Ritorno al pensiero organizzativo 1 -la mia disciplina- dopo aver scritto di Kafka, attraverso la metafora del Castello e di Borges come sogno e interpolazione del caso. Sia il primo che il secondo rientrano negli strumenti dell’analisi organizzativa in una logica interdisciplinare.
Rispettivamente, la burocrazia e la distanza di potere o la creazione imprenditoriale e l’ordine del caos.
In breve, dalle certezze della gerarchia all’incertezza della leadership.
Il problema qui è il coordinamento organizzativo, declinato a livello di variabili dell’organizzazione, mentre ci è noto a livello strutturale, interazione comunicativa, supervisione e forme della standardizzazione (processi, output e competenze). Così come le logiche di fondo del coordinamento organizzativo, l’autorità, la condivisione o lo scambio (il mercato prima della gerarchia).
Ma per quanto concerne lo schema di variabili organizzative, utilizzato negli interventi di progettazione, gestione e riprogettazione dell’organizzazione è quello di Thomas J. Peters (1942-) e Robert Waterman (1937-) definito come il modello delle 7S 2 a dettare legge.
Questo metodo di intervento organizzativo fu sviluppato nel 1979 da Richard Pascale (1938-) in collaborazione con Anthony Athos (1939-2007) dell’Harvard Business School (e apparso per la prima volta nel libro The Art of Japanese Management, 1981) che lavoravano insieme a Peters e Waterman alla McKinsey&Company, società globale di consulenza di direzione aziendale 3 .
In questo schema vi sono sette variabili: Strategy, Structure, Systems, Style, Staff, Skills e Shared Values.
La strategia si compone degli obiettivi aziendali che devono essere coerenti tra loro (e con la finalità desiderata) e chiari e condivisi dal corpo dell’organizzazione (a questo proposito è utile riportare un aforisma di Athos secondo il quale “il primo requisito di un dirigente giapponese è l’accettazione da parte del gruppo”). Si tratta, in definitiva del compito istituzionale dell’organizzazione in coerenza con le aspettative dei vari stakeholder coinvolti, che ha anche una dimensione temporale (breve, medio e lungo periodo).
La struttura aziendale esprime semplicemente la sua organizzazione.
A livello macro il raggruppamento delle persone in unità operative, i livelli gerarchici, l’ampiezza di controllo (degli operatori) possibile e i meccanismi di coordinamento impiegati tra le diverse aree dell’organizzazione, insieme al livello di decentramento della struttura. Mentre a livello micro, il riferimento è alla struttura delle posizioni organizzative e al modello di organizzazione del lavoro scelto e definito, sulla base dei compiti, delle mansioni e dei ruoli così definiti.
I sistemi operativi fanno riferimento alla gestione dell’organizzazione. Comunicazione e informazione, programmazione e controllo di gestione, direzione delle risorse umane.
Per staff si intende sia il personale dell’organizzazione e le risorse umane che i criteri di selezione, inserimento e addestramento degli operatori nell’organizzazione. Le risorse umane sono a loro volta collegate alle skills (abilità, capacità) e alla struttura dell’organizzazione, in verticale e in parallelo.
Con le skills ci si riferisce, dunque, alle competenze degli attori e al know-how complessivo dell’organizzazione, alle competenze distintive di una azienda nell’area competitiva dove agisce, e corrisponde al patrimonio intangibile delle organizzazioni. Mentre gli stili di direzione indicano il modello di direzione adottato dal management (ossia, gli stili di leadership esercitati, formale o informale, verticistico o partecipativo,
accentrato o decentrato).
Infine, il sistema di valori (Shared Values), che è centrale in questo modello, e fa riferimento alla cultura dell’organizzazione, ai suoi valori di riferimento, ai principi guida (efficienza e produttività dei servizi, attenzione agli utenti esterni e interni, impegno orientato al benessere organizzativo e individuale), che orientano i comportamenti organizzativi fondamentali per l’efficacia organizzativa (risultati) e l’efficienza dei partecipanti (il loro equilibrio economico). Il sistema dei valori -in sostanza la cultura di una organizzazione- è considerato nel modello il baricentro delle altre correlazioni o interconnessioni.
Con l’analisi organizzativa proposta da tutti i punti di vista, sia attraverso le variabili hard, come strategia, struttura e sistemi, che tramite le variabili soft, come cultura, competenze e risorse umane o stili di leadership.Il modello delle 7S ha una grossa valenza sia analitica che di intervento (o riprogettazione) sulle organizzazioni, in quanto ha due caratteristiche fondamentali: la prima, quella di essere interconnesso, per cui ogni cambiamento in una delle variabili comporta degli effetti non sempre prevedibili sul resto del sistema; la seconda riguarda l’esigenza della coerenza interna del sistema, per cui non vi possono essere delle disarmonie tra elementi strutturali, sia sul versante hard (strategia, struttura e sistemi operativi) che su quello soft (cultura, stile di leadership, risorse umane e competenze) 4 .
In definitiva i sette elementi devono sempre essere coerentemente allineati o riallineati con eventuali interventi di riprogettazione sull’organizzazione.
Bisogna sempre tenere presente che il centro del modello delle 7S è il sistema di valori (condivisi) da cui derivano sei relazioni: tre variabili “dure”, come strategia, struttura e sistemi operativi; e le tre variabili “morbide”, come skills, staff (risorse umane) e style.
Ora immaginiamo due estremi organizzativi: l’organizzazione “zombie” e l’organizzazione virtuosa.
L’equilibrio organizzativo si raggiunge quando c’è coerenza tra strategia, struttura e sistemi operativi e corrispondenza tra skills, staff e style.
Ciò accade quando il sistema dei valori aziendali (la governance, ossia il complesso delle regole e dei processi attraverso i quali le imprese sono dirette e gestite) vede allineati obiettivi e finalità con le risorse essenziali e i meccanismi di supporto necessari (sistema informativo, pianificazione e controllo). Così come l’opportuna interdipendenza tra competenze, risorse umane e il modello di direzione aziendale.
Ci sono, infine, diversi gradienti di una organizzazione “zombie”. Le distorsioni vanno trovate nel management e in noi stessi. Per il management spesso il problema è nel non riconoscimento delle nostre capacità o motivazioni, oppure un deficit di progettazione o magari di gestione. Per gli operatori è fondamentale trovare risarcimenti (di vario genere) adeguati al loro impegno; in ogni caso è importante che l’impresa abbia uno “stato interno” pienamente legittimato, in termini di equità nella partecipazione, e una forte istituzionalizzazione dell’azione organizzativa 5 .
Note
1. tratto dal libro di Antonio D’Antonio “Le regole dell’organizzazione”, ad est dell’equatore, 2017.
2. Robert Waterman, Thomas J. Peters and Julien R. Philips, Structure is not organization, Business Horizons, 1980, vol. 23, Issue 3, pages 14-26.
3. T. Peters, Waterman R., In Search of Excellence, Harper & Row, New York, London, 1982.
4. G. Capaldo, P.O. Dipartimento Economico Gestionale, Ingegneria, Università degli Studi di Napoli Federico II, Docente Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA), 3.2.2011. Attualmente Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), Portale della Formazione, 2012, http://sna.gov.it/www.sspa.it/index-p=12604.html
5. Il problema delle distorsioni organizzative è ampiamente discusso nel libro citato dell’autore
https://www.adestdellequatore.com/shop/le-regole-dellorganizzazione/