Recentemente mi è capitato di vedere il bellissimo monologo di Nicole Johnson, L’invisibile donna, (potete trovarlo su Youtube): affascinante, coinvolgente. Racconta di una donna che si sente invisibile, invisibile al marito, ai figli, persino agli amici che ormai danno per scontato ciò che fa. Poi un’amica le regala un libro sulle cattedrali e sui costruttori di cattedrali: di nessuno di loro conosciamo il nome. Si raccontano aneddoti sugli artigiani che costruivano cattedrali: un lunghissimo impegno, decisamente più lungo della loro stessa vita, un’estrema cura per i dettagli, anche in punti nascosti, che nessuno avrebbe potuto vedere se non cercandoli accuratamente. Eppure, sempre negli aneddoti, si dichiaravano ben lieti del loro impegno perché pienamente partecipi di un progetto che trascendeva il loro interesse personale o perché erano parte attiva di qualcosa che, comunque, Dio avrebbe visto.
Tanto per rimanere nel passato, quando il lavoro era essenzialmente manuale, sono davvero tante le opere grandiose che ci sono pervenute suscitando, per quanto mi riguarda, stupore e ammirazione per le capacità dei nostri antenati.
Nessuna grande impresa poteva essere compiuta, nel passato, senza il coinvolgimento di una moltitudine di individui. E, tra queste, due tipi di costruzione hanno colpito la mia fantasia fin da bambina: piramidi egizie e cattedrali gotiche. Il monologo di Nicole Johnson ha risvegliato i miei ricordi e suscitato nuove considerazioni. In tutta onestà so ben poco della realtà delle epoche o della vita quotidiana dei costruttori di piramidi o di cattedrali: qualche immagine, qualche romanzo storico, qualche aneddoto e pochi testi storici, ma il pensiero va oltre il rigore scientifico.
Piramidi e cattedrali hanno richiesto uno sforzo collettivo immane e l’impiego di una quantità incredibile di risorse.
Per secoli si è creduto che le piramidi egizie fossero state costruite solo da schiavi, per poi ipotizzare invece anche la presenza di numerosi artigiani. La costruzione delle cattedrali, invece, è sempre stata attribuita alle corporazioni degli artigiani, soprattutto in Inghilterra.
Piramidi e cattedrali furono costruite in onore del Dio, dimora del faraone per l’eternità o casa del Dio cristiano, anch’essa per l’eternità.
Piramidi e cattedrali ammutoliscono la pochezza umana e, in entrambe i casi, molta della loro bellezza è nascosta agli occhi dei molti, ma visibile al Dio che vi risiede.
Sono dunque la stessa cosa, solo con stili architettonici diversi?
Secondo me no, anche se probabilmente ciò è dovuto più a quello che ho imparato più che alla realtà.
Nelle piramidi leggo la potenza, il potere e l’orgoglio. Immagino lo sforzo dei costruttori in nome della sopravvivenza loro e delle loro famiglie, l’obbligo al lavoro e al rispetto dei tempi, praticamente con il fiato sul collo.
Nelle cattedrali leggo amore e partecipazione, e non perché il Dio cristiano sia più importante di un pagano concetto di Dio. Immagino lo sforzo collettivo, la Visione condivisa.
Per compiere grandi imprese servono molti uomini, in fondo anche oggi. Per una grande azienda sono necessari molti dipendenti. E un architetto e numerosi capo squadra.
L’azienda può essere economicamente imponente se guidata con la frusta in nome del Dio potere e denaro, ed anche se guidata da una visione comune in nome del Dio umanità, del benessere collettivo, di cui il denaro è una componente.
L’operaio, o l’artigiano, può essere motivato a contribuire stimolato dalla sopravvivenza, propria e della sua famiglia, o dalla partecipazione a qualcosa di più grande di lui, che da solo non potrebbe compiere.
No, oggi non mi illudo più che le cattedrali abbiano un maggiore successo o che il Dio che risiederà nella cattedrale sia vincente rispetto al faraone, non spero più che la costruzione di una piramide venga in qualche modo punita a favore della cattedrale.
Costruttori di piramidi o di cattedrali si nasce o si diventa in virtù della società in cui cresciamo o dell’educazione che riceviamo, ed è indubbio che in qualche modo i nostri tempi privilegino le piramidi, l’ego del singolo e lo sfruttamento delle masse, laddove la cattedrale invoca la partecipazione convinta e consapevole.
La scelta è puramente e interamente nostra, soprattutto di chi si ritrova o si propone come architetto o come caposquadra. Non ci sono promesse di durata o entità di permanenza nei secoli, e nemmeno ineluttabili premi o punizioni. Ci sono solo scelte, individuali: volete costruire piramidi o cattedrali?