Omaggio al Prof.Vincenzo Porcasi, Maestro e Amico, la sua eredità
La compravendita di programmi televisivi funziona come segue: le emittenti televisive acquistano i diritti per trasmettere determinati programmi dai produttori o distributori. I prezzi per questi diritti possono variare in base alla popolarità e alla qualità del programma, così come all’area geografica in cui verrà trasmesso. In alcuni casi, le emittenti televisive possono anche finanziare la produzione di un programma per avere i diritti esclusivi per trasmetterlo.
Inoltre, programmi televisivi possono essere venduti anche ad emittenti televisive in paesi diversi; questo processo si chiama “acquisizione di format”. Per esempio, il format del reality “Survivor” è stato creato in Svezia e poi venduto a molte emittenti televisive in tutto il mondo, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania. Un altro esempio è il format del talk show “The Ellen De Generes Show”, che è stato creato negli Stati Uniti e poi venduto a emittenti televisive in diversi Paesi.
Chi ha avuto la possibilità di soggiornare o viaggiare in Paesi diversi, ha potuto vedere più di un programma televisivo (ad esempio, la maggior parte delle serie di maggiore successo) in diverse lingue, a seconda del Paese dove ci si trova. Una di queste per esempio è “Il fuggitivo”, che originariamente era un film e dopo è diventata una serie; o “I Visitors”, in Inglese, in Italiano e in Spagnolo. Quest’ultimo caso implica, naturalmente, il doppiaggio dalla lingua originale nella quale il programma/film/serie è stato prodotto nella lingua del Paese nel quale il prodotto verrà distribuito. Nella maggior parte dei Paesi, tuttavia, il film o serie vengono trasmessi nella lingua originale e dotati di sottotitoli nella lingua del Paese dove vengono trasmessi (non in Italia, dove tutto viene doppiato, essendoci una consolidata tradizione in tal senso, e anche per motivi di conoscenze linguistiche: notoriamente in Italia è diffusa una scarsa conoscenza delle lingue straniere e non siamo avvezzi a seguire i sottotitoli).
Il più ampio ed importante contesto nel quale si svolge la compravendita di programmi televisivi è il MIPTV (Marché International des Programmes de Télévision, in italiano Mercato Internazionale dei Programmi Televisivi).
Il MIPTV si tiene al Palais des Festivals di Cannes il Mercato internazionale dei programmi televisivi. Il MipTv è il più importante mercato mondiale dedicato ai contenuti audiovisivi. Un contesto ideale per incontrare i professionisti della programmazione televisiva di tutto il mondo, stabilire nuovi contatti, istituire coproduzioni internazionali, cercare finanziamenti, vendere ed acquistare contenuti audiovisivi. Il mercato accoglie oltre 10.000 partecipanti, 2.500 buyer, 2.800 società provenienti da 92 paesi.
Contestualmente al MIPTV si svolge il MIllA, considerato il forum mondiale dei contenuti interattivi per la televisione, il broadband e la telefonia mobile. Ovvero, il mercato internazionale dei contenuti audiovisivi. Si tratta dell’unico evento globale che riunisce i fornitori di contenuti, di servizi e tecnologie e gli operatori delle reti digitali di tutto il mondo; un unico forum dedicato al commercio di contenuti e tecnologia, licenze ed accordi incrociati di distribuzione.
Si tratta di un evento nato nel 1964 che si svolge ogni aprile a Cannes al Palazzo dei festival e dei congressi. Consiste in un mercato che tratta la co-produzione, l’acquisto, la vendita, il finanziamento e la distribuzione di contenuti d’intrattenimento, dove coloro che sono coinvolti nel settore possono scoprire, tramite le conferenze tenute dagli altri partecipanti, le tendenze future e comprare i diritti commerciali di un prodotto a livello globale.
I relatori delle conferenze sono gli amministratori delegati di tutte le principali catene mediatiche del mondo: CBS (Stati Uniti d’America), BBC (Inghilterra), RTL Group (Lussemburgo), MGM (Stati Uniti d’America), ZEE Networks (India), SK Communications/Cyworld (Corea), United Artists (Stati Uniti d’America), UTV (India), Second Life (Stati Uniti d’America), NBC (Stati Uniti d’America), Televisa (Messico), Joost (Stati Uniti d’America), KenRadio Broadcasting (Stati Uniti d’America).
