Gli essere umani sono animaletti molto complessi! Abbiamo studiato molto noi stessi attraverso il tempo, la storia, i fatti, ed effettivamente ne sappiamo molto, ma ancora molto di più ci rimane da scoprire…
La nostra mente reagisce a tutti gli stimoli in maniera diversa, all’ambiente nel quale ci muoviamo, a dove la nostra vita si sviluppa. Tutto è importante!
Conta sempre di più da che parte del mondo siamo nati (direi che oggi più che mai, se ci pensate, questa frase si sente sempre più spesso, “ricorda che non hai scelto tu dove nascere, è stato il caso a decidere!” ). Conta soprattutto come veniamo cresciuti; se con amore, cura, dedizione, o con maltrattamenti, abbandono, indifferenza.
I gesti, soprattutto i primi gesti che un neonato riceve, sono fondamentali per la formazione del suo carattere, della sua sicurezza, della sua autostima, della sua tranquillità e sanità mentale. Poter svilupparsi in un ambiente sereno, pacifico, dà la possibilità di un migliore sviluppo se tutto ciò è accompagnato dalla corretta alimentazione e dalle cure appropriate.
Fino a qui, sono sicurissima che siamo tutti assolutamente d’accordo e coscienti di queste necessità primarie.
Oggi però stiamo vivendo in un mondo dove la violenza è di casa. Il linguaggio è diventato sempre più povero e sempre più scarno, violento, aggressivo. I limiti della buona educazione e di una forma civile di comportamento sono talmente esasperati che siamo passati dall’obbligo di salutare, all’estremo di incontrare qualcuno a cui ci si indirizza con brutte parole, questo soprattutto verso chiunque non sia sulla nostra stessa linea di pensiero religioso, politico, sociale.
Nulla ci sorprende più, troviamo tutto accettabile! Accettabile per chi? Per una madre vedere morire suo figlio di fame perché non ha come alimentarlo? Per un padre, dover lasciare moglie e figli abbandonati nel loro paese natio, per cercare miglior fortuna altrove per poterli mantenere?
Da quando la morte del prossimo, del più debole è diventata un qualcosa che non ci tocca, non ci colpisce? Intanto, sono tanti, non hanno nulla a che vedere con me, cosa vogliono da me? O me, o loro.
Una volta esisteva la coscienza sociale, si pensava al fatto che non tutti stavano bene come noi, si cercava di aiutare quelli più poveri, quelli più “sporchi”.
Da cilena, ricordo qui volentieri le parole di Victor Jara in “Las casitas del barrio alto”, dove vivono tutti in casette colorate e belle, “Y las gentes de las casitas, se sonríen y se visitan. Van juntitos al supermarket, y todos tienen un televisor.” non a caso, Victor Jara fu assassinato dalla dittatura militare in Cile, una delle più violente dittature del Sud America.
(“E la gente delle casette linde e pulite, si sorridono e si visitano. Vanno insieme al Supermercato, e tutti quanto hanno un televisore”)
Pableras García, Diseño en Comunicaciòn Visual e Ilustración
E, come cantava Violeta Parra, altra cantautrice cilena,
“Porque los pobres no tienen
adonde volver la vista,
la vuelven hacia los cielos
con la esperanza infinita
de encontrar lo que su hermano
en este mundo le quita.”
Perché i poveri non hanno
dove volgere lo sguardo,
lo volgono verso i cieli
con una speranza infinita
di incontrare ciò di cui i loro fratelli
in questo mondo li privano.
Tutte queste parole, tutti questi concetti, sembrano vecchi di secoli, dimenticati, sepolti dal consumismo, dalla globalizzazione, dalla ricerca della felicità a tutti i costi, a costo di noi stessi e degli altri.
La cosa più importante è possedere, avere un posto nella società di prestigio, avere una casa propria come minimo, una bella macchina, la disponibilità economica per muoversi dove e quando ci piace. E occuparci di chi non sta nella stessa nostra situazione – preferibile non nominare la parola barca al momento – non è compito nostro! Qualcun altro dovrà occuparsene, ma certamente non noi.
Noi siamo troppo occupati a dedicarci a noi stessi e al nostro micro circolo sociale che deve essere omogeneo, non si permettono discrepanze sociali. Non è ammessa la diversità.
Abbiamo fatto tanto per far crescere i “nostri” bambini in un mondo dove loro pensano di avere diritto a tutto, pensano di non dover niente a nessuno, anzi, sono gli altri che devono tutto a loro. Sono stati cresciuti proprio così: tutto viene dato e da loro ricevuto, nessuna difficoltà per avere tutto quello che vogliono, tutto quello del quale hanno bisogno ed anche di più. Ma senza nessuna considerazione, o preoccupazione, per gli “altri” .
Dunque, perché ci sorprendiamo se vediamo e sentiamo di un bullismo esagerato verso chiunque sia diverso dal gruppo, perché ci sorprendiamo se all’uscita di una discoteca basta pochissimo per essere aggrediti, a volte addirittura accoltellati, se alla fine di una partita di calcio le diverse tifoserie si comportano come trogloditi?
Perché il linguaggio e i gesti sono ormai carichi di violenza, a prescindere, perché non c’è posto per l’altruismo o le buone azioni che vengono dispettosamente classificate con una parola che ormai ha assunto il tono di un insulto, “buonismo”.
Le ragioni sono molteplici, soprattutto i mezzi di comunicazione usati sempre più come megafono della non cultura, della corsa alla mediocrità, e la classe culturale non ha reagito con la velocità e destrezza che sarebbe stata necessaria. Ma, non tutto è perso, possiamo cercare nel nostro piccolo di diffondere la bellezza, l’arte, educare i nostri figli e nipoti a leggere, a questionarsi il tutto, a ragionare con la loro testa, a non seguire come le pecore qualsiasi deriva il mondo stia prendendo. Possiamo fare qualcosa per fermare questa ignoranza, almeno, ci dobbiamo provare!!!
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