Francesca Cipriani riceve 105,2 mila euro. Aris Espinosa 104 mila più un appartamento. Eleonora De Vivo, 170,5 mila. La sua gemella Concetta 209,5 mila. Le “meteorine” Manuela e Marianna Ferrera 114,5 e 97,5 mila euro più l’affitto e un’auto. Barbara Guerra, 235 mila. Iris Berardi 147,5 mila più un bilocale a Milano 2 e contratti per programmi tv mai fatti per 60 mila euro. Barbara Faggioli 183 mila più l’affitto di un appartamento a Roma e uno alla Torre Velasca di Milano. Marysthell Garcia Polanco 142,5 mila più l’affitto di una casa a Milano 2 e contratti di lavoro simulati per 125 mila euro. Alessandra Sorcinelli riceve non meno di 237,5 mila euro, più la villa di Bernareggio da 800 mila e una Bmw.
Quattro olgettine, Elisa Toti, Aris Espinoza, Ioana Visan, Marysthelle Polanco, dichiarano, al processo Ruby Bis, di ricevere uno stipendio mensile di 2.000-2.500 euro al mese (nette, non è chiaro per far che).
E poi, lei, la “nipote illustre”. Più di tutti Berlusconi ha pagato Karima El Mahroug, in arte Ruby.
In una intercettazione col fidanzato Luca Risso parlò a lungo di una telefonata con Berlusconi «Ai pm ho detto tante cose, perché ero davanti all’evidenza. Ma ne ho nascoste anche tantissime…Gliel’ho detto chiaro (a Berlusconi, ndr)… che io posso passare per tutto quello che vuole: per prostituta o per pazza. L’importante è che ne esco con qualcosa…». Ne esce con almeno 7 dei 10 milioni di cui i pm hanno trovato le tracce.
Fatti chiari, amicizia lunga
L’inizio di questa riflessione sull’etica può apparire eccessivamente pignolo, sicuramente noioso. Ma “i fatti” devono essere chiari. I megatoni della bomba nucleare che vengono scaricati sulla credibilità dello Stato devono essere evidenti.
Non bastava affermare genericamente che Berlusconi pagava delle giovani ragazze perché non si prostituissero (con altri) o per evitare che raccontassero esattamente in che cosa consistessero le “cene eleganti” e in cosa si differenziassero dai “bunga bunga”.
Risultato (per ora). Assolto. «Perché il fatto non sussiste».
Si scatena la gazzarra.
Riscrivere la cronaca invece di raccontarla
La pattuglia berlusconiana dentro la politica e quella parallela dentro il “giornale unico” straparlano di “calvario” inflitto a Silvio Berlusconi, evocano undici anni di “sofferenze”, condannano il “fango” che gli è stato gettato addosso. Mattia Feltri sulla Stampa straparla ancora di “Stato etico”, come se il processo fosse sui comportamenti sessuali di Berlusconi, e non invece sulla concussione sui funzionari della Questura di Milano, pressati per far liberare la “nipote di Mubarak”, e la corruzione in atti giudiziari, per aver pagato almeno 10 milioni di euro per far mentire i testimoni davanti ai giudici.
«Mio padre è l’uomo più perseguitato del mondo, con 86 processi e più di 4.000 udienze», ha commentato Barbara Berlusconi. «È un processo surreale, che nemmeno doveva cominciare».
Solo Marina Berlusconi, presidente di Fininvest, incappa in un lapsus freudiano «Certo, la soddisfazione è grandissima, e il fatto che la giustizia riconosca finalmente la verità è importante, ma è una vittoria che ha avuto un prezzo troppo alto».
Probabilmente non voleva riferirsi al contante.
Il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia, ha stilato una nota che spiega il dispositivo e svela il cavillo.
L’assoluzione è arrivata per “ragioni di carattere esclusivamente giuridico”, spiega Roia.
I fatti restano accertati: Berlusconi ha pagato profumatamente i testimoni, tra cui una ventina di ragazze, assidue frequentatrici delle feste di Arcore, per farli mentire ai giudici. E i testimoni hanno incassato (spesso premendo per alzare il prezzo) e, poi, mentito sotto giuramento.
Ma i reati (falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari) non scattano, almeno secondo il collegio presieduto da Marco Tremolada, perché chi ha preso i soldi e mentito non poteva essere considerato testimone, ma doveva essere ritenuto imputato di reato connesso.
Se era imputato aveva diritto di mentire (e così sparisce il reato di falsa testimonianza).
