Un minidizionario di poco meno di venti voci per capire bene di che si tratta quando abbiamo a che fare con la complessità – e un poco anche cosa bisogna “farci”. Tratto dal contributo di Paolo Cervari al libro Processo alla Complessità (a c.d. Giuseppe Sapienza, LetteredaQALAT) dal titolo “Saperci fare con la complessità: verso le pratiche” di cui abbiamo pubblicato l’introduzione nel N°100 di Caos Management, il Minidizionario procede a una o due voce per volta, pubblicate su vari numeri di Caos Management. Buona lettura.
Essenzialità dell’incertezza.
La non-linearità implica incertezza, con numerose implicazioni, in linea di massima coerenti e congrue con le risultanze scientifiche e filosofiche che derivano dalle dimostrazioni di limitazione della conoscenza, come per esempio i celebri teoremi di Gödel e Heisenberg, o altre simili teorie sorte in ambito sociologico od organizzativo, come per esempio la teoria della razionalità limitata di Simon o il teorema di Arrow. Ciò comporta tra le altre cose che le conseguenze, specialmente a lungo termine, di un’azione, non sono prevedibili con certezza (principio a volte chiamato dell’”eterogenesi dei fini”); che è necessario gestire il trade-off tra rischio e precauzione; che è impossibile stabilire una volta per tutte la congruenza tra mezzi e fini (anche loro si determinano a vicenda); infine, che bisogna tenere sempre conto di variabili contestuali e più in generale, come vedremo subito, esteriori al confine del sistema.
Conseguenze pratiche. Oltre a quanto detto appena sopra, e in coerenza con esso, procedere con valutazioni continuative, evolutive e dinamiche dei rischi e delle attualizzazioni delle eventualità.
Rilevanza dell’ambiente.
Il sistema complesso aperto scambia energia e informazione con l’ambiente e poiché le variazioni introdotte dall’esterno influenzano l’andamento del sistema al suo interno in maniera che può rivelarsi anche molto rilevante, ne consegue che per comprendere e/o determinare il funzionamento del sistema è necessario riflettere o agire anche sugli elementi del suo esterno (ambiente). Ciò è rilevante perché l’imprevedibilità del sistema è per l’appunto determinata e influenzata da questo continuo rapporto con l’ambiente. In sintesi e al finale, ciò fa sì che il sistema complesso non sia isolabile in modo completo e totale dal proprio ambiente di riferimento. E pertanto, per gestire complessità sistemiche, sarà sempre necessario guardare anche cosa succede “fuori”.
Conseguenze pratiche. Guardare fuori dalla finestra, mappare e considerare con le stesse metodologie e strumentazioni anche l’ambiente, il mondo, l’esterno del sistema preso in considerazione. Individuare le più intense, rilevanti ed emergenti correnti di traffico tra interno ed esterno e assumerle quali possibili variabili dell’evoluzione del sistema.
Identità mutevole.
Dal continuo scambio interno/esterno (vedi sopra) consegue che la definizione stessa dei confini del sistema non può essere “chiusa” una volta per tutte. Se è vero che i sistemi complessi hanno una propria forma di “chiusura organizzativa” (vedi più sotto per questa caratteristica), è anche vero che tali confini identitari sono in continuo movimento e ridefinizione, sia per movimenti di carattere incrementale all’interno di un complesso riconoscibile di vincoli stabili, sia per catastrofi[1] in cui vengono ridefiniti i vincoli di cui sopra. Nel primo caso abbiamo “evoluzioni”, per esempio di un sistema sociale o di una persona, nel secondo “rivoluzioni” al seguito delle quali il sistema si presenta come fortemente cambiato e, per certi versi, percepito dai suoi osservatori come “un altro” rispetto a com’era in precedenza.
Conseguenze pratiche. Evitare di irrigidirsi su identificazioni di stampo nominalistico. Avere un atteggiamento tollerante nei confronti delle identificazioni e dei rapporti tra nomi e cose. Considerare l’identità come una risultante e una variabile dipendente, sia continua che discontinua.
[1] Il riferimento è alla teoria delle catastrofi di René Thom e più in generale al concetto di biforcazione.