminuzione” del desiderio dei bambini del mondo globale? O loro continuano tranquillamente a sognare, facendolo solo appunto con un altro linguaggio, con un altro mezzo?

A voi la risposta…