Ci sono delle serie tv che entrano nella testa e nel cuore della gente e lì restano. Arrivano persino a diventare orizzonti di immaginazione. Ripartire poi è davvero un’impresa. L’idea stessa di riprendere le storie del mondo di Ragnar Lothbrok, personaggio simbolo di Vikings, – un vero immortale nonostante la sua morte – era all’inizio davvero quasi impensabile. Eppure Vikings: Valhalla, lo spinoff sequel, è diventato una realtà in onda su Netflix, dopo essere stato solo una fantasia e poi un progetto nella mente dei produttori. Diciamo subito che chi non conosce le vicende di Ragnar, di Lagertha, di Ivar Senzossa e di tutti gli altri personaggi di Vikings originale, si è perso una delle serie tv più belle di questo inizio di millennio. Una serie che coinvolse anche i più terribili snob, quelli che “per carità io la tv neanche sotto tortura!” Vikings però nasce da una serie di documentari storici e poi il team di produttori ed autori decisero di costruire le storie che riguardavano il mondo dei norreni che vivevano a Kattegat. Sempre dalla storia parte anche Valhalla.
DA KATTEGAT A SAN BRIZIO – VIKINGHI ED INGLESI
L’incipit delle vicende della serie coincide con l’ormai sfortunatamente noto Giorno di San Brizio, il 13 novembre 1002, quando il re anglosassone Etelredo lo Sconsigliato ordinò un massacro della popolazione danese residente sulle coste inglesi, dopo un periodo di pacifica convivenza. La Storia ci insegna che dove c’è una miccia che scatena un evento, ci sono delle reazioni che ne conseguono: una serie di rappresaglie si susseguono, portando al progressivo indebolimento della popolazione anche per via di una causa interna. L’orizzonte narrativo del primo Vikings si allarga, così, all’Inghilterra e ci si trova anche di fronte proprio ad uno scontro interno fra la cultura aborigena, rappresentata dal culto degli dei nordici – splendidamente sintetizzata nelle puntate ad Uppsala – e proprio la violenza che porta con sé la cristianizzazione, come la Storia ci insegna sempre, e le acculturazioni forzate. La progressiva cristianizzazione, infatti, determina una sfaldatura dei rapporti intestini allo stesso popolo, che si trova così a scontrarsi con una concezione tradizionalistica e una riformatrice, che intende allinearsi con gli usi e costumi delle civiltà limitrofe, portando però inevitabilmente ad un doloroso declino della cultura vichinga. In questo orizzonte narratologico si intersecano le vite di personaggi storicamente esistite ad altri che si scardinano da una visione realistica della Storia. L’alone mistico che avvolgeva la serie madre viene sostituito da quello mitico, che si frappone tra la narrazione realistica e quella reale, imponendo una visione incentrata sulla ricostruzione storica – e in particolare sulla riproposizione di figure realmente esistite – e quella seriale.
Esteticamente ci troviamo di fronte ad un prodotto davvero di alto livello, forse anche di più delle prime stagioni del Vikings di Ragnar e soci. Le sequenze di battaglia, specie quelli in terra inglese, sono davvero ad un livello incredibile. Azione mista ad una ricostruzione meticolosa che lasciano senza fiato, soprattutto perché riescono ad esprimere anche il cambiamento del mondo di “fare la guerra” che i popoli vichinghi hanno avuto da un secolo all’altro, quindi fra la serie madre ed il suo spin off.
FREYDIS E’ LA NUOVA LAGERTHA?
Narrativamente c’è un progressivo ingrandimento della trama per tutte le otto puntate della prima stagione, un progredire costante che parte da una piccola vicenda personale di due stranieri groenlandesi che per la prima volta mettono piede in Norvegia, nella mitica Kattegat. Da qui tutto si dispiega e si distende. Ci troviamo sotto la guida di Re Canuto, dalle posizioni esasperanti di Olaf riguardo la necessità di una conversione di massa al Cristianesimo soprattutto per questioni allargamento di potere, alla subdola voglia di potere di Harald. Qui Leif e Freydis, i nostri groenlandesi, cessano di essere la miccia delle vicende, ma diventano protagonisti attivi questa rete di rivincita, gloria e scontri ideologici. All’inizio sia Leif che Freydis sono spaesati, non comprendono nulla di queste dinamiche, abituati ad una vita molto più semplice, contadina e “noiosa”. Questo permette ai “vergini” della serie madre di non sentirsi terribilmente estranei alle vicende narrative. Un escamotage molto intelligente che permette di avvicinare a Valhalla molti spettatori della nuova generazioni di serial addict. I due fratelli comunque trovano subito un nuovo equilibrio. Per la bionda Freydis il riferimento ad una nuova Lagertha, personaggio che in Vikings non aveva nulla di meno rispetto alla complessità di Ragnar, è d’obbligo anche se è ancora presto, ma le premesse ci sono. Tutta la vicenda di Freydis, il viaggio da Kattegat ad Uppsala, il suo presunto destino da sacerdotessa guerriera che si deve compiere, è il faro di luce della secondo parte della stagione, che a volte si perde un po’ in dettagli complicati delle trame politiche in terra inglese. Lo stesso binario di Leif, suo fratello è importante, e mostra come i due sono e saranno i due cardini su cui ruoterà tutto il futuro della serie – anche il finale di stagione di Leif lo rende chiaro. Alla fine Vikings: Valhalla è una serie che non solo è da vedere ma che non sfigura affatto nei confronti della serie madre. Certamente non si possono fare paragoni con le storie di Ragnar perché c’è ancora tanto da fare e da migliorare, ma i margini ci sono ed ampi. Quando poi parliamo di pietre miliari nella serialità spesso ci dimentichiamo le difficoltà ed i problemi che presentavano all’inizio. Normale. E poi come dice Confucio: Meglio un diamante con un difetto che un sasso senza.
RAGNAR ED I VIKINGHI
Ambientata nel IX secolo, la serie tv Vikings racconta le avventure del grande guerriero vichingo Ragnar Lothbrok (Travis Fimmel) determinato a esplorare il mondo attraversando le acque dell’oceano. Ciò che guida il guerriero è la sua ambizione e la sua sete di conoscenza, unite alla credenza che gli dèi gli siano benevoli. Ragnar trova la resistenza della sua famiglia, la moglie guerriera Lagertha e gli altri componenti di Kattegat la città dove vive. Lui non molla e costruisce insieme a Floki, amico veggente, un nuovo tipo di imbarcazione che sarà la sua fortuna. Questo è il setting iniziale su cui Micheal Hirst ha scritto una delle serie drama giudicate migliori negli ultimi vent’anni, con una grande meticolosità storica, tanto che anche i tatuaggi che mostrano gli attori sono realizzati su disegni della cultura norrena. INDIMENTICABILE.