Con Umberto in una ventina d’anni ci saremmo, forse, incontrati fisicamente due o tre volte, via video qualche volta in più; poi pubblicazioni, articoli e facebook. Quasi sempre siamo d’accordo e quando non lo siamo ce lo diciamo senza mezzi termini. Questa sua  pubblicazione ha per me un interesse particolare. Certamente non sono un principiante. Ho cominciato ad utilizzare il primo Elea della Olivetti, donato al Politecnico di Napoli, per la mia tesi sperimentale sulle onde d’urto, in galleria del vento, a tre volte la velocità del suono. Poi ho lavorato in diversi paesi dell’Europa, dell’Africa e dell’America del nord e del sud per una ventina d’anni, gestendo concessionari Olivetti, programmando e vendendo Programma P101. Ho iniziato con un M24 ed ora sto scrivendo con un Dell. D’altra parte non sono neppure un “non solo” visto che spesso ho bisogno di aiuto.

 

 

In premessa si dice “non è un manuale”. E vorrei vedere chi oserebbe aspettarsi da Umberto Santucci un manuale. L’autore è un maestro del problem solving e sicuramente un serissimo cultore del learning by doing e non un arrogante formatore. Questo d’altra parte utilissimo lavoro, per il modo e la maestria con cui è costruito, mi ha fatto venire in mente la metodologia utilizzata dai vari istruttori di pilotaggio che mi hanno aiutato ad ottenere il mio brevetto. Si tratta di moltissimi anni fa. Uno di questi, un comandante scozzese della Zambia Airways lo ricordo come fosse ieri per la grande emozione a cui mi sottopose. Mentre eravamo in volo, senza avvertirmi, spense il motore e mi comunicò che avremmo fatto un atterraggio d’emergenza. Con molta calma e senza alcun timore ripassai tutto la procedura che fino a quel momento avevo appresa. Mentre perdevamo quota abbastanza rapidamente, virata a sinistra, virata a destra e scelta di uno spazio su cui tentare di poggiare il carrello. Indicai quindi lo spazio che avevo scelto al mio istruttore e mi preparai all’atterraggio di emergenza. Ad un certo punto mi resi conto che non ce l’avrei fatta, lo spazio non era sufficiente. Quando ormai avevo perso tutte le speranze, il mio comandante, con un sorriso tra il sadico ed il divertito, all’ultimo secondo, proprio come nei film, riaccese il motore e riprendemmo quota sfiorando la cima degli alberi che venivano contro. Ecco, scorrendo l’indice, mi è venuto in mente quell’esperienza e tante altre.

 

 

In sintesi il lavoro di Umberto Santucci sia “benemerito” non solo per quelli della generazione più recente ma anche per quelli della mia generazione che si fa sempre più fatica a trovare sui social.

Bel lavoro Umberto. Complimenti.