Via Michetti si inerpica faticosamente verso il punto più alto della città. Luogo di bellezza cosmica, lontano da turismi avidi e fetori di “vasci”. Il Forte di San’Elmo attrae viaggiatori esigenti. Nel silenzio di ronzii di motorini in abiti plumbei, di teschi ammucchiati e Cristi velati si spalanca su di una Napoli nuda, ardente e cialtrona. Ed è tutta lì, sotto i tuoi piedi, dinanzi ai tuoi occhi.
Al numero 4 di questa strada negli anni ’60 sei ragazzi (con vasta corte) si sono esibiti nella creazione di un circolo di cultura dal nome illuminante ” Il Leonardo”.
In quegli anni, a differenza di adesso, la cultura veniva accolta e coccolata in Circoli Culturali pieni di spifferi, Sale da Concerto umidi e fumosi, Teatrini in sottoscale e Cine Club angusti e tetri. Era in quei luoghi che si preparavano i figli del ’68. Si dibatteva, si discuteva, si parlava di tutto dalla pièce teatrale all’ultimo moto rivoluzionario. Correlazioni, legami tra la società reale e la cattiva politica. I grandi eccidi di un’Amerika desiderosa di esportare la sua democrazia. Si imparavano i gesti e le parole, le scelte e le ragioni. Si decideva da che parte stare.
Fu allora che per amore entrai nelle stanze di quella casa. Oltre ad Alfredo, il mio ragazzo, conobbi Geppino, Gino, Elio, Gherardo e Lucio. C’erano poi i tesorieri, i soci e una fitta folla di “cortigiani”.
Ero spaventata, ero curiosa: un mondo non lontanissimo dal mio, ma elitario, giustamente rigido e marxiano fino all’estremo. Erano comunisti ma con visioni diverse dal Partito Ufficiale Napoletano.
La Federazione del PCI era un “covo” di miglioristi”: Giorgio Napolitano, Gerardo Chiaromonte, Maurizio Valenzi, Pietro Valenza, Carlo Fermariello e Andrea Geremicca avevano rinunciato al “Diavolo” della Rivoluzione, il fine era migliorare la società senza cambiarla radicalmente. Non abbattere il Capitalismo ma riformarlo, emendarlo rendendolo più umano. Insomma, umanizzare la Bestia.
La Federazione Napoletana seguiva la linea di “destra” in opposizione a quella Ingraiana, ovviamente di sinistra. I ragazzi erano con Mao, con Fidel, con i moti rivoltosi dei neri d’America e d”Africa. Parlavano con le poesie politiche di Senghor, con il teatro di Brecht e di Ionesco. Con la voce struggente del sassofono di Bird.
Erano con Oppenheimer e i fisici che rifiutavano l’uso militare dell’atomo, fino all’abbandono del Progetto Manhattan, fino al tormento di Einstein …dibattendo con forza sull’abiura di Galileo Galilei confortata dall’alibi Brechtiano ” Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”.
Erano con Rolf Hochhuth, l’autore del “Vicario di Cristo “, contro una chiesa dimentica del suo compito.
Contro un Papa che non operò mai contro il nazifascismo: “Il Vicario del Cristo che ha sotto gli occhi e tace, quand’anche per ragioni di Stato, che esita soltanto un giorno, soltanto un’ora a levare la voce in una maledizione che faccia ancora fremere di paura l’ultimo uomo di questa terra, un tale Papa è un criminale”.
Lo scontro nel partito era inevitabile. E avvenne in Via Dei Fiorentini, 55, sede della Federazione Napoletana del PCI allorquando si discussero i temi della Conferenza/Spettacolo tutta dedicata all’Africa e all’ ” Arte Negra” della prima Scuola Poetica voluta da Leopold Sédar Senghor, Presidente della Repubblica Senegalese.
L’approccio dei ragazzi era fortemente dedicato alla Negritudine, alle poesie politiche di Senghor e a sottolineare gli orrori subiti dagli africani nei secoli passati fino ad allora.
I miglioristi nella carne viva di Carlo Fermariello cercarono di impedire tesi che il Partito non aveva ancora metabolizzate e decise in Comitato centrale. Fu brandendo una sedia a mo’ di arma che Fermariello si scagliò contro di loro urlando “Non siete altro che dei mocciosi massimalisti. Smettetela di rompere le palle”.
Poi ci fu un abbraccio e tutto finì lì.
Io ero l’Alice nel paese della conoscenza, Eva che strappa con fervore la mela e la ingoia fino a strozzarsi.
Sapevo poche cose, sapevo di non sapere. Quei ragazzi avevano onestà intellettuale e vitalità creativa. Grandi cervelli e potenti idee politiche che volevano a tutti i costi esprimere e cercare di realizzare.
La loro rivoluzione era Culturale. Propagare il principio, ormai del tutto delegittimato, che solo la scienza, la musica, l’arte, il teatro, il cinema. la letteratura e la poesia… che il Lavoro Culturale potesse cambiare in meglio le coscienze degli uomini.
Alfredo si occupava di musica jazz e di regie teatrali, Geppino di Cina libretti rossi e arte, Gino di medicina e Cultura contadina, Elio di arte drammatica e poesia, Gherardo di Costituzione e legalità, Lucio di scienza e cinema.
Su tutto incombeva la Politica: dalla Questione Meridionale alla pretesa da parte del potere democristiano di eliminare gli “imbarazzanti e antiestetici” Sassi di Matera, oggi Patrimonio dell’Umanità.
Divennero tutti mie amici: Geppino l’ingegnere, Alfredo il grafico , Gino il medico, Elio il nefrologo, Gherardo l’avvocato e Lucio il biologo marino.
Sono grata ai ragazzi di Via Michetti per avermi dato una coscienza critica, il senso della necessità di capire le cose senza preconcetti, la voglia di andare sempre oltre, di non avere luoghi sicuri e porti di mare calmi.
Di avere molti dubbi, di mettersi sempre in discussione.
E soprattutto amare la politica in modo estremo e coraggioso.
Sarò sempre grata alla vita per quei “nostri” superbi vent’anni.