Il modo migliore per predire il futuro è inventarlo”

(Peter Ferdinand Drucker)

Un modesto tentativo di analizzare alcuni aspetti della società attuale, partendo da alcuni valori umani che forse oggi hanno perso significato: accoglienza, centralità delle persone, opportunità relazionali, inclusione.

Premessa

Stiamo vivendo una fase storica davvero impegnativa e faticosa, segnata negli ultimi due anni dalla pandemia e ora dalla guerra, e, forse, stiamo comprendendo che oggi è in gioco la sopravvivenza stessa di interi sistemi su questo pianeta. Questa considerazione mi ha accompagnata per tutta la durata di due manifestazioni che ho seguito – tornate in presenza dopo due anni – che si sono tenute in primavera, a Milano, a poca distanza di tempo l’una dall’altra: BIT 2022, la Borsa Internazionale del Turismo, e Fa’ la cosa giusta, la più grande fiera italiana che parla di moda critica, mobilità sostenibile, turismo responsabile, ecc.

Il senso delle cose

Prima di addentrarmi nei contenuti che mi sono prefissata di affrontare qui, vorrei ricordare il fatto che il filo conduttore di “Fa la cosa giusta” è stato la pace e tra gli incontri della manifestazione c’è stato anche quello con Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano direttore della rivista “Nigrizia” dal 1978 al 1987, vissuto in Sudan dal 1965 al 1978 e che dal 1994 al 2002 ha invece vissuto a Korogocho, una delle baraccopoli di Nairobi. Tornato stabilmente in Italia dall’aprile 2002, ha recentemente pubblicato con Feltrinelli un libro dal titolo molto significativo, “Lettera alla tribù bianca” (1), cioè a ognuno di noi. Dalla presentazione dell’editore cito “…Il mondo ‘bianco’ è attraversato ogni giorno da chi fugge dalla fame, dalle guerre e dai disastri climatici: frutto amaro di un sistema economico, finanziario e militarizzato iniquo. Il Mediterraneo, ormai, è diventato il cimitero dei ‘volti scuri’. La tribù bianca si difende con muri, fili spinati e polizia. L’egoismo, eretto a sistema, che pervade la nostra società e la nostra cultura sta devastando la Terra e gli altri popoli, devasterà anche noi stessi. Abbiamo perso l’empatia?” Secondo Alex Zanotelli “Questo rifiuto dell’altro, impoverito ed emarginato, sottintende un razzismo strisciante che pervade la tribù bianca.” Si tratta, come indicato sempre nella presentazione del libro, “di un razzismo cavalcato dall’estrema destra, nel quale l’eresia del suprematismo bianco trova le sue radici. La rapida espansione dell’estremismo di destra, anche in Italia, è forse il segno della non-coscienza di essere parte della tribù bianca e della rimozione del nostro colonialismo in Africa? Zanotelli getta luce su un intero sistema fatto di disuguaglianze, di diritti negati e di disimpegno nei confronti di una crisi climatica che coincide sempre più con un atto di violenza globale. Ma indica anche una via di speranza: è possibile incamminarsi per la strada di ‘un’umanità plurale’, che comincia con l’accoglienza dell’“altro”, ricco per me perché diverso da me”.

E un’altra persona mi ispira riflessioni potenti sul senso delle cose, Vandana Shiva, fisica quantistica ed economista militante ambientalista, che è ormai considerata la più conosciuta teorica dell’ecologia sociale, che sostiene “Questa economia fa solo profitto. Schiaccia la vita per fare soldi. Nel piantare un seme, noi reclamiamo la vita (…), semi di amore, semi di condivisione. Questo onta. Seminate i semi dell’economia della cura. Per me, il diritto umano definitivo è renderci conto che siamo parte della terra. (…) E’ la consapevolezza che siamo una sola umanità, su un solo pianeta. Questo è ciò di cui dobbiamo spargere i semi”, per usare una citazione dal libro di Angelo Miotto, “Produci, consuma, crepa” (2).