Se non era testimone non era neppure pubblico ufficiale (dunque evapora anche il reato di corruzione in atti giudiziari).
Due sono le riflessioni che nascono.
La prima riguarda l’etica della comunicazione.
La seconda l’etica dello Stato e la crisi della democrazia.
L’etica della comunicazione.
Il festoso godimento con cui nove decimi della stampa hanno celebrato l’assoluzione di Berlusconi e dei suoi 28 falsi testimoni prezzolati, raccontando che le prove erano inventate e non era successo niente.
Di nuovo, l’ennesimo tradimento di una professione molto più sputtanata e più prezzolata della prostituzione.
Certo, spiega Marco Travaglio, «umanamente è comprensibile: per 40 anni il delinquente incallito e impunito non solo ha violato buona parte del Codice penale, ma ha pure comprato mezza Italia per nascondere i suoi delitti: giudici, finanzieri, complici, testimoni, politici, dirigenti tv, giornalisti, intellettuali»… «perché si prendessero le colpe e le condanne al posto suo senza fiatare».
Per le ultime due categorie (giornalisti, intellettuali), perché coprissero le sue (di B.) vergogne coprendosi di vergogna.
Mantenere un comportamento etico per chi fa comunicazione è diventato realmente difficile perché chi comunica è al soldo di interessi molto forti, il più povero dei quali è “l’interesse generale”, probabilmente l’unico che consente di sviluppare una “comunicazione etica”.
D’altronde ci sarà un motivo se otto dei primi dieci quotidiani nazionali (che non sono un grande affare economico se si guarda ai loro bilanci) non sono proprietà di editori ma di gruppi industriali o economici.
L’etica dello Stato e la crisi della democrazia
Il principio giuridico utilizzato (dopo la moral suasion del governo Meloni che il giorno precedente alla sentenza ha ritirato lo Stato italiano da parte civile) è semplice.
Se sei testimone hai l’obbligo di dire la verità (altrimenti è falsa testimonianza); se sei imputato puoi mentire.
Le confessioni sono avvenute da parte di testimoni che, come conseguenza della verità testimoniata, sono diventati imputati (con il diritto di mentire).
La pubblica accusa (e anche la parte civile presidenza del Consiglio, poi zittita dal governo Meloni alla vigilia della sentenza) ha tentato di spiegare che i testimoni sono diventati imputati soltanto quando i dubbi sui pagamenti si sono trasformati in certezze.
E’ un cavillo giudiziario straordinario.
Una sentenza carnevalesca secondo alcuni giornalisti ma in realtà la strada è aperta per tutti. Si è spalancata una cloaca massima.
Ogni testimone potrà chiedere soldi all’imputato su cui deve testimoniare, magari avendo l’accortezza di confessarlo, il giorno prima di andare nell’aula di giustizia; così perderà la qualifica di testimone e di pubblico ufficiale, i reati svaniranno come per incanto e potrà anche tenersi i soldi della corruzione.
Prima di questa sentenza, davanti a un qualunque imputato “normale” accusato di aver pagato testimoni per farli mentire ai giudici, quale tribunale avrebbe mai cercato il cavillo per salvarlo?
Una sentenza che mi richiama alla mente due “immagini”.
Debole con i forti e forte con i deboli.
La prima riguarda il video trasmesso in mondovisione dell’arresto di Matteo Massimo Denaro.
Durante la trasmissione, si è visto un piccolo frammento video (rubato, e non a favore di telecamera) della “traduzione” nell’auto delle forze dell’ordine, dell’autista dello “stragista” (allocuzione scelta dal sistema mass-mediatico economico per caratterizzare l’esecrazione del mafioso latitante).
L’uomo, l’autista, era ammanettato e si trovava fra due nerboruti carabinieri.
Esattamente il contrario di come è stato “tradotto” in auto “lo stragista” (a favore di telecamera, con una gentile donna carabiniere e, soprattutto, senza manette, ma con quel tocco di machismo che deve tranquillizzare il popolino rappresentato da un carabiniere che l’aspettava seduto in auto con abbigliamento e attrezzatura da navy seal in procinto di compiere un blitz notturno all’interno di un bunker nemico).
Immagini più icastiche che etiche, che da una parte mi hanno confermato nella mia convinzione che il mafioso più ricercato d’Italia avesse concordato l’arresto per garantirsi gli ultimi mesi di vita con un’assistenza sanitaria adeguata (a carico della sanità pubblica).
