La realtà dei mediocri è un mondo fatto di raccomandazioni, di figli d’arte e di amici degli amici che si è insidiato nelle stanze dei poteri. I mediocri hanno preso il comando in ogni ambito, dalla finanza alla politica, dal mondo delle università a quello dell’economia. L’ascensore sociale si è inceppato, alle nuove generazioni non è più consentito di costruirsi una vita migliore rispetto alle precedenti generazioni. Le cifre che rappresentano questa tragedia umana sono impietose. È un malessere condiviso da molti, una forte pressione sociale che incoraggia a restare persone qualunque per continuare a sopravvivere. È un consolatorio assunto facile da sperimentare per spiegarsi certi successi o insuccessi distanti dalle vette del genio. Sono gli indecenti tic verbali del vocabolario mediocratico che ascoltiamo e usiamo ogni giorno: la religione del brand, l’esperienza del consumatore, la dittatura del buonumore, gli alti standard di qualità, il rispetto dei valori di eccellenza, lo stare al gioco, la resilienza, il sapersi vendere, l’essere imprenditori di sé stessi. È l’incapacità di una classe dirigente di indicare la strada giusta da seguire a una comunità. Sono i luoghi di lavoro simili alle corti feudali d’altri tempi, in cui si chiede alle persone di autocensurarsi e progettare oggetti che si rompano in maniera deliberata per poi venire sostituiti, di diagnosticare malattie che potrebbero diventare pericolose a cent’anni, di manipolare i consumatori attraverso il marketing. E’ un sistema perverso che cerca di dissolvere l’autorità nelle persone, facendo in modo che la interiorizzino e si comportino come fosse una volontà loro. È il sistema della cooptazione acritica che crea una selezione della classe dirigente inadeguata a decidere.
Il trionfo della mediocrità si inserisce in un contesto di depressione economica che ne amplifica le negatività. Le reti di relazione possono decidere il destino di quanti occupano i gangli vitali del sistema economico e sociale. Il meccanismo di scelta della classe dirigente è basato sulla cooptazione e il criterio prevalente è quello della fedeltà piuttosto che del merito. L’assalto è stato lanciato ed è stato coronato dal successo: i mediocri sono entrati nella stanza dei bottoni e ci spingono a essere come loro. Nelle università, nella sanità, nella politica, nelle imprese chi è inserito all’interno di un network ben definito prevale sugli altri. Chi lavora non viene ricompensato equamente per il suo impegno e le sue competenze ma con un indennizzo alla fedeltà. Questo congruo incentivo determina una selezione della classe dirigente di basso profilo che non è funzionale al bene comune ma alla mediocrità, alla rivoluzione anestetizzante che si è compiuta silenziosamente sotto i nostri occhi, ma di cui non ce ne siamo quasi accorti. La rivoluzione anestetizzante ci conduce a posizionarci sempre nella linea mediana, a non disturbare il manovratore, e soprattutto a non far mai nulla che possa mettere in discussione l’ordine economico e sociale. Tutto deve essere standardizzato. La mediocrità è stata eletta a modello, è diventata la norma. Non pensiamo il mondo nella sua complessità, ma utilizziamo modelli aziendali in ogni contesto sociale, senza analizzare l’impatto che ha sul nostro pensiero, senza renderci conto che può renderci persone estremamente manipolabili.
Il sistema incoraggia l’esclusione sociale di individui competenti che rischiano di mettere in discussione i fondamenti ideologici del sistema e le sue convenzioni. Lo spirito critico deve essere limitato e ristretto all’interno di specifici confini perché se così non fosse potrebbe rappresentare un pericolo. Il mediocre accetta i comportamenti informali, i compromessi che servono a raggiungere obiettivi di breve termine, si sottomette a regole sottaciute chiudendo gli occhi, acconsente a non citare un determinato nome in un rapporto, a essere generico su uno specifico aspetto, a non menzionarne altri, ad attuare dei comportamenti che marcano un rapporto di lealtà verso qualcuno o verso una rete o una specifica cordata. È in questo modo che si saldano le relazioni informali, che si fornisce la prova di essere affidabili, di collocarsi sempre su quella linea mediana che non genera rischi destabilizzanti. Il mediocre si piega in maniera ossequiosa a delle regole stabilite al solo fine di guadagnare o mantenere una posizione di prestigio nello scacchiere sociale. Il sistema incoraggia comportamenti che servono a sottolineare l’appartenenza a un contesto che lascia ai più forti un grande potere decisionale e che, alla fine dei conti, tendono a generare istituzioni corrotte. E la corruzione arriva al suo culmine quando gli individui che la praticano non si accorgono più di esserlo.
In un sistema perverso caratterizzato dalla mediocrità, l’azione è ridotta alla gestione, alla ricerca di una soluzione immediata a un problema immediato, cosa che esclude alla base qualsiasi riflessione di lungo termine fondata su principi e su una visione politica discussa e condivisa. Anche la terminologia cambia: non siamo più persone ma siamo diventati clienti, consumatori, siamo ridotti a piccoli osservatori obbedienti, incatenati a una identica visione del mondo con un’unica prospettiva. E dunque non c’è da stupirsi se una classe dirigente mediocre domina il mondo, se coincide con la scomparsa delle differenze a vantaggio di un unico approccio e di un’unica logica. Interrompere questo circolo perverso non è facile. Sono poche le persone capaci di resistere alle piccole tentazioni, di dire no, di non occupare quella funzione, di non accettare quella promozione, di rifiutare quel gesto di riconoscenza per non farsi lentamente addomesticare come un animale da riporto.