Il valore del territorio, delle persone, del tessuto sociale

Queste premesse mi offrono lo spunto per iniziare a trattare gli aspetti indicati nel titolo, e parto riprendendo un’affermazione dello scorso marzo di Giancarlo Dall’Ara (docente e consulente di marketing non tradizionale nell’ambito del turismo, presidente dell’Associazione Alberghi Diffusi, dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei, e responsabile di Chinese Friendly Italy) che mi aveva particolarmente colpita. Scriveva Dall’Ara, parlando del settore di cui si occupa: “…L’impressione è che il sistema turistico, quando si riprenderà dopo lo tsunami della pandemia e della guerra, si ritroverà cristallizzato, fermo cioè alle certezze consolidate ormai da decenni. La sfida che ci attende, a mio parere, sarà dunque quella di saper andare oltre le consuetudini, per affrontare i nuovi scenari. Chi si occupa di turismo si troverà sempre più di fronte a persone interessate a collezionare non tanto ‘prodotti’ o ‘cose’, quanto ‘momenti’ e ‘ricordi’. Il filosofo Byung.chul-han ha scritto che oggi è forte il bisogno di storie, di narrazioni che generino senso; e credo che questo bisogno diventerà ancora più forte, e per così dire più ‘orizzontale’. I viaggi e le vacanze saranno visti come l’occasione per rientrare in contatto con gli altri, più che con le cose, come sono i monumenti, i luoghi o i paesaggi. E chi si occupa di ospitalità e turismo dovrà imparare a dare la giusta considerazione, e anzi, la giusta centralità alle persone e alle opportunità relazionali.”

Infatti, com’è emerso nei vari incontri di lavoro di BIT 2022 anche quest’anno la situazione generale di incertezza a livello internazionale porta a riscoprire qualcosa che per decenni era stato dimenticato: le vacanze di prossimità (anche molto vicino a casa!) all’aria aperta, località nel verde, lontane dalla folla, tra arte, tradizione, buona cucina e relax; prossimità con fantasia, in Italia da nord a sud, con un’attenzione particolare alla sostenibilità, in ottica ancora più attenta all’ambiente, all’innovazione, alle scoperte e, aggiungo io, a una maggiore consapevolezza dell’”altro”, anche se in questo caso è un nostro connazionale. Nel corso di un convegno che affrontava il tema dei territori, si è parlato di “overtourism”, così definito dalla World Tourism Organization come “l’impatto negativo che il turismo, all’interno di una destinazione o in parte di essa, ha sulla qualità di vita percepita dei residenti e/o sull’esperienza del visitatore”.

Ma i tesori nascosti del territorio italiano hanno le potenzialità per sviluppare economia e occupazione, a patto che, prima ancora di pensare alla promozione, si creino infrastrutture e un’offerta articolata e flessibile nelle proposte. Da questo punto di vista molto interessanti si sono rivelati gli interventi del Country Manager di Airbnb e del direttore dell’agenzia toscana di promozione turistica che, in estrema sintesi, hanno sottolineato alcuni punti strategici, quali:

  • la flessibilità – in tutti i sensi – sarà il nuovo fronte per lavorare al meglio;

  • l’importanza delle destinazioni rurali, che hanno avuto un incremento di preferenze del 45% rispetto al 2019;

  • la grande novità di tutte le destinazioni più adatte allo smart working, che porta a immaginare come nuova frontiera quella rappresentata proprio dai nomadi digitali. In effetti, con il Decreto Sostegni Ter questa figura entra a pieno titolo nell’ordinamento italiano ed è riconosciuta ufficialmente anche se ormai esiste da tanti anni come filosofia di vita e modalità lavorativa, capace di sfruttare al massimo le opportunità del digitale (cit. da Il Fatto Quotidiano e da Nomadi Digitali). (3/4);

  • superamento della stagionalità e della concentrazione nei periodi luglio-agosto;

  • grandi opportunità di collaborazioni pubblico-privato attraverso le agenzie d’ambito, nei diversi aspetti dell’accoglienza;

  • abbandono dei vecchi concetti/stili del marketing del territorio in favore di un lavoro di rete tra i diversi attori presenti dal quale non emergano “cartoline” dei luoghi, ma la vita reale che nei luoghi viene condotta (anche se, su questo, purtroppo, ancora non tutte le regioni italiane sono pronte).

