Una bella donna ha qualcosa in comune con la verità: entrambe danno più felicità quando si desiderano che quando si possiedano.

Friedrich Nietzsche

 

Forse sedermi a questo bancone è la cosa più pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita”.

 

Questa è la frase chiave del film in questione, di Paolo Sorrentino, uscito nel 2004 e premiato con il David di Donatello nel 2005 come Miglior film, Miglior regia e Miglior attore a Toni Servillo.

Tutto quello che è accaduto prima e tutto ciò che accadrà dopo sono riconducibili a quanto dice Titta Di Girolamo, personaggio principale del film, a Sofia giovane barista dell’albergo, una splendida Olivia Magnani.

Titta Di Girolamo, interpretato da Toni Servillo, è ufficialmente un mediatore finanziario che vive oziando in un albergo di Lugano in Svizzera in cui è relegato da circa otto anni e i cui soli contatti umani sono con il Direttore dell’albergo e una coppia di anziani, un tempo benestanti e ridotti a vivere in una stanza dell’albergo che possedevano, e con i quali gioca spesso a carte, ad asso pigliatutto, l’unico gioco che Titta dichiara di conoscere dalla sua infanzia.

Titta Di Girolamo non parla quasi mai con nessuno, fuma e pensa, apparentemente estraneo all’ambiente. Ma quello che pensa dipinge il personaggio, la cui storia reale ancora ignoriamo. Titta Di Girolamo pensa che “La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che trascorre molto tempo da solo è quella di non avere immaginazione. La vita, già di per sé noiosa e ripetitiva, diventa in mancanza di fantasia uno spettacolo mortale”. Oppure, “Perdere ad asso pigliatutto con un baro dilettante non vuol dire non essere in grado di eseguire alla perfezione un bluff ad alti livelli. Per assicurarsi una buona riuscita il bluff deve essere condotto fino in fondo, fino all’esasperazione… Non c’è compromesso: non si può bleffare fino a metà e poi dire la verità. Bisogna essere pronti ad esporsi al peggior rischio possibile: il rischio di apparire ridicoli…”

In un raro colloquio con il Direttore dell’albergo, incuriosito dalla vita del protagonista, dice “Lei è una persona intelligente per non sapere che ogni uomo ha un suo segreto inconfessabile…” ma qual è il segreto di questo personaggio a prima vista anonimo, ripetitivo, senza emozioni apparenti, che vive solitario in un albergo e la cui unica attività è ricevere a scadenza regolare una valigia piena di soldi da depositare in una banca svizzera? Il suo segreto sembra inconfessabile e lo rivelerà solo a Sofia, la già citata giovane donna, che serve gli aperitivi ai clienti dell’albergo, anch’essa a suo modo indecifrabile nella sua bellezza penetrante; infatti, svolge i suoi compiti senza darsi mai completamente agli altri, osserva compuntamente i suoi orari di lavoro, incuriosita solo dalla personalità di questo cliente, che fuma guardando il vuoto, assolutamente impermeabile agli altri; sembra pensare solo alla sua vita che gli è, in qualche modo, sfuggita di mano e appartiene a coloro che gli spediscono le valigie piene di soldi, avendolo esiliato in quel ruolo, vincolato da un debito che lui ha contratto con loro.

Sofia quando finisce il turno di lavoro uscendo saluta Titta ma lui non risponde … indifferenza o altro? Lei ad un ennesimo silenzio sbotta “Sono tre anni che, quando vado via la saluto… ma lei si è accorto di me?… ancora silenzio!

Una cosa è certa. Sofia guarda Titta e Titta non guarda direttamente Sofia, perché come dirà quando finalmente le parlerà, seduto al bancone del bar, “I timidi notano tutto, ma sono molto bravi a non farsene accorgere” e la risposta di Sofia è emotivamente bruciante “Notano tutti o notano me?”. A questo punto è chiaro che tra loro si apre un varco inaspettato e dalle imprevedibili conseguenze. Tra parentesi, lui le chiede dei suoi fidanzati che l’aspettano saltuariamente all’uscita dall’albergo, che lei con sincerità ridimensiona, solo istruttori di guida, sta prendendo infatti la patente. Una innocente risposta che confina il perimetro tra i due, pur così diversi, lei molto giovane, lui maturo cinquantenne, lei, forse delusa dalla sua giovinezza o nell’attesa di un inizio, lui disincantato dalla sua esperienza di vita. Direi due solitudini, quella di Sofia per eccesso di tempo, quella di Titta per difetto di tempo. In effetti è solo il tempo che li separa; ma è la voglia di dare e di avere che li unisce? O più semplicemente Sofia è attratta dal fatto che lui semplicemente la ignora? Si sa che è la lepre che fa il cacciatore! Ma è certo che la relazione tra Titta e Sofia è decisamente fuori dagli schemi. Non c’è un romanticismo vero e proprio tra i due, ma un semplice scambio di sguardi che diventa ogni tanto una parola, un tenero abbraccio.

