La memoria è composta di tante cose! Odori, suoni, sapori, posti, voci, sensazioni tattili, colori, foto, film, lingue diverse, strade, piogge di diversa intensità, il rumore ed il colore del mare, e tutto questo va cambiando…
Ogni tanto ci capita qualcosa di minuscolo nella nostra vita, qualcosa senza importanza alcuna, ma che sveglia la memoria di qualcosa o di qualcuno, e certe volte di noi stessi, di come eravamo una volta!
La maggior parte di noi ha delle piccole scatole, cambiano di dimensione, ma sono sempre riempite con oggetti che un tempo erano importantissimi e avevano un significato speciale. Qualche foto piccola ingiallita, qualche anello che non usiamo più, un orecchino solo (ora si portano spaiati, una volta no!).
Con il tempo, passando gli anni della infanzia e della maturità, si capisce da soli che quello che cerchiamo in quelle scatole è la memoria. Il ricordo di quella persona speciale, o di quel momento particolare nella nostra vita, la fine della scuola, l’inizio di una nuova vita, quello che è stato e ci basta un piccolissimo indizio per rivivere nitidamente il tutto.
Si impara a non attaccarsi alle cose materiali, io l’ho imparato per forza, per la vita che ho scelto di fare. Non esiste la casa famigliare alla quale puoi tornare quando vuoi e trovare gli stessi mobili, gli stessi quadri, insomma tutto il contesto con il quale sei cresciuto. E questo è abbastanza naturale e normale per tutti, perché è chiaro che facendoci adulti noi, i nostri cari invecchiano e passano a miglior vita, come si diceva una volta. E così, le case si disfano, si vendono o si spartiscono gli oggetti, se incorporano nuovi ricordi e nuove memorie.
Ne ho già parlato altre volte, lo so, ma è solo così che forse riesco a spiegarmi tutta questa melanconia repentina. Sono uscita dal mio paese per turismo che ero piccola, ero ancora al liceo. Tre mesi fuori vivendo in paesi molto diversi dal mio. Primo stupore di vita diversa. Dopo, lo scossone di andare a studiare a Londra a 19 anni. Percorrere in aereo tutta quella distanza geografica, dall’ultimo paese del Sud America al centro del mondo occidentale europeo.
Mi ricordo l’allegria, la felicità, mista alla paura, paura di stare da sola, senza tutta la mia numerosa famiglia. Mia madre, presenza costante e forte nella mia vita, mio padre, autoritario ma una roccia alla quale aggrapparsi nei momenti di difficoltà, sapevi che c’era, non sapevi come avrebbe reagito, ma lo credevi capace di qualsiasi impresa. Le tue sorelle, quelle più vicine a te con le quali litigavi, ridevi, giocavi, facevi tutto fino a quel momento. E quell’altro paio di fratelli più grandi: una sorella ed un fratello, tanto più grandi che erano già usciti di casa da molto tempo. Niente amici, niente compagne di scuola, nulla di nulla. Una lingua nuova, che pensavi di parlare discretamente bene, scoprendo però subito che il tuo inglese era scarso e che gli inglesi te lo facevano notare ogni volta che occorreva.
Dopo un paio d’anni il ritorno in Cile, un ritorno importantissimo di formazione per la tua vita, scoprire il mondo della solidarietà politica, il mondo delle manifestazioni, il mondo della realizzazione di un paese che viveva una straordinaria occasione. Tutto finito bruscamente con un colpo di stato del quale abbiamo parlato recentemente. E dopo un po’ di tempo, un’altra volta via, fuori dal tuo paese che non sentivi più tuo. Era invaso, era triste, crudele, privo di libertà e di immaginazione. E’ un periodo, quello, che potrei avere nella memoria in bianco e nero. Certamente, le immagini più famose che percorsero il mondo erano quelle della televisione dell’epoca, in bianco e nero. E credo, inconsciamente, di averle mentalmente registrate così.
Un paese ancora nuovo, l’Ecuador, più arretrato, meno avanzato del mio dal punto di vista socio-politico. Arrivata con una valigia e con un pargoletto a carico, non più da sola. E lì, la memoria si altera.
Ci sono delle scene, che anche se vissute più di quaranta anni fa, sono nitide e chiare come un quadro fisso appeso al muro. Altre, confuse, tante facce di gente che affiora e annega nella memoria di quegli anni; alcuni non ci sono più, altri mi accompagnano ancora oggi e sono parte fondamentale della mia vita.
I viaggi che ho fatto, le valigie che ho riempito e svuotato negli anni sono veramente tante, non riuscirei nemmeno a fare il conto esatto. Cambio di paese, cambio di lingue, cambio di casa, di appartamento, di clima, di paesaggio, di tutto praticamente!
E la memoria è sempre lì, in agguato, pronta a giocarti qualche scherzo. Basta un profumo, basta un sorriso, basta una notizia triste che ti arriva e ti passa un flash davanti agli occhi di tutto quello che quella persona significa. Porta con sé amori, colori, amicizia, allegria e, ora, tanto dolore! Un dolore profondo, come si può sentire per un’amica sempre per te presente e sapere che il suo dolore è il tuo. Poche volte la morte è giusta, sappiamo che è parte della vita e l’accettiamo con rassegnazione, ma la morte di un figlio è innaturale, è inumano.
In memoria di Eduardo Mujica Solimano.