Sono stato in Russia e ho conosciuti molti cittadini russi. In generale sono persone ospitali, cerimoniose, generose, altruiste. A parte Mosca e San Pietroburgo nel resto della sconfinata Russia vivono in modo modesto, si accontentano di poco. Per certi aspetti assomiglia all’Italia degli anni ‘60. La loro storia è ricca di cultura, letteratura, teatro, musica. Arti per le quali hanno regalato al mondo intero importanti artisti e preziose testimonianze. Come non ricordare Solzenicyn, Rachmaninov, Nureev, Dostoevskij, Pasternak, Tolstoj, Cechov, Puskin, Gogol.
Mosca e San Pietroburgo uniscono le testimonianze della loro millenaria storia (in particolare del periodo degli Zar e del periodo della Unione Sovietica (CCCP), con una vita sociale ed economica movimentata e fervente.
Ecco la loro storia: è caratterizzata dalla grandezza! Il Paese è grande, oserei dire sconfinato. Nel visitarlo ti perdi nelle loro immense foreste di betulle, nei loro corsi d’acqua infiniti (laghi e fiumi), nella tundra, nei ghiacci, nelle loro distanze tra un centro abitato ed un altro.
Le loro testimonianze artistiche sono grandi. Le abbiamo già ricordate.
Le loro testimonianze politico-sociali sono grandi. Restando all’epoca moderna ricordiamo:
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la Russia imperiale degli Zar (1721-1917)
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Dopo gli anni di caos che caratterizzarono il cosiddetto periodo dei torbidi, il potere in Russia passò alla dinastia dei Romanov, fondata nel 1613 da Michele I, che tenne la Russia sino alla rivoluzione del 1917.
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Dopo la sconfitta della Polonia nella prima guerra del Nord (1654–1667), l’Impero russo si estese sino a comprendere l’Ucraina, dove gli zar dovettero affrontare una violenta ed estesa ribellione popolare provocata, come molte altre simili, dalle intollerabili condizioni di vita dei contadini.
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Sotto il regno degli zar la Russia imperiale divenne una delle maggiori potenze europee, i cui confini in Asia giunsero fino all’oceano Pacifico e anche in America, dove si ebbe l’America russa, ovvero la colonizzazione dell’Alaska.
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Fra gli zar succedutisi si ricorda Pietro il Grande che, salito al trono nel 1682, riorganizzò lo Stato russo secondo il modello occidentale dello Stato moderno, con una burocrazia gerarchizzata e con tribunali centrali (considerati comunque come facenti parte dell’amministrazione). Il diritto restò prevalentemente consuetudinario e i pochi interventi dello zar rimangono limitati al settore amministrativo. Un ruolo importante fu svolto anche da Caterina II.
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All’inizio del XX secolo il sistema di governo autocratico si presentava come estremamente conservatore, avendo rifiutato praticamente ogni tentativo di ammodernamento nel corso del secolo precedente. Queste condizioni di tensione interna contribuirono a portare la Russia a una grave crisi, che sfociò nella rivoluzione d’ottobre.
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la Rivoluzione Russa (1917-1920)
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L’Impero russo di inizio XX secolo era una nazione fra le più arretrate d’Europa, nonostante le eccezionali dimensioni territoriali; i segnali di malcontento della popolazione verso un regime zarista retrogrado e chiuso a difesa del suo carattere autocratico (che aveva assunto fin dai tempi della Russia moscovita) si moltiplicarono a partire dai primi anni del secolo, sotto forma di vaste rivolte di operai e contadini.
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Nel 1905 la Domenica di sangue, una manifestazione di massa svoltasi il 22 gennaio davanti al Palazzo d’Inverno (nell’allora Pietrogrado), alla quale parteciparono decine di migliaia di persone culminata in un massacro da parte delle forze di polizia, fu l’episodio che scatenò la rivoluzione russa di quell’anno.
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Nel 1917 la Russia era un Paese stremato, con una popolazione provata da tre anni di guerra al fianco dell’Impero britannico e della Francia che aveva già causato milioni di vittime.
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La rivoluzione che ebbe luogo quell’anno, in un lungo periodo compreso fra il febbraio (rivoluzione di febbraio) e il novembre (la più famosa rivoluzione d’ottobre, per via della differenza fra i calendari giuliano e gregoriano) ebbe come effetto immediato la distruzione del regime zarista e la costituzione dell’Unione Sovietica, sotto la guida del capo bolscevico Vladimir Il’ič Ul’janov, meglio conosciuto come Lenin. Fu un evento sociopolitico la cui portata travalicò i confini della Russia; l’Unione Sovietica, lo Stato nato dalla rivoluzione, fu il primo tentativo di applicazione pratica su scala nazionale delle teorie sociali ed economiche di Karl Marx e Friedrich Engels.