In merito a quest’ultimo punto, però, sono rimasta particolarmente colpita dalla presentazione fatta a “Fa’ la cosa giusta” della campagna “Scopri l’Italia che non sapevi”, la campagna “Viaggio Italiano” promossa dal Piano di Promozione Nazionale del ministero del Turismo-PPN 2020 in cui sono intervenute istituzioni ed esperti del settore turistico. Si è trattato di un evento realizzato dalle Regioni italiane con il sostegno del Ministero del Turismo e della Commissione Politiche per il Turismo della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, e durante i lavori si sono alternati gli assessori delle Regioni capofila del progetto, Emilia-Romagna, Marche e Umbria, con interventi in cui emergeva la grande volontà di portare avanti un lavoro davvero unitario e congiunto.

La spiaggia di Piscinas, Costa Verde, Sardegna

L’innovazione che ri-genera

Fare sviluppo locale oggi significa trasformare lo spazio (territorio) in azione sociale per generare (ri-generare) fattori di crescita e di eguaglianza sociale, coinvolgendo il territorio ed i suoi capitali: economico, ambientale, sociale, istituzionale, culturale.

Ricordo qui uno spunto fornito da Mariella Amisani, presidente del GAL Linas Campidano (Sud Sardegna), da me intervistata qualche tempo fa per il quindicinale “La Gazzetta del Medio Campidano (5). “(…) Altro obiettivo ambizioso per noi, ma necessario, è anche quello di trasformare il GAL in una vera e propria agenzia per lo sviluppo, per far si che le spinte provenienti da questa istituzione restituiscano senso di responsabilità e dignità in particolare alla figura di imprenditore, che non deve sentirsi solo un ‘oggetto’ passivo di interessi e/o di finanziamenti a pioggia, ma ‘soggetto’ di cambiamento, che deve assumere su di sé l’impegno e l’onere di affrontare al meglio anche le situazioni di crisi, nelle quali sarebbe necessario saper osare, con un’apertura verso il nuovo e le innovazioni.” E questo è ancora più vero oggi, come stiamo vedendo, alla luce degli avvenimenti globali. Occorre essere consapevoli che questa fase deve essere comunque utilizzata per nuove iniziative di “ricostruzione continua, soprattutto per i giovani.

Nel corso di uno degli aventi della BIT è stato affermato che “Lo sviluppo locale accende le comunità ed è un processo di mobilitazione e attivazione di tutta la comunità, di mobilitazione e attivazione di tutte le risorse presenti in un territorio, e lo stesso territorio è non solo la delimitazione di uno spazio geografico, ma il risultato di una complessa interazione di relazioni di varia natura (sociale, culturale, economica, ecc.) formali ed informali, orientate al mercato ma anche al soddisfacimento dei bisogni di chi quel territorio lo abita.

Per questo motivo su tutto il territorio nazionale si guarda al Pnrr con grande interesse e anche alla possibilità di costruire importanti reti d’impresa territoriali per un reale sviluppo circolare, tenendo conto dell’importanza del fatto che ai luoghi interessati dal turismo di prossimità si offre una prospettiva di grandissimo respiro, ma di altrettanto elevata complessità nella concessione di fondi, all’interno della quale la sinergia tra attori pubblici e privati è strategica (le famose tre P, partenariato pubblico-privato, la miglior forma di cooperazione tra soggetti pubblici e privati), per raggiungere l’obiettivo di finanziare, costruire e gestire infrastrutture o fornire servizi di interesse pubblico. La grande scommessa è, dunque la creazione di una rete collaborativa intersettoriale, il collegamento con l’insieme del territorio e il “fare sistema”, non cadendo nella tentazione di offrire la singola camera e/o altro servizio, senza alcuna reale regia, il che costituirebbe quella che è stata definita una “terapia del territorio”, nella quale anche l’agricoltura, ma le intere comunità, in realtà, hanno ruoli fondamentali. In estrema sintesi, nel corso dei lavori di un incontro dedicato è emerso che il Piano rappresenta un’occasione irripetibile, anche se il livello di condizionalità è alto e i piccoli comuni più di tutti non sono preparati all’attività di progettazione, soprattutto per mancanza di risorse e per i tagli nelle piante organiche. E’ stato anche ricordato che Il piano è una delle migliori norme degli ultimi 32 anni e si rivolge a tre aree davvero strategiche (lavoro per i giovani, parità di genere, aree svantaggiate), ma occorre superare l’incapacità – ahimè tutta italiana – a utilizzare adeguatamente i fondi europei, un problema enorme degli ultimi 30 anni, il cui costo tangibile è la perdita dei fondi.

