L’elaborazione delle previsioni meteorologiche richiede la conoscenza dello stato fisico di partenza dell’atmosfera dal quale poi estrapolare”, con sofisticati modelli matematici, l’evoluzione nei giorni successivi. Questo significa che è necessario misurare, nello stesso istante e in un numero sufficiente di punti del globo, alcuni parametri meteorologici, al suolo e in quota, per poi convogliarli presso i centri di elaborazione.

Non tutti sanno che, per rendere possibile tutto ciò, è stata, negli anni, realizzata una delle più estese tra le reti di cooperazione internazionale esistenti e, la predetta routine, oggi viene eseguita con cadenza trioraria.



l riguardo, q
uest’anno cadono i 150 anni dalla fondazione, nel 1873, dell’International Meteorological Organization (IMO), diventata, nel 1950, World Meteorological Organization (WMO) e collocata tra le agenzie specializzate dell’ONU.

Gli eventi meteorologici non hanno confini territoriali e, nell’800, l’unico mezzo possibile per avere una visione di insieme dello stato atmosferico era quella di condividere le informazioni provenienti dalle stazioni meteorologiche trasnazionali allora esistenti e riportarle su una mappa geografica per consentirne la cosiddetta “analisi sinottica”. Inizialmente, il parametro diagnostico e prognostico più significativo era la pressione atmosferica e, pertanto, sulla mappe ne venivano tracciate le isolinee (isobare) che la già consolidata legge di Buys-Ballot legava all’andamento del vento, essendo anche già noto che, localmente, il cattivo tempo veniva preannunciato da un calo della pressione.

Tuttavia, all’epoca, il numero di stazioni meteorologiche era insufficiente per ottenere efficaci indicazioni prognostiche e le comunicazioni avvenivano ancora per posta. Oltretutto, le trattative per formulare accordi tra paesi erano rese difficoltose dai continui conflitti tra le nazioni e dai contrasti interni alle stesse.

Paradossalmente fu proprio un tragico evento bellico a catalizzare le trattative. Durante la guerra di Crimea, una tempesta sul Mar Nero decimò la flotta anglo-francese impegnata contro quella russa. Un’indagine commissionata dal Ministro della Guerra francese giunse alla conclusione che la catastrofe si sarebbe potuta evitare se si avesse avuta la disponibilità di una rete di stazioni meteorologiche dalle cui informazioni prevedere l’arrivo della tempesta.

È piuttosto sconfortante constatare come il più delle volte importanti innovazioni, pur concepite per il bene dell’umanità, vengano poi concretizzate dopo o per scopi bellici! Ad ogni modo, in esito all’indagine si accelerò la realizzazione, da parte di diversi paesi, di stazioni meteorologiche e si pervenne anche alla ratifica di accordi di cooperazione. Nel 1873, fu istituita l’IMO con l’obiettivo principale di “migliorare la cooperazione internazionale nelle scienze meteorologiche e nell’osservazione del tempo atmosferico al fine di contribuire alla prevenzione delle catastrofi meteorologiche, alla pianificazione militare e alla sicurezza della navigazione marittima”.

Attraverso il coordinamento del professor Buys Ballot, direttore del Royal Netherlands Meteorological Institute, condividendone la visione, all’IMO aderì con entusiasmo la maggior parte delle nazioni europee. Ciascuna di esse si impegnava ad incrementare la propria rete di stazioni meteo (anche integrandole con nuovi strumenti), a scambiare le informazioni (provvidenziale, a questo scopo, l’invenzione del telegrafo) e a standardizzare le procedure di misura e della loro codifica. L’utenza delle informazioni meteorologiche era costituita da diverse categorie lavorative benché, in un mondo che cominciava a globalizzarsi, si volesse garantire soprattutto la sicurezza della navigazione marittima, sia per agevolare gli scambi commerciali che per scopi militari.

Nel frattempo, la meteorologia diventava una scienza sempre più sofisticata, con una maggiore comprensione dei processi atmosferici e l’IMO si fece parte attiva per promuovere ulteriori ricerche e sviluppi scientifici nelle scienze atmosferiche e per garantire che le nuove scoperte fossero condivise a livello internazionale.

La prima metà del XX secolo, se da una parte è funestata da due guerre mondiali, da epidemie e da crisi economiche, dall’altra è spettatrice di un esplosivo progresso scientifico e tecnologico e, nelle scienze dell’atmosfera, si approfondisce la conoscenza delle interazioni fluidodinamiche, vengono raffinati i modelli fisico-matematici e si inizia a prendere coscienza dell’impatto dell’industria e delle attività umane sul clima locale e sulla qualità dell’aria. Al termine della seconda guerra mondiale, la domanda di cooperazione si accresce in tutti gli ambiti produttivi e, nello specifico settore meteorologico, la pionieristica struttura dell’IMO risultava ormai inadeguata.

