La Sclerosi Multipla è una malattia per la quale la ricerca ha fatto molto, ma bisogna dire che è avvenuto anche il contrario: le Associazioni che aggregano e difendono le persone con questa malattia hanno sancito nella Carta dei diritti delle persone malate un nuovo diritto che si unisce agli altri; intendo il diritto alla ricerca come diritto complementare a quelli alla salute, al lavoro, alla giustizia, all’inclusione.
La ricerca scientifica è stata trasferita tra le priorità delle persone malate in quanto capace di produrre ricadute concrete nella vita delle persone. Dalle reti di collaborazione ad un vero e proprio ecosistema nuovo fra ricerca scientifica e salute: soltanto così si può cambiare la vita delle persone.
Quale è il valore dello sviluppo di nuove terapie farmacologiche, della dimostrazione del ruolo cura della riabilitazione se tutto ciò non si trasforma in accesso alla cura e diagnosi precoce, terapie mediche e percorsi di cura personalizzati.
La ricerca scientifica diviene così uno fra i principali strumenti di advocacy affinché le persone malate possano godere dei risultati in modo sempre più concreto per migliorare la loro qualità di vita.
Da qui il riconoscimento della ricerca come un diritto. Di recente l’Assemblea parlamentare Europea ha votato una mozione per il riconoscimento del diritto alla conoscenza; quale strumento più della ricerca può contribuire a riempire questo diritto di contenuti?
Di recente sulla stampa sono comparsi vari articoli finalizzati ad esaltare i progressi della ricerca in differenti settori della vita. Ovviamente salute ed ambiente sono risultati quasi ovunque come i più interessati e devo dire con piacere viene quasi sempre riconosciuto alla chimica il merito di avere promosso questi importanti avanzamenti.
Un esempio molto significativo è proprio il caso della Sclerosi Multipla.
Negli anni 30-40 non esistevano farmaci e la malattia era sinonimo di sedia a rotelle. Oggi a distanza di 60 anni disponiamo di 20 farmaci per le forme a ricaduta e remissione, caratterizzate da episodi acuti della malattia alternati a periodi di parziale relativo benessere. L’ampia disponibilità di formulazioni farmacologiche permette ai neurologi di somministrare terapie personalizzate. 2 di questi 20 farmaci hanno trovato applicazione anche nei casi di forme gravi e/o progressive.
Tuttavia queste terapie non possono applicarsi a tutti i pazienti con forme progressive. Questo obbliga la ricerca a non fermarsi e di restare alla ricerca di nuove molecole o di condizioni di ottimizzazione dell’uso di quelle note.
I risultati si vedono: nel 1970 su 10 persone colpite da Sclerosi Multipla 7 arrivavano all’invalidità, oggi il progresso della medicina e della farmacologia, a cui la chimica fornisce un prezioso supporto resta la grande speranza per patologie gravi.
Ci sono però richieste di necessari avanzamenti anche nel caso di problemi apparentemente, ma solo apparentemente, meno gravi. La resistenza agli antibiotici somministrati per debellare alcune infezioni è una grande minaccia per la salute umana tanto che nel mondo a sua causa è morto più di 1 milione di persone, con l’Italia seconda dopo la Grecia in Europa con 11000 decessi.
Le cause sono da ricercare nella scarsa attività di ricerca per interesse verso altre patologie e nell’uso scriteriato, si può dire abuso, di antibiotici sia negli allevamenti animali che nella cura di patologie che nemmeno vengono così curate (si pensi a quelle virali). Tale resistenza, si rifletta, fa parte del più generale processo dell’evoluzione: dinnanzi all’antibiotico alcuni batteri maturano le capacità per superarlo.
Quali possono essere le soluzioni?
La più importante è proteggerci con nuove profilassi basate su batteriofagi ed anticorpi monolocali, ma soprattutto ricorrendo alle vaccinazioni. Prevenire le infezioni consente di evitare l’uso di antibiotici e la diffusione della relativa resistenza.