La socialità e la condivisione nella pratica quotidiana, due esempi

E dopo aver analizzato “il generale” direi di entrare più nel dettaglio, conoscendo due realtà lontane fisicamente tra di loro, ma molto vicine per obiettivi e pratiche quotidiane. La prima di cui parlerò diffusamente, avendo intervistato la fondatrice e attuale presidente, Cristina Dedé è l’Associazione Costa Sorriso (www.costasorriso.it), e la Cooperativa collegata, con attività a Cassano Valcuvia, un comune di 646 abitanti della provincia di Varese, in Lombardia, situato lungo la Valcuvia, a lato della strada che porta a Luino, centro piuttosto noto sul Lago Maggiore.

L’altra realtà, della quale faccio qui solo accenno, perché ne parlerò più diffusamente in un prossimo articolo, è L’Ecole de Madame Foile (https://www.madamefoile.it/), che si trova a Villacidro, un comune italiano di 13.278 situato nel Medio Campidano, nella provincia del Sud Sardegna. Fondata nel 2012 dalla sua ideatrice Veronica Usula, vera artista della tessitura, è attualmente un’Associazione di Promozione Sociale nata dal bisogno di ricomporre un tessuto sociale che in tutto il territorio del Medio Campidano ha subito forti lacerazioni dal punto di vista ambientale economico e umano. L’intera attività dell’Associazione poggia sul principio del “fare collettivo” per includere il più grande numero di soggetti e componenti dell’esistenza; comprende e combatte così l’esclusione in ogni sua forma, attività e obiettivo coltivato e curato da donne che vivono disturbo mentale. Ma su questo progetto, come ho scritto, torneremo presto.

L

‘Associazione Costa Sorriso

La chiacchierata con Cristina Dedé, socia fondatrice dell’associazione e della omonima Cooperativa e dal 2019 presidente della stessa, ci permette di conoscere l’ambizioso obbiettivo della stessa: coniugare ristorazione, solidarietà, formazione e opportunità di lavoro per persone con disabilità, in un territorio “periferico, la Valcuvia, sopra il Lago Maggiore. Vale la pena ricordare che il Lago Maggiore rappresenta una delle destinazioni lombarde più amate e apprezzate da tanti viaggiatori stranieri, in particolare tedeschi, che in molti casi hanno scelto di acquistare casa in alcune località, anche defilate dai percorsi più conosciuti, per viverci stabilmente o comunque gran parte dell’anno. Questo a conferma che il nostro paese è in grado di offrire, pur con manifestazioni “irregolari” sul territorio italiano sistemi di accoglienza e di inclusione di grande spessore e di sicura innovazione.

Cristina svolge la libera professione di veterinaria da 30 anni in uno studio associato ed è madre di due figli, uno dei quali, Andrea, ha la sindrome di down. Impegnata da sempre in attività sociali relative all’inclusione, stimolata anche dalla propria esperienza personale e familiare, nel 2012 ha deciso di dare vita all’Associazione, insieme a un’altra famiglia e a due insegnanti di sostegno del Centro di Formazione professionale, una delle quali le faceva notare che tutti i ragazzi (e sono all’incirca una decina all’anno) dopo aver acquisito specifiche competenze, una volta finita la scuola non avevano sbocchi, vanificando così tutto l’impegno e gli sforzi profusi in quel tipo di percorso.

Da qui, quindi, la decisione di partire con un’attività che potesse avere anche degli sbocchi commerciali, la coltivazione della lavanda, fondando l’associazione, autotassandosi per acquistare 400 piante di lavanda da coltivare in un terreno dato in comodato d’uso gratuito. Pur non essendo la situazione particolarmente favorevole (terreno raggiungibile solo a piedi, scalinata di 400 scalini, ecc.) l’attività per alcuni anni ha funzionato, con la produzione di sacchettini contenenti la lavanda, mentre il resto della produzione veniva venduto a un laboratorio di fito-cosmetica. Naturalmente in questo contesto il grande valore erano l’attività di socializzazione e quella occupazionale-lavorativa, ma presto ci si era resi conto che l’attività era limitata, a causa del ciclo breve e, di conseguenza, durante l’anno per i ragazzi non c’era abbastanza da fare. Inoltre, l’assetto associativo era limitante.

