Alla fine è stato dato l’incarico a Draghi. Si sono persi due anni e mezzo dalle ultime elezioni politiche. Sono stati fatti 2 tentativi e mezzo di esperimenti politici, alla disperata ricerca di maggioranze che sostenessero un governo con risultati disastrosi per il Paese. Alla fine è stato chiamato il Messia.
Se analizziamo ciò che è successo in questi due ultimi anni e mezzo ma anche se osserviamo il panorama politico nazionale ed internazionale comprenderemo che ciò che è avvenuto rispetta una formula logico-conseguenziale, quasi fosse un teorema matematico.
Gli ultimi due anni e mezzo di vita politica sono stati la punta di un iceberg le cui dimensioni e la cui profondità sono ben più ampie e provengono da molto lontano.
Politicamente il Paese è spaccato più o meno a metà da molti anni. In parole molto semplici c’è una metà del Paese che vede le cose in un determinato modo e l’altra metà che le vede in altro modo (centrodestra e centrosinistra per intenderci) e queste due visioni opposte con i relativi numeri rappresentati in parlamento hanno determinato l’impossibilità di formulare maggioranze stabili e quindi non hanno consentito di governare efficacemente il Paese. I tentativi maldestri di affiancare una forza politica di destra ad una forza politica di sinistra prima, ed una forza populista con una forza di centro ed una di centrosinistra poi hanno portato in entrambi i casi alla paralisi.
Ecco allora che per uscire da questa situazione di stallo il Presidente della Repubblica, pressato dalla crisi innestata dalla pandemia e dal Recovery Plan da presentare all’Europa per poter beneficiare dei fondi stanziati ha chiamato una prestigiosa riserva della Repubblica. Ma la chiamata di Draghi, seppur opportuna e tardiva, potrà augurabilmente farci uscire dalle secche nelle quali si è impantanata la politica ma non risolverà nel medio e lungo termine i problemi di governabilità dell’ Italia.
Un Paese per essere governato bene necessita di due cose molto semplici ma essenziali:
a) un sistema di regole efficaci ed efficienti
b) persone capaci a governare
Ora dobbiamo renderci conto che non abbiamo né l’uno, né le altre.
Il sistema di Governance del nostro Stato è datato e non più efficace a sostenere le necessità di oggi pertanto la prima riforma da fare è quella di ammodernare il sistema di governance del nostro Stato. Ci ha provato Renzi, ma evidentemente la sua proposta, seppur andasse incontro alle necessità, non andava bene nei contenuti tanto che è stata rifiutata dai cittadini italiani. Ma il problema resta, anzi si è amplificato.
Per quanto riguarda le persone purtroppo non è da questa legislatura ma da molte legislature (non tengo più il conto diciamo forse da circa trenta anni?) che sulla scena nazionale non emergono persone con le competenze per governare. Da quando in politica si sono affacciati imprenditori, uomini di spettacolo, giornalisti, show girl, professori, liberi professionisti, ovvero rappresentanti della società civile con la pretesa, la convinzione, anzi spesso l’illusione e l’ambizione che avrebbero fatto meglio di quanto realizzato dalla classe politica precedente nel parlamento, così come nel governo, l’unica cosa che è stata percepita dai cittadini è la voglia di apparire, di mostrarsi, di farsi vedere in pubblico. Per l’appunto un bell’ esempio della società dell’apparire e dell’ apparenza che poco ha a che fare con la concretezza della vita di tutti i giorni. Non è però un caso. E’ il segno dei tempi. Quando per una generazione almeno si trascura la scuola, l’istruzione e la formazione dei cittadini e si omologa la popolazione a determinati valori (ricordate l’ambizione di molti giovani negli anni passati a fare le veline piuttosto che i calciatori? Oggi potremmo dire gli influencer?) il risultato più elementare che si ottiene è una società incolta e priva di contenuti e capacità solide e profonde e quindi non in grado di affrontare le difficoltà e la complessità.
