I FIGLI COME CLIENTI
Che spina nel cuore quel tipo di figlio che ci sfugge così puntualmente: LO SCOSTANTE.
Lorenzo o come tutti lo chiamano, Jovanotti, in un suo pezzo di qualche anno fa sosteneva che i giovani (i nostri figli) sono come saponette: sgusciano tra le mani degli adulti, di quegli adulti (noi genitori) che magari vorrebbero aiutarli ma non trovano il canale di comunicazione giusto per arrivare al loro cuore, alla loro intelligenza emotiva.
I nostri ragazzi scostanti, infatti, non ci guardano negli occhi, sempre immersi nei loro pensieri. Quante volte ci siamo chiesti, osservando nostra figlia o nostri figlio così lontani da noi con la mente: ma cosa sta pensando? Qualche volta abbiamo anche sbottato: vorrei entrare nella tua testa per capire cosa c’é. Qualche volta siamo stati anche imperativi: guardami negli occhi!
Niente da fare!
I figli scostanti sono caratterizzati da una chiara durezza che, a volte, ci annoia addirittura. Nostro figlio o nostra figlia ci annoiano e ci deludono perché non partecipano al tentativo di farli entrare nella nostra visione del mondo, nelle cose che per loro e con loro vogliamo condividere. Arriviamo a sentirci inutili, ce ne parla in modo straziante Nanni Moretti nel suo bellissimo film La stanza del figlio.
Ma non perdiamoci d’animo, una maggior conoscenza delle dinamiche del comportamento giovanile e l’amore profondo che nutriamo per i nostri figli ci aiuteranno a raggiungerli (senza invaderli) in quell’altrove dove spesso si trovano e a far si che si accorgano di noi.
COME?!
Per esempio, facendo uso di pause mentre cerchiamo di interessarli a qualche nostro discorso, pause interlocutorie accompagnate da sguardo interessato (il più possibile intelligente) quasi a chiamarli verso di noi.
Usando strumenti culturali nuovi e adeguati linguaggi, conoscenza degli eventi e dei fenomeni che li interessano particolarmente: cronaca, storia, tecnologia, ecc…
Evitando le ovvietà: i figli scostanti sono spesso particolarmente sensibili e un po’ sofisticati, non dobbiamo perdere tempo con loro su punti troppo elementari del discorso.
Dimostrando interesse a qualsiasi -sia pur piccolo- segnale che ci inviano con una frase, un’osservazione, un gesto (valgono anche i grugniti).
Facendoli sentire, malgrado il loro modo scostante, al centro della nostra attenzione. A volte siamo così presi nel parlare (non lo facciamo solo con i nostri figli) che quasi ci dimentichiamo di chi ci ascolta e delle sue dinamiche di attenzione. Qualche domanda giusta e molto ascolto possono rappresentare la posologia adatta in questo senso.
Se ben calibrate e adatte possono fare parte della “cura”: analogie, testimonianze, storielle, aneddoti, riferimenti culturali e storici.
Anche chiedere ai nostri figli, con interesse e umiltà, di spiegare meglio per cercare noi di capire può servire.
Sono tentativi, cari genitori, ma vale la pena di farli.
I nostri figli sono scostanti fuori ma teneroni dentro, proprio come noi.
Quando vedono un bel film o leggono una bella storia si aprono ai sentimenti, e poiché sono bisognosi di aprirsi, qualche volta possono incontrare registi che offrono loro parti cattive, parti che possono farli sentire protagonisti oggi, ma che non permetteranno loro di uscire in cartellone domani sul palcoscenico del progresso.
Ciack si gira!
I registi siamo noi, attrezziamoci…
La prossima volta parliamo dei prudenti
Ciao!