Pertanto, dopo una serie di incontri e coordinamenti, nel marzo del 1950, l’IMO diventa a tutti gli effetti la World Meteorological Organization (WMO) quale agenzia specializzata dell’ONU e nello stesso mese dell’anno successivo ne vengono attivati i compiti operativi. La parola “World” tendeva a far percepire meglio il carattere globale dell’organizzazione e della meteorologia stessa rispetto alla precedente idea di “accordo tra nazioni”.

La WMO, ha ereditato e ampliato il lavoro dell’IMO, espandendo le sue attività e il suo mandato per includere una gamma più ampia di questioni legate al tempo, al clima e all’acqua e per affrontare le sfide globali del cambiamento climatico e della prevenzione dei disastri naturali.

La WMO conta attualmente più di 190 Stati membri, il che la rende una delle agenzie delle Nazioni Unite con il maggior numero di adepti.

L’importanza della WMO risiede principalmente nel fatto che regolamenta e coordina una serie di programmi operativi indispensabili per i compiti assegnati ai servizi meteorologici nazionali e fondamentali per lo studio del clima e per la gestione del sistema internazionale di allerta preventivo per eventi meteorologici estremi. Di notevole importanza è anche l’assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo al fine di migliorare le loro capacità meteorologiche e idrologiche. La WMO definisce anche i requisiti culturali e professionali del personale che opera nel settore meteorologico.

I programmi operativi sono circa 30 e un elenco dettagliato lo si può trovare sul sito web della WMO. Sicuramente, quello più longevo, ereditato dall’IMO, è il World Weather Watch (WWW) che riguarda le osservazioni meteorologiche classiche, al suolo e in quota, con cadenza trioraria. Al WWW è stato poi aggiunto il Global Observing Program (GOS) che integra le osservazioni classiche con quelle telerilevate (radar, satelliti ecc.), con quelle delle boe e con le osservazioni da aeromobili o da navi. Con lo sviluppo dell’aeronautica, oltre al programma dedicato alla navigazione marittima Marine Meteorology and Oceanography Programme (MMOP), è stato implementato l’Aeronautical Meteorology Programme (AeMP). Naturalmente, è stato doveroso attivare un programma per l’agricoltura, Agricultural Meteorology Programme (AgM).

Per quanto riguarda l’andamento del clima e le conseguenze dei cambiamenti climatici, sono operativi diversi programmi di studio, di osservazione e perfino di assistenza e volontariato. Per tale motivo, alla WMO e all’Environment Programme dell’ONU (UNEP), nel 1988, è stata affidata, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la sovraintendenza dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Dell’importanza dell’IPCC ne abbiamo già parlato in una nota del Caos Management n. 125; qui vogliamo ricordare, in risposta alle riserve degli scettici e dei complottisti del clima, che l’IPCC non fa ricerca né realizza il monitoraggio di dati e parametri correlati al clima ma, per garanzia di scientificità, effettua un processo di controllo degli studi verificandone l’attendibilità, servendosi del contributo di migliaia di ricercatori di tutto il mondo che operano su base volontaria.

La WMO pubblica una vasta gamma di documenti scientifici e tecnici che contribuiscono alla ricerca e alla comprensione delle scienze atmosferiche e idrologiche. Inoltre, emette regolarmente una serie di report e pubblicazioni che forniscono un quadro globale degli eventi meteorologici estremi, dello stato del clima e della situazione del sistema idrologico.

Come abbiamo più volte espresso, l’atmosfera è un sistema complesso sottoposto a forcing altrettanto complessi, non ultimi quelli antropici. La complessità, purtroppo, richiede un aumento esponenziale di risorse a fronte di un miglioramento lineare delle previsioni; è per questo che l’attivazione di sinergie è indispensabile. La missione della WMO e delle altre organizzazioni di settore è articolata e ardua e, certamente, in ciò non giova l’insigne fisico delle particelle che esprime, pubblicamente, il suo scetticismo sul rilevamento dei dati e sul loro trattamento. La fisica dell’atmosfera è una scienza specialistica e per essa lavorano equipe di scienziati di livello internazionale, autentici professionisti dei diversi settori correlati.

Che poi il macrocosmo meteorologico si riduca, nel microcosmo dei quotidiani e delle riviste, ad essere editorialmente affiancato all’oroscopo, beh, è un’altra storia ….

Lunga vita alla World Meteorological Organization.

 

Per approfondire o commentare questo articolo o inviare segnalazione scrivete a  redazione@caosmanagement.it