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Dopo la vittoria dei bolscevichi in una rivoluzione relativamente incruenta il 14 dicembre 1917 il War Cabinet britannico (organo collegiale presso il Ministero della guerra) prese la decisione di concedere a qualunque organizzazione antisovietica i fondi necessari per impedire che la Russia uscisse dalla prima guerra mondiale: infatti il 3 marzo 1918 la neonata Russia sovietica aveva firmato il trattato di pace di Brest-Litovsk con la Germania e pertanto uscì dal conflitto. Gli inglesi, presto coadiuvati da statunitensi, francesi e altre forze controrivoluzionarie cercarono di riportare la dispotica monarchia zarista al potere, sperando di salvaguardare ed espandere i loro interessi in Russia e contemporaneamente assicurare la continuità del potere borghese nei loro Paesi, infliggendo una sonora sconfitta al movimento operaio internazionale. A causa dell’intervento incendiario delle potenze straniere nella neonata e ancora instabile repubblica si innescò una sanguinosa guerra civile che perdurò fino al 1920 e provocò milioni di vittime. Anche dopo la sconfitta delle Armate Bianche la Russia fu funestata da insurrezioni contadine e operaie dovute alle requisizioni del grano da parte delle autorità e dalla cosiddetta “militarizzazione del lavoro” represse con particolare durezza che provocarono la morte di molte migliaia di persone, tali provvedimenti furono all’origine della carestia del 1921-1922.
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l ‘Unione Sovietica (1922-1991)
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La presa del potere e la dittatura di Stalin
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Dopo la fine della guerra civile russa e la morte di Lenin nel 1924 la direzione del nuovo Stato si consolidò nelle mani di Iosif Stalin, questi nell’arco di pochi anni trasformò il proprio potere in una vera e propria dittatura, con l’eliminazione sistematica di tutti gli oppositori politici. Il regime staliniano causò milioni di vittime, tra le quali oppositori politici, noti o sospettati, e militari che vengono giustiziati o esiliati in Siberia durante le cosiddette grandi purghe degli anni 1930. Dal punto di vista della politica estera, alla fine del decennio il governo stipulò con la Germania nazista un patto reciproco di non aggressione, detto Patto Molotov-Ribbentrop dal nome dei rispettivi ministri degli esteri.
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La seconda guerra mondiale (1941-1945)
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Nel 1941 la Germania nazista, nonostante la stipula del patto Ribbentrop-Molotov nel 1939, attaccò l’Unione Sovietica stalinista coinvolgendola nella seconda guerra mondiale. Questo intervento, noto anche come campagna di Russia e “grande guerra patriottica”, durante la seconda guerra mondiale rappresentò il più importante teatro della guerra tra le potenze alleate e la Germania nazista e più in generale lo scenario fondamentale che decise il conflitto. Le dimensioni dei combattimenti, l’entità delle perdite e la profondità delle distruzioni materiali ne fecero il più vasto teatro di guerra della storia.
Dopo quattro anni di guerra, costata milioni di vittime ed enormi danni materiali, nel 1945 l’Unione Sovietica ottenne la vittoria diventando così una delle due superpotenze dominanti, in grado di estendere la sua sfera di influenza su una parte considerevole del mondo.
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Il secondo dopoguerra e la “Perestrojka
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Gli anni successivi alla seconda guerra mondiale furono contraddistinti dalla cosiddetta guerra fredda, un lungo periodo di contrapposizione e scontro ideologico fra gli Stati Uniti e i loro alleati (la NATO) e il blocco comunista, unito sotto il patto di Varsavia.
I due schieramenti ingaggiarono una dura lotta geopolitica iniziata con il cosiddetto Blocco di Berlino del 1948 (chiusura da parte dei sovietici delle vie di comunicazione alla ex capitale) e per il controllo politico ed economico del Terzo Mondo a partire dalla crisi di Suez del 1956, che tuttavia non si concretizzò mai in uno scontro militare diretto (che avrebbe teoricamente potuto portare alla distruzione del pianeta, visti gli arsenali in gioco); un momento di fortissime frizioni si ebbe nel 1962, con la cosiddetta crisi dei missili di Cuba.
La guerra fredda si sviluppò nel corso degli anni su vari campi: militare (con la corsa agli armamenti), spaziale (la cosiddetta corsa allo spazio), ideologico, psicologico, tecnologico e anche sportivo.
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La nuova politica di Gorbačëv e la fine (1986-1991)
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Sulla fine degli anni ottanta il capo sovietico Michail Gorbačëv, conscio delle gravi difficoltà dello Stato sovietico, iniziò un percorso di riforme, attraverso politiche di glasnost’ (“trasparenza”) e perestrojka (“Ricostruzione”), che non si dimostrarono tuttavia sufficienti per impedire il collasso dell’Unione Sovietica, avvenuto nel 1991 dopo il fallito putsch di agosto il cui capo principale fu Boris Nikolaevič El’cin.
4) la Federazione Russa (1991-oggi)
La Russia dichiarò la sua indipendenza il 24 agosto dello stesso anno come “Federazione Russa“; dopo la presa del potere di El’cin e un convulso periodo culminato con la crisi costituzionale russa del 1993, il nuovo stato ha cercato di mantenere la sua influenza globale promuovendo la fondazione della “Comunità degli Stati Indipendenti“, ostacolata in questo da gravi difficoltà economiche come la crisi economica del 1998 e la crisi finanziaria tra il 2014 ed il 2017, cercando nel contempo di reprimere le varie spinte autonomiste negli Stati post-sovietici.