A fianco dell’Associazione, anche una Cooperativa

Ed è stato a questo punto che è avvenuto il primo “salto” perché due dei ragazzi, nel frattempo, avevano terminato la scuola e potevano essere assunti regolarmente in un’azienda per lavorare. Non solo, potevano essere i soci fondatori di una cooperativa con il 30% delle quote come soggetti svantaggiati, secondo quanto previsto dalla normativa. Nel frattempo, proseguivano da parte dell’Associazione sia le attività di produzione e commercializzazione della lavanda (incrementando i prodotti, per esempio, con il confezionamento di bomboniere) sia quelle di pulizia e manutenzione delle spiagge di Maccagno (dove c’è sede legale). Era anche stato attivato un percorso, in questo caso di volontariato, presso il circolo Acli, come baristi e in cucina (un giorno alla settimana i ragazzi preparavano del cibo che veniva offerto ai soci del circolo).

E dopo un anno di quest’ultima esperienza, l’idea di un nuovo progetto. Perché non mettere a frutto le competenze acquisite in cucina e intraprendere un’attività nel settore della ristorazione? E’ così che nel 2015 è nata la cooperativa. Nel 2016 venuti a conoscenza della disponibilità di un locale a Cassano Valcuvia e del fatto che l’allora sindaco era intenzionato a metterlo a disposizione per scopi sociali, il passo successivo è diventato facile, anche perché i ragazzi avevano avuto un alto indice di gradimento da parte delle persone delle persone che li avevano conosciuti nel Circolo Acli. L’assegnazione del locale è avvenuta dopo la partecipazione al bando, tutti i soci si sono attivati per la sistemazione e i lavori necessari (imbiancatura, arredi, ecc.), e da settembre 2016 il Grotto del Sorriso accoglie i clienti il sabato e la domenica. I due ragazzi assunti sono stati Andrea e Alberto, mentre nel frattempo sono arrivati anche altri ragazzi inseriti sia per progetti di inclusione sociale sia di alternanza scuola-lavoro.

 

        

Il ristorante “Il Grotto del Sorriso”

Purtroppo ci sono poi stati gli anni 2020 e 2021, con le attività praticamente sospese, ma con l’ideazione di altri percorsi socializzanti attraverso Zoom, come, per esempio, corsi online. Contemporaneamente, in quel periodo l’Associazione ha dato inizio a un progetto di aggregazione e socializzazione per ragazzi con disabilità anche lievi e con un certo livello di autonomia, per creare un gruppo chiamato “Mai più soli”, che ha organizzato incontri una volta alla settimana, con giochi da tavolo, servizio bar, un progetto andato talmente a buon fine che ormai molti di quei ragazzi escono in autonomia, ecc.

Dopo due anni di pandemia, la nuova sfida: il “Negozietto solidale”

Ma, ancora una volta, l’attività rimaneva limitata sia per le poche giornate di lavoro settimanali sia per le possibilità numeriche di inserimenti. E poiché nel frattempo erano state sperimentate attività di laboratorio alimentare in collaborazione con l’Asilo Mariuccia (una struttura che ospita minori) del vicino paese di Porto Valtravaglia per la produzione di confetture, composte di cipolle e altri prodotti simili e si era saputo che a Cassano Valcuvia erano disponibili dei locali per un negozio…ecco la nuova sfida: averlo, per poter sviluppare il laboratorio alimentare e avviare un vero e proprio punto vendita. Il bando a cui la cooperativa ha partecipato prevedeva la gestione del negozio e la contemporanea apertura del Centro Documentale Frontiera Nord Linea Cadorna e così, a febbraio 2022, è stato deciso di dare vita, come Cooperativa, al “Negozietto solidale”, con prodotti alimentari freschi a km 0, che con la sua apertura tutte le mattine, da martedì a sabato, garantisce un punto di riferimento per il paese, nonché la produzione di pasta fresca per due Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) della zona. La cooperativa inoltre ha partecipato come partner della Coop La Ginestra per il bando “Coltivare valore” di Fondazione Cariplo che vedrà i ragazzi impegnati nella trasformazione di piccoli frutti ed erbe officinali. Questo nuova sfida rappresenta una grande opportunità per i ragazzi per un lavoro di autogestione e di vera inclusione, tanto che tutti insieme lavorano un ragazzo nigeriano, che è aiuto-cuoco, Elena, ipovedente e vice-presidente della Cooperativa, che è l’addetta alle vendite molto attiva e molto comunicativa, un ragazzo in tirocinio extracurriculare, più altri due ragazzi in tirocinio inclusivo. Senza dimenticare, naturalmente, la stretta collaborazione con le due guide ambientali che hanno vinto il bando e che organizzano tutte le attività relative al Centro Documentale. Insomma, una rete sinergica e ben organizzata, nonostante una serie di difficoltà oggettive, la prima delle quali il fatto di essere un pochino defilati rispetto ai percorsi più battuti di quella zona del lago.

