Chi dice che la vecchiaia è una fase della vita mente. Non si diventa veramente vecchi senza pagarne il conto. E il conto è salato.
Credetemi: “la vecchiaia è una malattia” ha detto qualcuno.
E’ subdola perché ti prepara al decadimento dell’essere e dello spirito allo stesso tempo. Una guerra combattuta su due fronti. Come se il lavorio della mente si estinguesse lentamente per raggiungere la pace dei sensi e dell’intelletto.
Falso
Le pulsioni hanno la stessa età dei loro quindici anni…e a chi piace guardare il proprio declino fisico con gli occhi di un ragazzotto foruncoloso.
A volte poi con la vecchiaia arriva la beffa, la sberla, lo sfregio finale.
Villa Comunale Napoli 1980
Mara ha ottantatré anni ed è la moglie di Antonio, quasi novantenne. Mara e Antonio sono amici…anzi di più : mentori, ispiratori, vice genitori. Dagli anni ’60, da quando Alfredo ed io abbiamo cominciato ad amarci ci sono stati loro.
Alfredo fa il commesso della libreria “Macchiaroli” in Via Calabritto a Napoli. E’ un luogo di ritrovo di intellettuali e politici comunisti. Accoglie la Cultura più verace della città. E’ lì che conosce il rappresentante dell’Einaudi, allora ancora la Casa Editrice più illustre del Paese. Grandi direttori, curatori e traduttori del calibro di Pavese, Vittorini, Calvino.
Il rappresentante anch’egli scrittori è un barese, un tale Antonio Mallardi vincitore del Campiello, con il suo primo ed unico libro una bellissima storia autobiografica dal titolo ventoso “Levantazzo”.
Sua moglie Mara è una matematica, e sta per avere un bambino. E’ una donna colta, elegante, molto bella nella sua esile figura, lisci capelli scuri, occhi vigili, sorriso brillante.
E’ immediato l’incontro “amoroso” tra Alfredo e Antonio. Due genialità prestate all’organizzazione commerciale di una libreria.
Alfredo gode della inesauribile vitalità dell’amico e Antonio ama la napoletanità di Alfredo. Le loro culture s’incontrano in mille rivoli: la musica (Antonio suona il violoncello come Giacomino, il padre di Alfredo), la letteratura, il cinema, il teatro e l’arte in genere.
In questa storia di uomini, noi donne siamo le “virgolette” intorno alle loro menti.
Io sono “nà criatura” di vent’anni. Timida e scontrosa inizio a prendere coscienza della mia forza dalla maturità professionale e razionale di Mara. Lei insegna matematica. Ha due bambini bellissimi.
Comincia così il nostro incontro.
Antonio s’innamora del teatro dei Santella e delle mie scarpe.
C’é a Napoli una grande tradizione di produzione di scarpe, borse e guanti fatti a mano da operaie chiuse nelle proprie case. Un lavoro nero noto ai grandi creatori di accessori di alta moda. Le scarpe da me calzate le fa un signore nel suo laboratorio nei pressi del Museo Nazionale, in Via Santa Teresa. Sono scarpe molto eleganti, blu e bianche di pelle lucida e il fatto che Antonio ne riconosca la bellezza mi inorgoglisce come una sorta di affermazione della mia persona.
Quando Antonio e Mara tornano a Bari la nostra amicizia invece di vacillare si rafforza.
Viaggi interminabili ci portano da loro in città e d’estate nei trulli presso Martina Franca, nella loro bellissima casa di campagna “La Paloma”. L’aia davanti casa, il bagno in un trullo con gli scorpioni sotto la doccia. Siepi di corbezzoli dai fiori bianchi e i frutti rossi. Si passeggia, si legge, si mangia e si beve nero corposo Primitivo di Puglia.
Si va a trovare il vecchio colono da cui comprare pane e uova. Si fa una visita alla mondana Cisternino.
Si vive in leggerezza tra musica, lettura e scura rucola selvatica.
Poi un mattino in cui noi donne siamo al sole nell’aia della Paloma a raccontarci pezzi di vita, ammirando il viola di giaggioli selvatici dentro una brocca di cristallo, “irrompe l’irrazionale”: la madre di Mara ha un cancro.
Mi offro di occuparmi dei bambini, come vice madre, quando la mia amica decide di stare in ospedale accanto alla madre morente. Mi trasferisco a Bari e vi resto molti mesi prima della fine. Sono giorni doloroso ma intensi. Quando Mara torna a casa a cucinare panzarotti e fave e cicoria la nostra amicizia diventa una vera sorellanza, merce rara tra donne. “C’è più competizione tra donne in terra di quanto possa concepire la tua filosofia Laura”.
Io le insegno ad aprire il pacco di spaghetti sbattendone il fondo su di una superficie dura, lei mi consiglia di dare sette colpi di spazzola ai capelli prima di andare a dormire.
Mara è una scienziata, l’ho sempre vista così: un esempio da seguire. Grazie a lei sono stata la madre dei suoi figli, figura mitologica di creatrice. Mi ha aiutato a divenire, nel bene e nel male, quella che sono.
Mara ha l’Alzeimer.
Non riconosce più se stessa.
Non riconosce più i suoi figli.