Titta Di Girolamo è un uomo stanco, un tempo facoltoso commercialista con clientela in ambito mafioso, ma avendo un giorno fallito un’importantissima trattativa, è stato costretto dai suoi clienti malavitosi ad insediarsi in Svizzera in una specie di confino per fungere, vita natural durante, da loro depositario di valuta sporca. Costretto anche a lasciare la sua famiglia che non gli ha perdonato il suo fallimento. Al tempo stesso, non stima il figlio che passato a trovarlo, quasi per caso, è bollato, in maniera sprezzante, come una persona da sempre superficiale, non cresciuta e immatura. Tanto diverso da Titta, dolorosamente maturo e insonne, convinto che “quando uno è amico una volta, è amico tutta la vita” e spera che da qualche parte “un suo amico di infanzia, Nino Giuffré, elettricista, che lavora sui tralicci ad alta quota si fermi in cima a un palo della luce, in mezzo a una distesa di neve, contro un vento gelido e tagliente, e aggredito dalla nostalgia si metta a pensare che io, Titta di Girolamo, sono il suo migliore amico”.

Ma anche Titta si ferma a pensare. Non ha voglia di andare avanti con il suo tran-tran quotidiano di esiliato, pensa che “La sfortuna non esiste… è un’invenzione dei falliti… e dei poveri… pensa così di uscire dalla scena, violando le regole del suo lavoro e si domanda curiosamente e significativamente “Progetti per il futuro? Rispondendosi “Non sottovalutare le conseguenze dell’amore”.

Sottrae, quindi, centomila euro da una delle solite valigie da un milione di euro, per regalare una lussuosa spider a Sofia, la porta nel garage dove è parcheggiata e scopre il telo che l’avvolge… la offre impacciato a Sofia che gli risponde che lui non sa niente di lei… e che “ Accettare questa macchina, significa alterare completamente i nostri rapporti”. Titta risponde inaspettatamente: “Io voglio alterare completamente i nostri rapporti”.

Se Titta ha sempre creduto che “quando due persone conoscono un segreto allora non è più un segreto”, decide di rivelare il suo segreto a Sofia, in un dialogo intimo e sentimentale nella sua stanza, raccontandogli la sua storia; e che fa uso di eroina una volta alla settimana da 24 anni, unico svago, solo il mercoledì mattina e solo alle 10 in punto; dice “Non ho mai, dico mai, fatto strappi alla regola”. Sembra, dunque, che Sofia ha ottenuto ciò che consciamente o inconsapevolmente voleva: conoscere la vita di Titta Di Girolamo. A sua volta Titta si sente riconosciuto nelle sue fragilità, mentre lei gli accarezza il viso e gli dice “Sei stanco… dormi… domani andremo a festeggiare il tuo compleanno con una gita fuori città. Si danno appuntamento all’indomani ma non si incontreranno mai più. Titta, rompendo definitivamente il patto d’onore con i suoi ex clienti malavitosi cede, inesplicabilmente, ma non è un caso, l’ultima valigia ricevuta alla coppia di anziani, con cui giocava a carte, che avevano perso tutto e vivevano di ricordi mentre Sofia alla guida dell’auto regalatagli da Titta, alla volta dell’albergo, per rispondere al cellulare… era Titta? Non vede una segnaletica stradale e ha un incidente di cui si saprà poco. Ci piace pensare che il suo tragico ritardo abbia spinto alle estreme conseguenze la coscienza e l’azione di Titta.

Titta Di Girolamo, riportato in Sicilia, e chiamato a giustificare il suo comportamento davanti alla commissione giudicante, risponde, alla richiesta del capo di rivelare dov’è l’ultima valigia con i soldi … “ Voi vi siete presi la vita mia e io mi tengo la valigia vostra”… e davanti alla sua ostinazione il capo, pur avendolo in simpatia per i trascorsi di precisione e fedeltà, lo fa immergere in un pilastro di cemento.

Rimasto completamente solo, mentre affonda nel pilone, “l’ultimo pensiero di Titta va al suo migliore amico, che non vede da più di venti anni, ora operaio dell’Enel come addetto alla riparazione delle linee elettriche in montagna”. Ci potremmo chiedere, alla fine della sua vita, perché non ha un pensiero per Sofia, avendo da sempre creduto che “non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini e che, se questo avviene “è stato solo un giorno sbagliato”. Si è sentito tradito nei suoi sentimenti dall’appuntamento mancato da Sofia? O più semplicemente, in modo disincantato, seguendo il ragionamento di Bauman nel suo Amore liquido… si può affermare che “l’amore, nei termini della nostra contemporaneità, così come la società, è parte di questa liquidità”. Le relazioni, infatti, scivolano via e, a volte, ci scivolano anche addosso. I rapporti sono solo precari, instabili, non si può fare affidamento sull’Altro poiché questi genera un sentimento di profonda insicurezza. Da un lato, la paura di essere abbandonati, dall’altro la paura di abbandonarci all’amore.