               

Al “Negozietto solidale”

Tra le molte difficoltà affrontate in questi anni”, ricorda Cristina, “quella che mi risulta più faticosa è l’avvicinamento delle famiglie al nostro progetto (è sicuramente meno complicato un inserimento in un centro diurno con attività e orari più strutturati) oltre che l’atteggiamento talvolta poco collaborativo da parte delle famiglie dei ragazzi inseriti, che non si sentono particolarmente coinvolte nel progetto educativo che riguarda i loro figli, forse perché io stessa sono un genitore e non una figura professionale, senza rendersi conto che con l’impegno ed il sostegno reciproco si potrà sviluppare al massimo l’autonomia dei ragazzi con disabilità nella realizzazione del loro progetto di vita, anche in vista dell’invecchiamento di noi genitori…e non solo”.

Altro punto di debolezza è la difficoltà di un reale lavoro di rete tra il NIL, il servizio territoriale di secondo livello che valuta le capacità e le potenzialità lavorative di persone segnalate dai servizi sociali comunali e da altri servizi specialistici dell’Ambito distrettuale e che dovrebbe progettare e realizzare interventi personalizzati a loro favore, e le altre entità che dovrebbero/potrebbero collaborare a migliorare la progettualità in questo ambito. Secondo Cristina “Un progetto come quello che stiamo portando avanti noi dovrebbe servire come progetto-pilota sul territorio, e raccogliere anche l’adesione da parte delle aziende, ma ci rendiamo conto che nel corso degli anni tutto ciò che di innovativo era contenuto nella grande riforma socio-assistenziale del 2000, la famosa legge 328, familiarmente chiamata Legge Turco, è andato via via perdendo significato e oggi ci si sofferma molto di più su aspetti di tipo burocratico, piuttosto che sui contenuti reali e gli stessi servizi territoriali faticano a collaborare”.

Ma, come ci ha ricordato Cristina, in un ambito come quello dell’inclusione sociale è invece proprio grazie alla flessibilità e alla capacità di fare verifiche e aggiustamenti continui, che si possono creare visioni di sviluppo a breve e medio tempo di ogni singola iniziativa.

Perché, in definitiva, il realistico obiettivo che la Cooperativa Costa Sorriso si pone, giustamente, è un processo di autonomizzazione completa da parte dei ragazzi, perché già ora sono in grado di farlo molto bene.

Questo è il significato vero di inclusione.

NOTE

(1) A. Zanotelli, “Lettera alla tribù bianca”, Milano, Feltrinelli, 2022

(2) A. Miotto, “Produci, consuma, crepa”, Manuale di resistenza e cambiamento, Milano, Altreconomia Edizioni, 2022

(3) https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/18/il-nomade-digitale-entra-nel-nostro-ordinamento-ecco-le-regole-per-i-remote-worker-di-paesi-esteri/6530419/)

(4) https://www.nomadidigitali.it/viaggio-e-destinazioni/italia-destinazione-per-nomadi-digitali-non-perdiamo-questa-grande-occasione/

(5) https://www.lagazzettadelmediocampidano.it/reti-progettuali-e-operative-durature-per-promuovere-la-tenuta-economica-e-sociale-dei-territori/