Il non nascosto, il mare crescerà, rigonfio di cadaveri
Antica profezia persiana
Proprio ieri sera ho ripreso in mano un libro del 2002, i nemici1, “tre racconti di guerra”, scritto da un mio caro amico scomparso, e ho cominciato a rileggerlo, in particolare uno dei tre: “il mare crescerà”. Rileggo spesso i miei libri preferiti di Kafka o Borges, Calvino o Auster, e trovo la cosa molto utile per due fondamentali ragioni: la prima, è il bisogno di ritornare sulla letteratura che è diventata il mio modo costitutivo di essere; la seconda, è legata al principio che “l’arte intercetta la verità”, ed è nell’emozione di rileggere che trovo sempre qualcosa di nuovo, che mi era sfuggito alle prime letture. Se i libri sono veramente belli perché dire “l’ho già letto”! bisogna invece rileggerli per vivere insieme a loro, assorbirli e farli rivivere. C’è poi una ragione personale, se hai un legame affettivo con l’autore, leggerlo significa ritrovare l’amico che non c’è più, perché il suo modo di scrivere era inevitabilmente il suo modo di essere, ciò che ha reso amici, una visione comune dello “stare al mondo”. Si diventa così testimoni delle sue intuizioni, delle sue “letture” della realtà, continuando una storia comune, rendendo giustizia all’inesorabile scorrere del tempo. Il ricordo è, infatti, la sola memoria del passato; d’altronde solo la seduzione della parola può sconfiggere la morte, il vero “signore”.
Torniamo alla storia e ai protagonisti del racconto, Demetrio, il padre, il “comandante,” e l’eroina.
Demetrio, che vuol dire sacro alla terra, era l’ultimo figlio di un famoso imprenditore, fuggito da casa e letteralmente inguaiato da problemi di droga. Con tutto il corollario di furti, prostituzione, spaccio e coattiva ricerca di “roba”.
Più volte affidato ad un centro specializzato in disintossicazione e rigenerato, puntualmente perdeva la strada del “ritorno alla coscienza”. All’età di diciotto anni il padre e la sua famiglia, disperati, gli dicono: “forse è giusto che tu segua la strada che hai scelto”. Demetrio viaggia a lungo per il mondo ma a malincuore “dovette ammettere che la libertà gli aveva fatto malissimo”, di nuovo nelle mani di jiunkie.
È qui che interviene il padre e lo affida ad un suo uomo, chiamato il “comandante”.
Demetrio non sa chi fosse ma è consapevole di essere stato inserito in un programma preciso. Questi gli dice “Lei eseguirà un programma diverso dai soliti”, “i cui contenuti non le saranno mai comunicati”, e ancora, Lei non sarà mai solo. Farmaci iniettati in vena e attività fisica, spostamenti in mete diverse e mai la minima idea di dove fosse; svegliato alle ore più impensate, lo facevano correre fin quando non stramazzava a terra, saune e bagni turchi, piscine a volte caldissime a volte gelide, tutto comunque a ritmi infernali. Demetrio crollava e veniva messo a letto, per essere svegliato dopo poche ore e il ciclo ricominciava. Pensava vagamente alla fuga ma i suoi sorveglianti erano in splendida forma, robusti e iperattivi e lui pur sempre un rottame. Ma con il tempo, erano passati mesi dall’inizio del programma, Demetrio, indubbiamente, riacquistava sempre più peso, salute e forze. Fu allora che il “comandante” gli rivolse la parola chiamandolo Signore: “mi racconti quando era nel suo gruppo autogestito”. C’erano dei capi? Dei leader? Dei forti e dei deboli? Protagonisti e comparse? Forse Lei aveva capito come stanno, in realtà, le cose, ma la realtà è la realtà, o la si sopporta o si muore. Certo “il mondo è una fogna”, mercato, denaro, interessi sordidi, delinquenza e malvagità trionfanti: “che cosa poteva fare Lei? Se non “perdere la coscienza”.
D’altronde, continua il “comandante”: Lei si è mai chiesto cosa fanno le imprese di suo padre? Dobbiamo portare regole, regolarità, normalità tra i gruppi etnici a volte tribali; la prima regola è seguire il mercato, Signore, “tutto è collegato, ha un prezzo, tutto si può comprare e vendere, dagli esseri umani alla stessa eroina, dall’attività politica alla guerra; tutto è un grande affare, distruggere e ricostruire. Questo è lo stato delle cose, “questo è il massimo di verità che per ora Le è concesso di capire, ma in verità Lei deve essere grato all’eroina, Signore! Senza eroina non avrebbe mai imboccato la strada del ritorno alla coscienza, dopo averla persa, ma ora venga con me devo farle vedere qualcosa.
Imboccarono una strada e alla fine della salita sbucarono su una duna. Demetrio vide qualcosa che lo sconvolse: di fronte a loro, dolcemente degradante verso il mare, si apriva una spiaggia lunga e larga dove Demetrio vide qualcosa che lo sconvolse. Mai avrebbe pensato di vedere niente di simile, né che qualcosa di simile potesse accadere, e invece era la realtà, quelle cose accadevano, stavano accadendo proprio di fronte a lui. L’arenile era pieno di cadaveri. Si sentivano ancora secchi colpi d’arma da fuoco. Dovevano esserci state delle esecuzioni, a migliaia e ancora non erano terminate, un lavoro lungo, noioso, ma che evidentemente andava fatto. Protetti e accompagnati dalla scorta, il “comandante” e Demetrio si avvicinarono alla battigia. Lungo la riva il mare rosso di sangue era invaso da cadaveri ammonticchiati gli uni sugli altri, non ancora rigonfi, eppure parzialmente affioranti dall’acqua.
Demetrio capì che non sarebbe mai arrivato al mare, che stava per svenire. Doveva assolutamente trovare l’eroina. Vomitò anche l’anima, ma probabilmente l’essersi svuotato lo stomaco lo aiutò a riacquistare coscienza della realtà. Era a terra, sulla spiaggia, disteso a pochissima distanza dal mare, ne sentiva di nuovo il rumore e l’odore.
Di fronte a sé, contro luce, gli parve di scorgere il “comandante”, sorridente e soddisfatto.
Capì senza ombra di dubbio che “la sua nuova iniziazione e il suo recupero al mondo erano terminati”. Non si sarebbe mai più fatto, che avrebbe accettato e utilizzato la realtà e avrebbe fatto una splendida carriera in qualche impresa di suo padre.
Sarebbe bastato ritornare al suo posto.
Fu allora che il Comandante gli disse: ben tornato Signore!
Riflettiamo.
Ciascuno di noi è al suo posto, il mondo è diviso nel potere, tra chi comanda e chi esegue; nelle risorse, tra chi ha e chi non ha; nelle opportunità, tra chi può cambiare la sua sorte e chi deve accettarla. Possiamo rifiutare la realtà, la nostra realtà, mettendoci ai margini di essa, dunque fuori posto, ma ci sono diversi livelli di realtà e verità, e di coscienza di essa. Respingere la realtà può essere un “valore” pagato a caro prezzo; riconoscerla è opportunismo o necessità? Spesso dal proprio posto la realtà è parziale, distorta, indistinguibile. Possiamo solo spingere la nostra coscienza della realtà verso un livello maggiore. Saremo in grado di accettarla? Perderemo la coscienza? Ritroveremo la coscienza? Saremo in grado di convivere con la realtà del mondo?
Tutte domande a cui solo noi potremo rispondere.
1 Giuseppe Di Costanzo, Palomar
Immagine: Autore: Matteo Malagutti
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