Dall’altro, per un errore del comunicatore, per descrivere efficientemente, ma inconsapevolmente, lo stato in cui versa il nostro disgraziato Paese.
Debole con i forti e forte con i deboli.
A conferma che il detto del Marchese del Grillo (“Io so’ io, e voi nun’ siete un…” ) è intramontabile.
Una follia giuridica
La seconda immagine mi ha ricordato espressioni come Verba volant, scripta manent (le parole possono essere dimenticate, ma quando sono scritte rimangono indelebili). Ubi maior, minor cessat (quando c’è una cosa più importante, quelle meno importanti è come se non esistessero). Excusatio non petita, accusatio manifesta (scusa non richiesta, accusa manifesta).
Si tratta di “brocardi” ovvero di massime, il più delle volte in latino, con cui si esprime un principio giuridico.
In particolare mi ricorda un brocardo che si cerca di non diffondere troppo: iudex de albo facit nigrum et aequat quadrata rotundis, naturalia sanguinis vincula et falsum in verum mutat (il giudice cambia il bianco in nero, eguaglia le cose quadrate a quelle rotonde, trasforma i vincoli di sangue naturali e il falso in vero).
Una leadership si basa sul rispetto.
La sua potenza persuasiva sulla credibilità di chi la esprime.
Questa è la principale ragione affinché sia riconosciuta una leadership. Credibilità, moralità, trasparenza, tutti ingredienti che alimentano il rispetto.
Affondare la credibilità dello Stato
In Italia mentire alla Giustizia è un diritto, nei Paesi civili è un crimine. In Italia era vietato pagare i coimputati affinché mentano.
La sentenza del collegio di 3 giudici presieduto da Marco Tremolada (evitiamo reticenze sui nomi di chi assume certe decisioni) ha “ignorato” 2 gup, 3 giudici d’appello, 8 collegi di giudici e 9 giudici delle sezioni unite di Cassazione che avevano stabilito il contrario. In sintesi 32 giudici smentiti dagli ultimi 3.
Siamo di fronte a un delirio contenutistico e di follia giuridica da rendere questa sentenza tanto apprezzata dai giornalisti del giornale unico quasi una geniale contemporaneità del nonsense
Perciò indignarsi è inutile.
Come conclude (sarcasticamente?) Marco Travaglio «Meglio approfittarne: se delinquere e poi pagare testimoni e complici per fregare i giudici non è più reato, diamoci da fare».
«Mio padre è l’uomo più perseguitato del mondo, con 86 processi e più di 4.000 udienze» pensa, e non si limita a pensarlo ma lo afferma pure, Barbara Berlusconi. Perseguitato, ok! Ma fatti anche una domanda.
Assolto. «Perché il fatto non sussiste». sostiene il collegio presieduto da Marco Tremolada.
Dentro di me sono convinto che non c’è un italiano in tutto il Paese che, in cuor suo, con affetto o con orrore, ritenga che Berlusconi non abbia distribuito questi dieci milioni per ottenere testimonianze a suo favore.
Se questo è vero, affermare, da parte della magistratura, che il fatto non sussiste è un’autentica bomba nucleare sulla credibilità dello Stato.
“L’orgoglio di fare (male)”
“L’orgoglio di fare”.
Con sprezzo del ridicolo e, forse, anche del pericolo, i manifesti elettorali che hanno ricandidato Attilio Fontana alla presidenza della Regione Lombardia esibiscono impunemente la sua faccia di bronzo, anzi di latta, insomma di tolla, di fianco a questa dichiarazione.
“L’orgoglio di fare male”, corregge mentalmente ogni passante in ricordo dei disastri combinati da Fontana durante l’emergenza Covid.
E’ stato rieletto!
Mentire, mentire, mentire!
Mentire è la regola della comunicazione della signora Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni. Ad esempio sul Superbonus del 110%. In una delle ultime uscite sui social, in difesa di un atto di governo inviso al suo elettorato Meloni ha sostenuto che il Superbonus è costato finora 105 miliardi alle casse pubbliche: «Non è affatto vero che questa misura è gratuita», ma ha già scaricato quasi 2.000 euro sulle spalle di ogni cittadino, «incluso chi non ha una casa, inclusi i senzatetto e i neonati».
E, ancora, “Ci sono state moltissime truffe, circa 9 miliardi di euro».
