Il punto focale per valutare l’attuale conflitto in Ucraina (al di là di ogni imprescindibile condanna per qualunque aggressione armata) è rispondere a questo quesito: qual’è l’obiettivo principale in base al quale definire cosa è meglio fare.

Vediamone alcuni, sedici, tutti validi, alcuni accettabili, altri intollerabili:

  1. salvare l’identità e il territorio dell’Ucraina;

  2. far fuori Putin (e il suo delirio di onnipotenza);

  3. indebolire pesantemente l’esercito russo e la sua capacità di fuoco;

  4. contenere al massimo le morti e le sofferenze dei civili (bambini, donne, anziani);

  5. salvaguardare le vite umane (ucraine e russe);

  6. evitare la terza guerra mondiale;

  7. evitare un Armageddon nucleare (l’ultima battaglia che avrà luogo alla fine dei tempi, tra Cristo e le forze del bene, contro le Satana e le forze del male);

  8. ridisegnare gli equilibri geopolitici del Pianeta (o almeno dell’Europa);

  9. cogliere un catalizzatore utile alla creazione di una forza armata europea (che non vuol certo dire 5mila uomini nel 2025);

  10. rinforzare la Nato;

  11. far implodere la Nato;

  12. portare l’economia della Russia al fallimento;

  13. ricreare una Russia potenza planetaria che ricalca i confini dell’impero degli Zar;

  14. riassorbire Crimea e Donbass nell’Ucraina;

  15. creare un fiorente mercato alle industrie delle armi del pianeta;

  16. ripulire (e rimpiazzare) gli arsenali delle nazioni dalle armi più “ancien”.

 

Se li rileggiamo e, uno alla volta, ci riflettiamo approfonditamente possiamo osservare come ciascuno di questi obiettivi può essere:

  • l’esito finale (o principale) dell’attuale conflitto,

  • ognuno l’interesse specifico lecito (o illecito), morale o immorale, di uno o più degli attori in campo.

 

Così come ci rendiamo facilmente conto che le strategie e i comportamenti siano diversi a seconda dell’obiettivo che si vuole perseguire.

Il punto focale di ogni ragionamento, strategia e comportamenti è dunque figlio dell’obiettivo che si persegue.

Condivido diversi degli obiettivi indicati, ma dovendo scegliere quello che potrebbe indirizzare le mie scelte strategiche e comportamentali quello, per me, più cruciale, fin dal 25 febbraio, è il quinto: salvaguardare le vite umane, dei civili e dei soldati ucraini, russi, europei.

 

 

Cosa si poteva fare

Per raggiungere questo obiettivo la strategia conseguente avrebbe richiesto un accordo formalizzato tra l’Ucraina e l’Unione Europea che avrebbe proseguito e incentivato le sanzioni economiche fino a quando la Russia non avrebbe ritirato dagli originali confini dell’Ucraina anche l’ultimo soldato (mantenimento dello stato di guerra).

Ma non oltre 5 minuti dopo aver siglato l’accordo tra Ucraina e Unione Europea il governo di Zelensky si sarebbe ritirato in esilio in qualche Stato Nato (mantenendo la titolarità legittima di rappresentanza dell’Ucraina libera e democratica) formalizzando l’occupazione militare de facto, ma annunciando la resa.

Questo avrebbe contenuto al massimo le morti di soldati e di civili, cioè raggiunto l’obiettivo principale numero cinque.

 

Questa strategia aveva molti punti di debolezza.

  1. L’Europa senza la pressione umanitaria dei rifugiati e dei bombardamenti sui civili non avrebbe mantenuto e ancor meno reso sempre più forti le sanzioni.

    Dal 2015 al 2020 nonostante le sanzioni decise dall’Occidente dieci Paesi europei hanno esportato 346 milioni di euro di armi vendendole a Putin, autorizzando più di mille nuove licenze di export. Francia, Germania, Italia, Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Finlandia, Slovacchia e Spagna hanno venduto “attrezzature militari” a Mosca inclusi missili, bombe, siluri, pistole e razzi, veicoli terrestri e navi.

     

  2. Gli Stati Uniti dal 2014 stanno armando (e formando) l’esercito ucraino e non avrebbero mai permesso che questo ingente arsenale bellico di nuova generazione potesse finire nelle mani della Russia.

     

  3. L’indebolimento dell’economia e, soprattutto, dell’esercito russo fa gola a tanti soggetti coinvolti: gli Usa, l’Occidente, a Turchia, la stessa Cina, le industrie degli armamenti, le stesse aziende dell’energia (compagnie petrolifere, …).

     

  4. Non riuscirebbe a porre un freno, anzi finirebbe con l’essere un incentivo al principale pericolo, in prospettiva, percepibile di questo conflitto: il delirio di onnipotenza e l’autismo di un Putin circondato solo da yes man tremebondi.

 

Ma quello che ha messo, direi definitivamente, in crisi questa ipotetica road map (esilio e resa) è stata una testimonianza passata dalla Rai da parte di un ristoratore italiano, sposato con una ragazza ucraina che è rimasto a Kiev e che, intervenendo in un dibattito che discettava di trattative da avviare con Putin da parte di Zelensky, ha detto: ho una collaboratrice di Odessa che vive in casa con noi da dieci anni, affezionata alla famiglia, che mi vuole bene, ma se mi sentisse parlare di trattative con Putin la notte mi taglierebbe la gola.

 

Fuor di metafora la determinazione del popolo ucraino di difendere la propria identità nazionale non è comprimibile e rende molto difficile sostenere la tesi di non mandargli le armi per difendersi.

 

 

Questo determina l’ineluttabile conseguenza di contare migliaia di morti tra i militari, i civili, le donne, i bambini.

 

Seconda la quasi unanimità della stampa e dei commentatori la Russia è destinata inevitabilmente a vincere il conflitto perché troppo elevata è la disparità delle forze in campo.

 

Eppure il libro dei libri, la Bibbia, ci ha tramandato lo scontro tra Davide e Golia, e probabilmente non solo per raccontarci dei successi degli Ebrei e non possiamo dimenticare episodi di storia più recente come la sconfitta degli Usa in Vietnam o dei russi, prima, e degli Usa in Afganistan.

 

Non sono convinto che Putin sia inevitabilmente destinato alla vittoria.

 

Le truppe russe sono fatte da giovani ragazzi di leva che non sanno neanche perché sono lì e, se convinte da Putin che gli ucraini sono fratelli, non gli è chiaro perché debbano ammazzarli e bombardarli.

 

Non si rifiutano di combattere principalmente per paura di essere condannati alla fucilazione per diserzione (e il ricorso ai mercenari, quantitativamente poco rilevanti, conferma clamorosamente questa disaffezione dell’esercito regolare).

 

La logistica di supporto alle truppe russe è del tutto scadente (e l’Ucraina è tre volte più grande dell’Italia).

 

Il piano d’invasione previsto fallito.

 

Le truppe regolari e quelle civili ucraine sono invece assolutamente determinate e motivate.

 

Tutta la letteratura aziendale moderna ha messo in risalto come la motivazione della forza lavoro sia il principale fattore di successo di un’azienda e credo che anche in questo infausto e orribile conflitto avrà il suo ruolo.