Paul Watzlawick dice che la soluzione di un problema deve essere un “riduttore di complessità”, ossia che la soluzione deve essere più semplice del problema, deve avere una funzione semplificante rispetto al problema, altrimenti rischia di diventare una “ipersoluzione”. La guerra in Ucraina è una ipersoluzione?
Mettiamo nello sfondo la pietà, l’orrore, la rabbia per la massima delle stupidità umane, secondo la definizione di Carlo M. Cipolla: è stupido qualcosa che danneggia ambedue gli antagonisti. Cerchiamo di osservare ciò che accade col distacco della ragione e con le tecniche di problem solving. La prima difficoltà è nella definizione del problema, che presenta aspetti assai diversi se guardato da una parte o dall’altra: eccessiva espansione a est della NATO? Eccessive mire imperialistiche di Putin? Partita a scacchi fra USA, Cina e Russia?
L’analisi del problema richiede la definizione degli obiettivi. Putin vuole “solo” garantirsi un passaggio verso il mare, o vuole sottomettere tutta la nazione? Biden vuole una guerra di logoramento che sfianchi la Russia come è stato con l’Afganistan, e che metta in difficoltà sia la Russia sia l’Europa Unita, o vuole la pace? Zelensky vuole un’Ucraina indipendente e neutrale che faccia da cuscinetto fra NATO e Russia, o vuole un’Ucraina che faccia parte dell’EU e della NATO contro la Russia?
Dagli obiettivi dipendono le strategie. Risolvere i conflitti con le armi, arrivando fino a quelle nucleari, in modalità win-lose, o negoziare in modalità win-win? Limitare la controversia o estenderla? Armare o disarmare?
Durante tutto il processo, un fattore importante è la comunicazione. Putin è un brutale aggressore o è un denazificatore? E’ uno psicopatico o un freddo calcolatore? Quelli che affiancano gli eserciti regolari sono volontari o mercenari? Chi fugge dalle città colpite è un profugo se viene in Europa o un deportato se va in Russia? L’esercito russo è un pachiderma fatiscente e disorganizzato o un gigante che aspetta di colpire al momento opportuno? Bombarda e uccide in modo indiscriminato o cerca di colpire il meno possibile per evitare inutili carneficine? I militari russi morti sono 800 o 14.000?
Già scorrono fiumi di parole per rispondere a tutte queste domande, ma le risposte sono fatalmente di parte, e spesso contribuiscono a confondere le acque, invece di renderle più limpide.
Dal nostro punto di vista di pacifici problem solver, ci limitiamo ad osservare dinamiche tipiche di azione e reazione. Quello che salta agli occhi è la soluzione, che sembra comunque sproporzionata rispetto al problema. La guerra è sempre qualcosa di esagerato, di estremo, è una rottura brusca ben teorizzata da René Thom nella sua teoria delle catastrofi. Se c’è una condizione di disagio, e se il disagio va gradualmente aumentando, si arriva ad un punto di rottura che determina attacco o fuga. Se uno attacca e l’altro fugge, abbiamo una relazione complementare che si conclude con l’annientamento o la sottomissione di chi cede. Se uno attacca e l’altro risponde all’attacco, si genera una relazione simmetrica che porta inevitabilmente all’escalation, e quindi alla distruzione di ambedue i contendenti, nel caso che si arrivi al nucleare.
Ecco, dunque, che la guerra appare una ipersoluzione sempre sproporzionata e inopportuna di problemi che non sono stati sufficientemente definiti, negoziati, discussi, mediati. L’ipersoluzione non risolve i problemi, ma li aggrava, creando strascichi di dolore e di odio, povertà, pericoli sociali e ambientali. E quindi nuovi problemi in genere più gravi di quelli precedenti. E’ del tutto evidente che per evitare di cadere nel baratro della catastrofe bisogna tentare il più possibile di mantenersi sui dolci pendii del negoziato, della trattativa, dei progetti di cooperazione di fronte a minacce ben più gravi come pandemie, crisi climatiche, riduzione di risorse e di sostenibilità.
La catastrofe a cuspide è un tipico modello di catastrofe, secondo la teoria del matematico René Thom. Immaginiamo un ambiente tridimensionale simile ad un foglio di carta con una piega. Se ci si muove fra a, b e c siamo nel campo della continuità fra problemi e soluzioni, con cambiamenti graduali e non traumatici. Se per arrivare ad e o ad f si fa il salto dai bordi della piegatura, si adotta una ipersoluzione catastrofica che interrompe la continuità e genera un cambiamento brusco e radicale. Come si vee dal modello, e ed f possono essere raggiunti evitando l’ipersoluzione catastrofica, in maniera più morbida e graduale, facendo il percorso più lungo. Basta avere solo un po’ di pazienza e di lungimiranza da ambo le parti in gioco. Consideriamo ancora che e resta dentro il sistema corrente, f è fuori dal sistema corrente, e rappresenta un salto di paradigma, come potrebbe essere l’uscita definitiva dal gas russo per entrare in un sistema totale di energie rinnovabili.