Nel mondo l’Italia viene considerata come un museo a cielo aperto, qualsiasi parte del Paese si visita ci si imbatte in tesori d’arte straordinari, l’Italia come fucina di un saper fare innato, “coltivato” nelle botteghe, legato ai territori, alle materie prime che si aveva a disposizione, alle tradizioni storico/religiose dei luoghi.
L’Arte popolare non si può confondere con l’Arte, quella senza attributi, la quale non fornisce che prodotti unici e irripetibili; ma presuppone al contrario, la ripetizione, il numero di oggetti tra loro quasi uguali e quasi lavorati in serie.
La “catena” di lavoro, prima di fare la sua apparizione nella produzione industriale, è stata la caratteristica dell’artigianato arte popolare , artigiano e colui che produce personalmente oggetti, ripetendoli in definitivamente e adattando forme essenziali di un modulo originale, sia esso tradizionale che di recente invenzione, spesso con l’aiuto di un apprendista.
Un’Arte popolare portata avanti da Persone che scelgono una strada non facile, persone alle quali si richiede abilità e perizia, continuamente “nutrite” dall’esperienza. Persone con caratteri molto forti, che amano il bello e la sperimentazione, ancora in grado di emozionarsi mentre creano un’altra opera, che non hanno paura della competizione.
Questa umanità la ritroviamo quando abbiamo di fronte, i vasi greci, i legni scolpiti e dipinti di Sicilia, i tessuti della Sardegna, le trine di Venezia, i “cocci” i “rami”, tutti questi oggetti sono opere d’Arte artigiane, conservano, ognuno, con gradazioni diverse, una propria singolarità; ma ognuno di questi oggetti con l’andare del tempo, moltiplicandosi, diventa una idea, un simbolo, un vessillo, che entra a far parte del nostro modo di pensare, delle nostre abitudini, di quello che è alla base della civiltà dell’uomo.
L’artigianato Arte popolare può contare sulle sue aree geografiche e sulle sue scuole, che nella loro diversità contribuiscono a dar vita ad un processo comune con caratteristiche peculiari non riscontrabili con quanto è presente nel resto dell’Europa. Queste scuole hanno il compito di trasmettere il loro sapere alle nuove generazioni. Queste scuole hanno il compito di tramandare tecniche figlie di competenze uniche escogitate in botteghe da artigiani durante le fasi di lavorazione.
In Italia lo stato ha sempre difeso questo nostro patrimonio, attraverso l’azione dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Lo stesso non si può dire del sistema culturale a fondamento della società moderna tutto centrato sul digitale e l’automazione, che ha relegato il maestro artigiano nel limbo dei ricordi dei tempi andati.
L’ultima grande iniziativa per “rinsaldare” le conoscenze e le competenze dei maestri artigiani risale ai primi anni 80’ quando l’Associazione Cristiana Artigiani Italiani di concerto con il Fondo di Rotazione del Ministero del Lavoro e con il contributo del nascente Fondo Sociale Europeo diede vita ad un grande progetto a sostegno dei mestieri che rischiavano di scomparire, come: “Ricamo e Merletto”, “Lavorazione e Decorazione della Pelle”, “Lavorazione e decorazione Ceramica”, “Lavorazione e Decorazione Rame e Ferro Battuto”, “Intarsio”.
I corsi si tennero in territori dove la vocazione si tramandava da secoli.
I corsi di “Ricamo e Merletto” si tennero nei Comuni di Bosa, Oristano,Tagliacozzo, Sorrento, Positano, Meana,Taormina, Noto.
I corsi di “Lavorazione e Decorazione della Pelle” si tennero nei Comuni di Solofra e Aversa.
I corsi di “Lavorazione e Decorazione della Ceramica” si tennero nei Comuni di Oristano, L’Aquila, Vietri, Sessa Aurunca, Santo Stefano di Camastra, Erice, Caltagirone.
I corsi di “Lavorazione e Decorazione Rame e Ferro Battuto” si tennero nei Comuni di Isili, Portoscuso, Avezzano, Foglianise, Giardini Naxos, Caltanissetta.
I corsi di “Intarsio” si tennero a Sorrento e Palermo.
Personalmente ho alcuni ricordi indelebili di quella esperienza.
Il “Ricamo” come una pittura fatta con l’ago. Si intravede una corrispondenza ideale di immagini, di voli, di sentimenti tra ciò che si forma con l’ago sul lino e sulla seta e ciò che i poeti e i musicisti tracciano con la penna sulla carta.
Il “Merletto” così denominato per le punte della guarnizione che ricordano le merlature architettoniche. Si tratta di un tessuto che si ottiene cucendo, annotando, intrecciando fili di ogni sorta: d’oro, d’argento, di seta di cotone, ma più spesso di lino.
A Isili un maestro artigiano prese una lastra di rame, cominciò a batterla finché non venne fuori un tegame, poi prese una barretta di rame la lavorò e ne vennero fuori i manici, dopo aver forato con un punteruolo il tegame arrotolò degli sfrisi di lavorazione del rame ci congiunse i manici al tegame li battè e divennero dei chiodi. Sembrava tornare millenni indietro quando ancora non c’era l’era del ferro.
A Caltagirone dove dei maestri artigiani insegnavano agli allevi come si facevano i colori una volta quando non c’era l’industria chimica, in una fucina per 24 ore venivano liquefatti metalli base necessari a formare i vari colori tipici della ceramica locale.
Questa capacità italiana va preservata, diffusa e tutelata, come parte integrante del fascino del nostro Paese. A questo contribuiscono tutta una serie di scuole di eccellenza di settore con il compito di trasmettere tramandare i saperi alle nuove generazioni., da Spilinbergo, a Murano, a Caltagirone, a Scandicci, a Cremona, ecc.
Il sistema produttivo italiano negli ultimi anni ha dato dimostrazione di essere interessato solamente ai risultati trimestrali aziendali, mettendo da parte settori come quelli oggetto del nostro interesse, ritenendoli residuali, forse è il caso che all’artigiano artistico venga riconosciuta una normativa che tenga conto della complessità del settore e le sue peculiarità, che non sono soprattutto legate alla produttività e ai guadagni sostanziosi , una ipotesi potrebbe essere quella di prendere in esame la normativa francese.
Tutti ci auguriamo che la società post moderna rimettendo al centro la persona, il lavoro, le competenze, sia cosciente che una stampante 3D è utile dove non c’è un maestro artigiano.