Mentire, mentire, mentire, dunque è il principio a cui si attiene il Governo italiano per voce della sua massima carica esecutiva, quando comunica con i suoi cittadini.
Tanto per non insultarla oltre l’indispensabile bisogna evitare di sottolineare che difficilmente i senza casa (e i neonati) hanno un reddito tale da poter versare delle tasse e quindi, per effetto di una banale sequenza logica, il Superbonus non gli è costato nulla.
“Casalinga di Voghera” è un’espressione idiomatica del lessico giornalistico e, in particolare di quello del marketing, con cui s’indica un’immaginaria casalinga della piccola provincia, la cui figura rappresenta uno stereotipo della fascia della popolazione italiana piccolo borghese, con un grado di scolarità particolarmente basso e con un’occupazione non presente o di livello umile.
In Germania si dice Schwäbische Hausfrau (casalinga Sveva). In Italia, al maschile, potrebbe andare signor Rossi.
I conti della Patria in mano alla casalinga di Voghera.
Affermare che il Superbonus è costato quasi 2mila euro a testa e finirla lì sono calcoli che farebbero arrossire di vergogna anche la nostra cara casalinga di Voghera.
Volendo essere buoni si dovrebbe definirlo un espediente retorico senza alcun valore e non una saggia valutazione economica sulla quale vengono definiti i conti che determineranno il futuro (felice o desolato) della Patria (e dei patrioti) effettuata da un competente “Signore Presidente del Consiglio”.
Per Nomisma, dal greco “il valore reale delle cose”, un famoso centro studi che realizza ricerche di mercato e consulenze attivo da più di 35 anni, il bilancio del Superbonus 110% è tutt’altro che negativo, sia sul piano economico sia sociale che ambientale.
Per ogni euro dei 71,8 miliardi di fondi pubblici investiti nella misura, lo Stato ha attivato quasi 3 euro di investimenti (l’impatto è stato di 195,2 miliardi), sono stati creati quasi un milione di posti di lavoro, gli edifici ristrutturati hanno tagliato le emissioni di CO2 del 50% e le famiglie beneficiare hanno ridotto le bollette tra il 30,9% e il 46,4%. Tanto che in 4 o 5 anni lo Stato rientrerà della spesa, grazie ai maggiori incassi di imposte e tasse realizzate per l’aumento del Pil.
Diverso è il caso delle truffe, dove i dati esistono ma non tornano con quelli della premier. L’ultimo conosciuto l’ha fornito il dirigente della Guardia di finanza, Marco Thione, in audizione al Senato il 16 febbraio, proprio nel giorno in cui il governo approvava il decreto.
I crediti fiscali edilizi oggetto di frode sequestrati ammontano per ora a 3,7 miliardi. A maggio scorso, il comandante della Gdf, Giuseppe Zafarana, aveva chiarito che il totale delle frodi si ferma a 5,6 miliardi: si tratta però di una stima, che ingloba anche 2 miliardi di crediti ormai “già monetizzati”.
Dove ha preso allora Meloni il numero di 9 miliardi?
Nessuno lo sa, forse la casalinga di Voghera ha sommato per approssimazione 3,7 miliardi con il totale (5,6) che già li comprende.
La cifra non risulta, per ora, da nessuna parte, nemmeno tra chi svolge gli accertamenti.
Ma c’è di più e di peggio.
La stessa relazione della Gdf ricorda che le frodi abbiano riguardato solo in minima parte il Superbonus, misura che prevedeva un’asseverazione dei lavori.
La gran parte ha coinvolto il “bonus facciate”, che non prevedeva di fatto nessun controllo.
Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, a fine 2021 questa era la ripartizione delle truffe contestate fino a quel momento (4,4 miliardi in totale):
46% il bonus facciate,
34% l’ecobonus,
9% il bonus locazioni botteghe,
8% il sismabonus
e il 3% il Superbonus (cioè 132milioni).
Questi dati sono noti da tempo e più volte comunicati. Quindi?
Questa non è solo propaganda, ma una fakes news, ovvero, per essere meno edulcorati, vuol dire mentire, mentire, mentire!
E’ la regola della comunicazione del Governo italiano verso i suoi “patrioti”, ops! volevo dire elettori. Considerandoli un po’ scemotti, per non usare un espressione che pur facendo rima con Meloni o Berlusconi risulterebbe alquanto scurrile.
La crisi della democrazia rappresentativa
La domanda finale diventa: come facciamo a stupirci se due cittadini su tre alle ultime elezioni regionali non sono andati a votare?