Meritevolmente il legislatore già a metà degli anni ’50 aveva introdotto strumenti di sostegno per l’attività dei consorzi d’impresa diretti a favorire la penetrazione commerciale all’estero di aziende fra loro associate, favorendo in particolare modo i consorzi allocati in zone economicamente svantaggiate, con conseguente ritardo di sviluppo, anche sull’estero. Successivamente, con la Legge100 del 1990 e ulteriori modifiche e integrazioni, si è introdotta una legislazione di accompagnamento, agevolativa in maniera organica e funzionale alle aspettative delle imprese, in specie se di minori dimensioni, nel loro processo di internazionalizzazione, generalizzando il supporto ai programmi di penetrazione commerciale, nei paesi situati al di fuori dell’Unione Europea; nonché agli studi di prefattibilità e di fattibilità soprattutto in tema di investimenti diretti all’estero e ulteriormente prevedendo anche misure atte a favorire la partecipazione di imprese italiane ai bandi di gara esteri anche e soprattutto emessi da Organizzazioni Internazionali.
Fra le innovazioni previste dalla Legge anzidetta e successive modifiche è stato riconosciuto che la Simest Spa, ente preposto all’esame delle richieste di sostegno, con funzioni anche di assistenza tecnica alle imprese che ne abbisognassero, prenda in considerazione ai fini della finanziabilità delle domande presentate anche i costi relativi alla consulenza locale prestata da studi legali e da esperti contabili e del lavoro, riconoscendosi così come essenziale risulti per un corretto agire internazionale delle aziende, privo di pacchiani e costosi errori visti a posteriori, come successo a parecchie imprese italiane di costruzione aggiudicatarie di appalti, per esempio, nei giorni della ricostruzione di Berlino. Tale principio constata e fa propria un’evidenza, che fu poi meglio analizzata dalla Presidenza del Consiglio Prodi.
Emersa dalle pieghe della mai sufficientemente analizzata bilancia dei pagamenti, con particolare riferimento alla bilancia dei servizi professionali. Infatti, da un’attenta lettura si evince una pesantissima e rilevante dipendenza dall’estero nello specifico settore, che unito al disvalore della bilancia tecnologica, rende drammatica la necessità del riequilibrio delle poste, attraverso anche idonee politiche nel campo degli studi e delle ricerche. Tale situazione, con evidenti caratteristiche strutturali, ormai presenti, trova, peraltro, riscontro nella pratica; infatti, mentre correttamente operano in Italia numerosi studi legali inglesi e americani, anche in settori quali il diritto di famiglia, lo stesso non sembra potersi dire per i numerosi e bravissimi studi legali italiani operanti all’estero nei vari continenti.
Così è peraltro anche per i dottori commercialisti e per gli esperti contabili, surclassati in Italia, dalla mole dei servizi offerti e prestati dalle grandi compagnie di revisione e consulenza che operano da noi, con pieno titolo, in diretta concorrenza con la detta categoria, così come in almeno 60 altri paesi ciascuna. Occorre rilevare comunque come il problema non sia solo italiano, infatti, l’Unione Europea, con la sua programmazione 2014/2020 ha finalmente introdotto il principio di assimilare i professionisti comunitari alle medie e piccole imprese, quali soggetti aventi titolo per prendere parte alle procedure di consultazione e ai vari bandi relativi all’attuazione delle diverse iniziative comunitarie. Ciò premesso, anche in Italia si rende necessario fare un salto di qualità, dando mandato alla Simest innanzi tutto di assimilare alle reti d’impresa le eventuali associazioni professionali anche intracomunitarie e specificamente poi favorendo la creazione di reticoli professionali nella forma deputata di Geie o in altre forme giuridicamente legittime fra professionisti che intendano sviluppare attive forme di presenza e di collaborazione internazionale, soprattutto extracomunitarie, atte a consentire in un futuro prossimo un riequilibrio delle specifiche poste della bilancia dei pagamenti nazionale. In più, le categorie professionali soffrono spesso della inveterata nescienza linguistica e soprattutto giuridico-economica degli ordinamenti giuridico- economici esistenti e correnti negli altri paesi anche comunitari.
A tale situazione occorre porre rimedio, intanto, dando vita ad attività formative specifiche collettive e/o individuali corroborate da appositi CFU e CFP, assistite, come sembra suggerire Luigi Carunchio, delegato alla fiscalità di Confprofessioni, nel corso dell’audizione svolta lo scorso 21 maggio, in sede parlamentare, sui decreti attuativi della delega fiscale, da appositi “Crediti d’imposta”.
Il credito d’imposta, neutrale tuttavia ai fini del computo dei correttivi sugli studi di settore per i professionisti del ramo, dovrebbe scaturire a favore di tutti quegli investimenti in formazione e in studi di prefattibilità e di fattibilità diretti alla formazione di Geie , studi associati e reticoli di professionisti che in uno con le aziende rappresentate e con l’immancabile sistema bancario territoriale di necessario supporto si offrano per operare sul mercato internazionale, fruendo comunque del supporto finanziario e anche, ove del caso, partecipativo della Simest, accompagnato da coperture assicurative Sace e Miga, con particolare riferimento agli studi così direttamente o indirettamente operativi sull’estero.
Ovviamente l’estensione ai professionisti delle dette opportunità dovrebbe avvenire mediante approvazione dell’assemblea generale dei soci degli enti considerati e sulla base di un’apposita decretazione del Ministero del Tesoro o meglio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.