Per tornare alla politica le vecchie generazioni, con tutti i difetti e gli abusi che pure sono stati abbondantemente denunciati avevano però un pregio. Erano competenti, sapevano amministrare la cosa pubblica (magari rubavano ma anche questo lo sapevano fare bene…) . I rappresentanti democraticamente eletti venivano dai partiti politici che all’epoca erano organizzazioni ben radicate nel territorio e c’era una regola non scritta per la quale chi era interessato alla vita politica iniziava dal ricoprire incarichi nel proprio comune, poi nella provincia, poi nella regione ed infine, se era bravo, assurgeva a ruoli nazionali (camera o senato) e da lì o dai vertici del partito, agli incarichi governativi (ministri, presidenti del consiglio, etc.). in altri termini facevano la gavetta, facevano formazione nelle aule e sul campo, studiavano.
Poi è arrivata la società liquido moderna che ha centrifugato tutto con i risultati e le ferite che ci stiamo leccando. La storia è fatta di corsi e ricorsi ma mi sembra che quello che è accaduto negli ultimi trent’anni debba essere quanto meno archiviato negli annali della storia per l’appunto e riconoscere il valore delle competenze anche in un ambito, quello politico e ancor più specificamente quello dell’ amministrazione della cosa pubblica (“res publica” alla latina beninteso).
Sfortunatamente siamo in buona compagnia. Le ultime generazioni di leader politici non hanno brillato per competenze né in Europa, né negli USA, anzi, hanno spesso provocato grossi problemi anche nei loro paesi con la differenza che lì il sistema di regole comunque ha tenuto e quindi c’ è stata governabilità.
Le cause di questa catastrofe culturale e di leadership sono molteplici e complesse. Ma un fil rouge che accomuna molte di esse risiede nel progresso tecnologico che abbiamo avuto nell’ultimo secolo. In poco più di 100 anni siamo passati dal calesse alle auto elettriche, dal pallottoliere ai supercomputer, dal telegrafo allo smartphone, dai piccioni viaggiatori a what’s up, dalle enciclopedie cartacee a wikipedia, dalle poste a internet. In solo 4/5 generazioni il genere umano ha prodotto un tale progresso tecnologico che non si era mai visto nelle epoche precedenti ed oggi possiamo affermare che, forse, non ha avuto il tempo di sedimentare tali scoperte e nuove tecnologie che hanno letteralmente cambiato il modo di vivere, di agire e di pensare. In altre parole oggi assistiamo alla supremazia della tecnologia sulle capacità di gestione della stessa da parte dell’essere umano che, pertanto, ne resta schiavo, o quanto meno schiavo di chi riesce a governarla (basti pensare appunto ai proprietari dei social network, dell’e-commerce, delle tlc, delle piattaforme di ogni ordine e grado). Tecnologia che in molti casi si sostituisce all’azione dell’essere umano (applicazioni di intelligenza artificiale) e, nel momento in cui si smette di utilizzarla non si hanno più le capacità (non sappiamo per esempio più fare neanche delle semplici operazioni matematiche a mente).
Tornando alla politica, dobbiamo rilevare che negli ultimi mesi per fronteggiare la crisi sanitaria ed economica e le enormi conseguenze che esse determinano sono stati eletti o chiamati a governare due giovanotti di 78 e 73 anni (Biden negli USA, Draghi in Italia), ovvero persone con grande esperienza, competenza, saggezza. Ma questo se da una parte è un onore al merito, dall’altra ci dice che nelle nuove generazioni (quelle dei 40/50 enni) non è stata trovata una sola persona in grado di affrontare e governare queste situazioni. Negli Stati Uniti, un Paese di 328 milioni di abitanti non è stato trovato un solo uomo o donna più giovane in grado di sfidare Trump (anch’esso un giovanotto di 74 anni) alle elezioni, e in Italia, Paese di 60 milioni di abitanti e una decina di partiti e movimenti politici rappresentati in parlamento non è stato trovato un solo uomo o donna più giovane in grado di assumersi la responsabilità di guidare il Paese. E’ purtroppo la prova del nove della carenza di competenze e di leadership che esiste.
Per quanto riguarda il nostro Paese la designazione di Draghi da parte del Presidente della Repubblica rappresenta l’ultima carta disponibile per sopperire alla carenza di accordo e di leadership manifestata dalle forze politiche e l’unica risorsa valida in grado di portarci, nel breve periodo, al netto del senso di responsabilità richiesto e direi, quasi imposto dal Presidente della Repubblica, a tutti i partiti nell’appoggiare il Suo governo, fuori dalla situazione di stallo nella quale ci troviamo.
L’ultimo dei Mohicani, per l’appunto.