La Federazione Russa (a cui ci si riferisce comunemente come Russia) è una repubblica federale di tipo semipresidenziale. Secondo la costituzione, il presidente è il capo dello stato e di un sistema multipartitico dove il potere esecutivo viene esercitato dal governo, guidato dal Primo ministro, che viene nominato dal presidente e approvato dal parlamento. Il potere legislativo viene gestito dalle due camere dell’Assemblea federale.
Oggi la Russia è per usi e costumi un paese occidentale, l’economia pur essendo fortemente controllata dallo stato è anche fortemente orientata al sistema capitalistico (oligarchia economica),
le nuove generazioni sono cresciute con i social media, internet ed i brand comuni a tutte le economie occidentali. In altri termini i cittadini russi, specialmente i più giovani si sentono a tutti gli effetti cittadini occidentali.
In questo processo di occidentalizzazione iniziato a partire dal periodo degli Zar ed in particolare con lo Zar Pietro il Grande e Caterina II resta una cosa rimasta tuttora incompiuta: il regime politico.
Nonostante i vari cambiamenti e le varie epoche storiche vissute, anche versando molto sangue, i russi non sono mai riusciti a dotarsi di un sistema politico veramente occidentale, autenticamente libero e democratico. Sono cambiate le costituzioni, le istituzioni e gli uomini che le hanno rappresentate ma, di fatto, ancora oggi, vivono in una sostanziale dittatura.
Ora questo è il vero punto dell’ attualità che stiamo vivendo. Che l’ intera Europa sta vivendo, per mano del Presidente della Russia che ha invaso un Paese sovrano all’ interno dell’Europa contravvenendo a tutte le regole, le norme, le convenzioni internazionali, ovvero a tutti i valori occidentali.
Non entro nel merito delle motivazioni che possono aver indotto il Presidente della Russia ad un simile gesto, ma entro nel merito dei valori. Un’ invasione militare di un Paese sovrano, con istituzioni democraticamente elette non è nei nostri valori, non fa parte dei valori occidentali.
Ecco che allora il popolo Russo ha una grandissima opportunità. Forse l’ultima dell’ epoca storica che stiamo vivendo. Riflettere e decidere se diventare fino in fondo un paese occidentale sposandone in pieno i valori di libertà e di democrazia oppure sprofondare nella storia e fare un salto indietro nel tempo avvalorando anche con il semplice silenzio assenso quel sistema illiberale ed autoritario che li governa.
E la guerra di Putin o è la guerra dei Russi?
Io non ho una risposta, solo i Russi possono rispondere a questa domanda. Se avvaloreranno ciò che il loro Presidente sta facendo in Ucraina, sarà la guerra dei Russi. Se converranno sul fatto che i valori di liberta e di democrazia sono come per tutte le democrazie occidentali irrinunciabili e ne trarranno le conseguenze riconoscendo la libertà di ogni popolo all’autodeterminazione e con il tempo vorranno diventare essi stessi uno stato libero e democratico saremo lieti di accoglierli nella nostra comunità.
I governanti del mondo occidentale hanno imparato, a loro spese ed a spese di popoli oppressi che si erano prestati a difendere negli ultimi decenni (Iraq, Afghanistan su tutti) che la democrazia non si esporta e che essa è un processo culturale lungo e tortuoso al quale devono arrivare naturalmente e spontaneamente le popolazioni (a questo proposito, a pensar bene, se avessero chiesto a qualche sociologo serio e preparato gli avrebbero detto, senza ombra di dubbio, che non si può esportare sic e t simpliciter, un modello che prima ancora di essere politico è culturale, e ci saremmo tutti risparmiati anni di guerre e migliaia di morti; a pensar male è ovvio che in quelle operazioni hanno giocato un ruolo fondamentale anche forti interessi economici) . Di questo stiamo facendo tesoro non esportando più il nostro modello nel mondo (non è un dogma e riconoscendo il principio universale dell’autodeterminazione dei popoli riconosciamo anche il diritto che ciascun popolo decida come vivere e stabilisca le regole di convivenza civile al proprio interno) ma una cosa è altrettanto certa: così come abbiamo imparato a non esportare la democrazia siamo fermamente convinti che non si possa neanche importare l’autocrazia e pertanto difenderemo e saremo solidali con tutti quei popoli che, liberamente, scegliessero di vivere secondo i principi ed i valori del mondo occidentale.
Governare un Paese democratico è un processo lungo, complesso, impegnativo, tortuoso. A volte sembra inconcludente ed inefficiente ( e spesso in effetti lo è). Ma è un costo che siamo volentieri disposti a pagare per mantenere alta la nostra dignità di esseri umani e la libertà di circolazione delle nostre idee (patrimonio incommensurabile e vero driver di ogni progresso culturale, civile, economico, scientifico).