Solo una donna avrebbe potuto farlo. Una donna laureata con una tesi sugli albatros, una donna che ha rotto i ghiacci del Polo Nord, una donna che sa parlare alla gente in spagnolo, russo, inglese, e tedesco sua lingua madre, una donna che i salvini nemmeno li vede, piccoli esseri senza anima, anime perse nel grande cielo dei giusti. Masaniello oggi veste abiti femminili, porta capelli legati in una fluente coda di cavallo. Il suo mondo è talmente lontano dai meschini, piccoli affari di inesistenti politici. Li sfida, dà loro lezioni di vita, di empatia, di saggezza. A Carola Rackete si è augurato uno stupro di gruppo per farle capire chi comanda: la donna è solo una “vagina”, il suo utero dà vita alla vita. Bisogna mortificare la sua essenza vivificatrice, il suo coraggio. Ma il coraggio è una virtù della mente, dell’anima, del sangue, delle ossa. Le donne sono coraggiose. In un’epoca in cui chi osa dire ” No” viene abbattuta come un animale morente, le donne vanno avanti, verso la salvezza. Il pianeta è morto. La terra è morta e una ragazzina cerca di abbracciarla per farla rinascere. Creatrici di vita, per questo temute, per questo imbrigliate dentro stereotipi degradanti.
La prima donna, Eva (nella Mitologia greca Pandora) scardina lo status quo. Eva costringe Adamo a essere curioso, a voler sapere, a conoscere “l’altrove”, lontano da quel giardino placido e senza emozioni. Vuole che il suo “donatore di costola” faccia funzionare le cellule grigie, faccia battere il muscolo più importante del corpo. Ancora oggi lasciare il divanetto di Ikea, l’amaca indiana tra albero e albero per dar retta ad una serpe provocatrice è un atto periglioso e arduo per il genere maschile. Assaporare il Pomo della Conoscenza non vale la fatica di elaborarne le qualità. E’ solo un frutto da far maturare sotto la paglia. L’uomo per sua natura tenta di soggiacere al “piacere dell’ignoranza”.
Certo la “femmina” è fastidiosa, sempre lì a cercare di aiutare i figli disabili, i genitori allettati e malati, consolare gli amici. Far da mangiare e far festa. Dimostrare il piacere nell’amplesso. Tenere tutto sotto controllo. Le nostre madri e nonne, nate in guerra, cresciute nel fascismo, diventate adulte e vecchie nel buio della lotta di liberazione dal nazifascismo. Con i bambini avvolti in coperte in corsa verso rifugi anti aerei. In attesa di rivedere fratelli mariti padri di ritorno da prigionie infinite. Ricominciare la propria vita votando. Nemmeno un secolo fa. Battersi per la propria dignità, per la propria diversità di genere, per la propria sessualità. Per poi cadere vittime “inconsapevoli” di chi, pretendendo di amarle, cercando di possederle, decide che valgono meno di uno cencio sporco. Ma qualcuna, opponendosi al destino, ha persino cercato di salvare il mondo. Piccoli gesti come la conservazione e la cura dei giardini delle città, impedendo che la terra diventi un cimitero di foreste. Che il verde muoia sotto metri e metri di cemento e sabbia. Ostacolando così l’estinzione repentina di molte specie di insetti e di animali, che sparirebbero più velocemente di un batter d’ali. Masaniello come metafora della ribellione alle forze devastatrici di un potere barbarico. Masaniello è chi si pone in prima fila in difesa dei propri principi e delle proprie idee. Principi idee e scelte volte a proteggere la vita degli altri: esseri umani, vegetali e animali. Carola Rackete contro la disumana protervia di un piccolo dittatore annacquato che ha considerato persone massacrate da torture, stupri, assassini; persone affamate, debilitate e indifese come merce di seconda mano da barattare per i propri fini e le proprie ambizioni. Greta Thunberg che, uscendo dal proprio mutismo selettivo dell’infanzia ha urlato forte contro chi sta uccidendo il Pianeta Terra. E’ questa la battaglia politica che bisogna intraprendere e le donne ne sono consapevoli. Come lo era la primatologa Dian Fossey uccisa dai bracconieri che non potevano più permetterle di studiare, curare e amare i gorilla di montagna a scapito dei loro luridi affari. Come lo è la bellissima etologa e antropologa inglese Jane Goodall, evanescente figura del mondo scientifico, che nel 1968 istituì il Parco Nazionale del Gombe, luogo di raccolta degli scimpanzé della Tanzania di cui si prese cura, studiandone i comportamenti, la cultura, le attitudini. Oggi, dopo quarant’anni, deve difendere i suoi amati ” ominidi” dalle coltivazioni di manioca, di palme da olio e dagli insediamenti umani che stringono d’assedio il suo piccolo Parco.