Era bello, sopra il “lavinaru” lassù a Costa di Bisaccia, di fronte Muso di Porco, vicino Grisì, seduto sul il cappello di Giove, spinozire ed hegelire, guardando il mare del golfo di Castellammare, adolescente, sovrappeso, pertanto invisibile alle fanciulle. (Giustamente esse scelgono il miglior riproduttore possibile come loro eventuale potenziale partner), ma un piccolo mulo era appena nato nell’aia. Da quelle parti i troiani di Enea ammollarono le loro donne, per prepararsi alle Lavinie laziali al netto di Eurialo, Niso e Turno offerti in sacrificio; mentre le belle ma povere, salivano al tempio di Venere ad Erice per farsi la dote. Dopo 5 anni di sacra prostituzione, ricche, belle e soddisfatta ogni curiosità, vedevano i principi degli elimi scannarsi fra loro per prenderle in sposa. Fedelissime poi ovviamente.
Così immaginare universi diversi in cui vivere: la coppola nasce in Sicilia o l’hanno introdotta i baroni inglesi, innamorati del marsala già dai tempi della plantageneto sposa di Federico II, e poi trasferita in Russia e in Romania sulle teste degli operai e dei dirigenti comunisti. Occuparsi d’Europa, che nel 1960 a Palermo era ancora da percepire pienamente (ed ancora giovani futuri dirigenti come i gesuiti insegnavano a Ferdinando III di Stiria e all’Università di Cluj-Napoca appena fondata, non fuggivano all’estero), come potenzialità, nonostante fosse nata a Messina per le mani di Don Gaetano Martino e di Ferdinando Stagno D’Alcontres, anche loro allievi dei gesuiti del Pennisi, nel 1953. Fu poi dieci anni dopo e alla luce di quanto accaduto in Giappone a seguito delle bombe atomiche, Padre Arrupe, guida Suprema dei gesuiti per un ventennio, fece la scelta, oltre ogni possibile, pauperista per loro; cioè occuparsi degli ultimi e degli emarginati. Con Padre Majorca, si discuteva sul tempo della morte, sulla diversità di un giudizio finale a carico di un ventenne o di un novantenne. Lui propendeva per la necessità di diventare agé per poter presentare l’interezza della vita, personalmente dicendo invece che il tempo poco o molto che sia di vissuto è comunque completo di ogni possibile esperienza e quindi compiuto. Occuparsi di ridistribuzione: un giornale il “L’ora” di ciò si occupava e con i suoi scrivevo, accompagnato da un amico fotografo, bravo e maggiorenne; i primi soldi guadagnati le prime cose dette su Partinico e il suo universo, con San Leonardo protettore dei carcerati e la beata Pina Suriano che li conforta.
Poi l’opzione della giovanile socialista: la spinta liberale di Ciccino Cataldo e di Giovanni Palazzolo, si era fermata; Danilo Dolci da Trieste sposava la mia Gente con qualche contraddizione; La Democrazia Cristiana con i giovani aveva perso parte dello smalto dell’avvocato Mancuso o di Franco Restivo; Provenzano, Lauricella, Anselmo Guarraci e Fifì Fiorino facevano battaglie anche come segretari regionali, gestendo pure il terremoto, di concerto con la Curia di Mons. Carruba. Ero nella sezione PSI Cangelosi di Palermo, contrapposta a Casa Professa, ma vicina ai salesiani di Santa Chiara con Don Calogero Caputo e non con Padre Ajello, ragioni per cui crescevo due volte. Non avevo soldi, ma la dignità dei compagni e fratelli mi regalava una serie infinita di caffè. Qualche fanciulla compariva in lontananza, ma chi ci capiva qualcosa? né studiare scienze sarebbe servito a qualcosa: a quel tempo sarebbero occorse delle navi scuola, ma dove pescarle? È un po’ la situazione del bellissimo dio albino che viveva nel bosco vicino il lago termale di Castellammare, amato segretamente dalle ninfe del lago. Quando un giorno prese il bagno nel lago per rinfrescarsi dalla calura estiva, lo rapirono e ancor oggi è con loro nel lago; infatti la temperatura dell’acqua è di 36°.
A Partinico la Coldiretta dava vita a forme di cooperazione fra braccianti, mezzadri e padroncini, occorreva campare: primum vivere, ed era bello ascoltare musica con Pietrino Capì, antico compagno. Moriva il Cardinale Ernesto Ruffini, uomo saggio e antico di Sicilia e di Spagna, ma nato nella terra dei Gonzaga di Mantova, protagonista del Concilio Vaticano II° che diede case, chiese e pane ai bisognosi e il “L’ora”, in edizione straordinaria, rese omaggio all’antico avversario, aprendo la strada a Presidenti come Vincenzo Carollo e Piersanti Mattarella, alle ACLI a quel tempo vivacissime e a sindacalisti come Mimì Bacchi per l’innovazione bancaria. La chitarra di Capì e di Gianni Di Salvo continua a suonare al ritmo della voce di Rosa Balistreri, e, con le mani sanguinanti, quasi alla maniera di “un bellissimo novembre”; mentre una donna sola, fra molti, a cavallo saliva ad Alcamo, il paese di Ciullo, a riprendersi il Sacro quadro della Madonna del Ponte, rapito dagli alcamesi; la secchia modenese non si smentisce versus Bologna. Quando Ella morì, la sua salma era già inumata nella sua Cappella, con il pianto delle prefiche, che la gente continuava a uscire dalla Sua casa rendendole omaggio, eppure da quando era rimasta vedova non era mai uscita di casa, tranne che l’episodio di Alcamo.