Utopia, dal greco “in nessun luogo”, è una situazione così desiderabile che non pare possa esistere in nessun luogo. Distopia in medicina è lo spostamento di un tessuto dalla sua sede normale. I libri o i film distopici descrivono un avvenire tragico, irto di minacce estreme: per evitarle dovremmo prendere provvedimenti drastici. Non sappiamo calcolare i rischi futuri. Molti hanno immaginato rovine che potrebbero attenderci e sono stati anche troppo pessimisti.
Distopia by TABASCO-RAREMASTER, Digital Art, Fractal Art, Raw Fractals 2012-2015
Nel 1588 G. Botero scrisse che le città troppo grandi corrono rischi maggiori di carestie, epidemie, odi fra nazioni, difficoltà nei trasporti. Nel 1830 R. Malthus preannunciava gravi carestie perché riteneva che le popolazioni crescano in progressione geometrica (esponenziale), e che gli alimenti prodotti dalla terra crescano in progressione aritmetica (lineare). Ritenne di averlo dimostrato perché dal 1790 al 1820 la popolazione degli Stati Uniti era cresciuta del 2%/anno. Concludeva: limitiamo la crescita della popolazione praticando la castità!
Negli anni Sessanta venne di moda la “rovinografia”. La popolazione mondiale cresceva dell’1,8 % all’anno (cioè raddoppiava ogni 40 anni) e si stimava che 840 milioni sui 3 miliardi totali fossero alla fame. Si temeva che la bomba demografica avrebbe causato stragi. Gli esperti, inascoltati, calcolavano che l’incremento avrebbe frenato. Nel 2015 il tasso annuale di aumento è dimezzato – solo 0,9%/anno. Il numero delle persone affamate in misura tragica è sceso dai 990 milioni del 1992 a 790 milioni cioè al 12% della popolazione mondiale (nel 1970 stavamo al 34%). Nei paesi in via di sviluppo, le calorie a testa disponibili in media al giorno negli alimenti sono aumentate da 1850 a 2640.
Si diffuse anche la paura della rovina dell’agricoltura. Detergenti, fertilizzanti e scarichi dannosi avrebbero spento la vita vegetale e animale. La diminuzione delle superfici coltivate era vista come un sintomo letale. Però, ad esempio, l’area coltivata a grano in Italia nel 1932 era di 5,4 milioni di ettari: oggi è di 1,9 milioni di ettari (1/3), ma il grano prodotto all’anno è lo stesso 8 milioni di tonnellate. La percentuale di lavoratori in agricoltura è scesa dal 62 al 4%.
I danni dell’inquinamento dell’aria e dei suoli sono stati giustamente temuti e capiti, Quindi sono state introdotte regole severe e gli inquinanti dell’aria (ossidi di zolfo, azoto e carbonio) in Europa si sono più che dimezzati negli ultimi 20 anni. Solo pochi denunciavano i rischi del fallout dei test di armi atomiche e di una guerra nucleare che potrebbe uccidere miliardi di persone, ma anche rendere tanto radioattivo l’ambiente da impedire la ripresa.
Nel 1971 J.W. Forrester programmò su computer il modello noto come “Limiti dello Sviluppo”. Con 150 equazioni differenziali calcolava per il pianeta i valori futuri di popolazione, investimenti, agricoltura, minerali, industria, qualità della vita. I risultati suggerivano che entro decenni si sarebbero esauriti petrolio, gas e metalli, sarebbero mancati gli alimenti, si sarebbe accorciata la vita umana. Necessario, quindi, limitare la popolazione, evitare sprechi, riciclare. Le proiezioni erano pessimistiche: le riserve di greggio mondiali erano di 62 miliardi di tonnellate nel 1970 e nel 2014 erano cresciute a 230 miliardi.
Da decenni molti climatologi asseriscono che a causa dell’uso di combustibili fossili con produzione di CO2, (che accentua l’effetto serra), la temperatura dell’atmosfera salirebbe di molti gradi. Scioglierebbe i ghiacci antartici e groenlandesi, si innalzerebbero i mari. Si avrebbero impatti ambientali gravi, siccità e desertificazioni. Per evitarlo, occorrerebbe limitare molto le emissioni di anidride carbonica. In effetti il riscaldamento è disuniforme. Ha molte cause fra cui le variazioni nel campo magnetico solare che deviano i raggi cosmici e fanno diminuire le nuvole a bassa quota. Non servono misure antieconomiche per limitare l’uso dei combustibili fossili. L’aumento del CO2 atmosferico giova alla vegetazione (lo conferma il famoso fisico Freeman Dyson). La Commissione Europea e Obama non hanno capito il problema.
Nel 1971 (Il Medioevo prossimo venturo) descrissi i rischi della complessità dei grandi sistemi tecnologici. Sostenevo che la congestione aggravata da difetti dei sistemi di controllo avrebbe bloccato energia, trasporti, comunicazioni causando proprio nei paesi più avanzati disastri ed ecatombi fino a tornare a condizioni medioevali di miseria, povertà, violenza. Non è successo. Eppure i rischi dei grandi sistemi di computer e delle reti di telecomunicazioni esistono. Però il rischio esiziale è quello di guasti dei sistemi di controllo degli arsenali nucleari. La ragione impone di eliminarli tutti. Il loro potenziale distruttivo può essere scatenato da guasti casuali ed equivale a quello di 700 kilogrammi di alto esplosivo per ogni essere umano. Non conosciamo i dettagli dei sistemi (segreti) che governano queste strutture. Non sappiamo calcolare i rischi con precisione. Facciamo bene a immaginarli e a studiarli – per evitarli. E dobbiamo dire: “NO ALLA BOMBA!”
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Testi rilevanti
Rachel Carson (Silent Spring 1962)
B. Commoner (Science & Survival 1963).
P. Ehrlich (The population bomb, 1968)
A. Toffler (Future shock, 1970)
J.W. Forrester (Limits to Growth, 1971)
Pubblicato su Io Donna (La Repubblica), 10/11/ 2015