Il MIPTV offre diversi eventi:
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MIPFormats, una vetrina che raccoglie i produttori, i compratori, i distributori e gli aspiranti creatori di format di successo;
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MIPDoc, dove compratori, venditori e produttori internazionali di documentari e programmi d’informazione mostrano i nuovi contenuti;
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Connected Creativity, nato nel 2011 con la collaborazione della GSMA (Global System for Mobile Communications Association), che raccoglie dirigenti e professionisti della tecnologia da tutto il mondo.
Gran parte dei programmi che vediamo in televisione, esclusi quelli d’informazione, sono acquistati e non prodotti dalle stesse TV, come si faceva agli albori della televisione. Le fiction e i film sono spesso d’importazione, dagli Stati Uniti in particolare, ma un peso sempre maggiore ha l’industria nazionale italiana dell’audiovisivo, industria che si sta consolidando e coinvolge direttamente più di due mila addetti.
Il fatturato delle prime 50 società audiovisive (i dati sono tratti da una ricerca dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) è valutato in 650 milioni €. Le prime 10 società raggiungono il 54% di quota di mercato, confermando che il settore è piuttosto frammentato, a differenza dei loro clienti, le poche grandi Tv nazionali (Rai, Mediaset, Sky, La7).
Il fatturato dell’audiovisivo è pari a circa il 10-12% del totale delle risorse televisive: una quota ancora bassa, causata dall’elevato livello delle importazioni e dall’assenza, esclusi casi isolati (come Il Commissario Montalbano), di vendite delle nostre fiction all’estero. Il settore ha fatto passi da gigante, in tutte le componenti (dagli autori e registi, agli attori), ottenendo alcune punte di eccellenza (per esempio Romanzo Criminale, lo stesso Montalbano, Braccialetti rossi), seppure vi sono ancora tante serie di scarso livello. Manca ancora la capacità di produrre una buona fiction di livello più popolare (in particolare nella lunga serialità), quella più esportabile.
Il dato di fondo è che aumenterà a dismisura la tendenza delle Tv a comprare (anche tramite le coproduzioni) programmi e format. La prerogativa delle società di produzione è avere strutture molto snelle, specializzate, a differenza della “pesantezza” dell’organizzazione dei grandi network. L’esternalizzazione della produzione è certamente vantaggiosa sia per garantire la qualità del prodotto che per la possibilità di comprimere i costi (quelli “sotto la linea”, cioè i costi di produzione, ma anche quelli pertinenti la componente artistica e creativa). I grandi network fra “buy or make” prediligono quindi la prima scelta, ciò crea alla Rai in particolare grandi problemi poiché ha un numero di dipendenti esorbitante (frutto di quando la produzione era prevalentemente interna).
Non si pensi che le Tv siano subordinate alle società di produzione: le seconde “vivono” solo grazie alle poche Tv loro clienti, mentre le Tv possono spaziare in un parco di produttori, come visto, piuttosto ampio, anche se poi si creano, di fatto, rapporti quasi esclusivi con alcuni in base alla reciproca fiducia.
In Italia si trasmettono (vedi il secondo grafico) film e fiction di origine americana ed europea in egual misura (il 45% della programmazione). La quota di produzione nazionale è pari al 18%, superiore alla quota del mercato audiovisivo rispetto alle risorse Tv che, come detto, è il 10-12%. Nel Regno Unito la quota è pari al 32% e in Francia al 28%. Nel primo paese c’è una consolidata e ricca industria dell’audiovisivo, agevolata anche dalla lingua e da un mercato amplissimo. In Francia vige uno stringente sistema delle “quote nazionali” (anche le radio devono trasmettere una quota fra il 35 e il 60%, di canzoni in lingua nazionale), cioè le Tv hanno l’obbligo di trasmettere un’elevata quota di opere europee (60%) e nazionali (il 40%) e di investire sulla produzione europea e nazionale (il 20% del fatturato per il servizio pubblico e il 15% per i canali in chiaro). Questi obblighi sono presenti anche in Italia, ma in misura inferiore (15% del fatturato per la Rai e il 10% per le Tv commerciali e pay). La Rai dovrebbe comunque aumentare l’impegno sulla produzione nazionale, non come impegno ma per suo naturale compito.
La trasposizione del modello francese in Italia è difficilmente praticabile; il sistema complessivo della comunicazione si sbloccherà solo con la nascita, al momento nemmeno all’orizzonte, di un altro forte broadcast nazionale, cioè quando si realizzerà una vera concorrenza nel sistema televisivo nazionale.