Quali sono le sfide cruciali che dobbiamo affrontare per garantire un futuro di benessere?
Quai sono le opzioni disponibili?
Che cosa sta accadendo oggi, ora?
Sta per scoppiare una nuova guerra mondiale?
Che cosa significa l’ascesa di Donald Trump?
Che cosa si può fare per contrastare l’epidemia di notizie false?
Quali civiltà domineranno il pianeta: l’Occidente, la Cina, l’Islam?
Dove e a cosa dobbiamo concentrare la nostra attenzione?
Che cosa dovremmo insegnare ai nostri figli?
In un periodo di transizione negli equilibri dei poteri tra gli imperi dominanti, e nei rapporti tra gli esseri viventi e il pianeta siamo chiamati ad interrogarci, e tentare di comprendere i problemi e i dilemmi più urgenti delle comunità umane.
A questi interrogativi, e a molti altri ancora tra quelli che caratterizzano lo stato di incertezza divenuta endemica per il mondo contemporaneo globalizzato, per cercare adeguate risposte dobbiamo passare per riflessioni approfondite ed ampiamente documentate.
Se il futuro dell’umanità viene deciso in nostra assenza, poiché siamo troppo occupati a dar da mangiare e a vestire i nostri figli, noi e loro ne subiremo comunque le conseguenze. Certo è parecchio ingiusto; ma chi ha mai detto che la storia è giusta?
La nostra libertà di autodeterminazione passa per l’acquisizione della consapevolezza di una realtà complessa che reclama, impone, nuovi schemi interpretativi.
Per questo dovremo approfondire temi che vanno:
• dalla sfida tecnologica alle dinamiche del mondo del lavoro;
• dai rischi per la democrazia, alla crescente disuguaglianza;
• dalla guerra alla religione;
• dalla indeterminatezza dell’idea di verità al bisogno di politiche educative rigorose e al tempo stesso aperte e flessibili.
Ogni questione deve essere affrontata e sviluppata in termini molto ben argomentati senza tuttavia la pretesa di fornire facili soluzioni o risposte definitive.
In particolare in questa occasione vorrei concentrare la mia, e la vostra, attenzione sul tema dell’apprendimento e più in generale sulle politiche educative.
Le politiche educative
La questione educativa, e più in generale della formazione delle giovani generazioni, in un mondo caratterizzato da cambiamenti che si susseguono a ritmo incalzante, apre interessanti interrogativi.
Un bambino nato in questi giorni avrà 25 anni nel 2050. Se tutto gli, le, va bene, intorno al 2100 sarà ancora in vita, e probabilmente (a 75 anni) sarà un cittadino ancora attivo nel prossimo secolo.
L’umanità sta vivendo rivoluzioni repentine, le nostre storie stanno andando in frantumi, gli equilibri mondiali stanno cambiando e nessuna nuova narrazione è finora emersa per raccontarci cosa dire, cosa insegnare, dove concentrare l’attenzione delle politiche educative per chi introdurrà il prossimo secolo.
Che cosa dovremmo insegnare a questo (questa) bambino (bambina) per aiutarli, a sopravvivere e avere successo nel mondo del 2050 o in quello del XXII secolo?
Quali competenze professionali dovranno avere per essere utili alla comunità, trovare un lavoro, comprendere quello che accade e orientarsi nel labirinto della vita?
Domande di spessore, impegnative, in particolare se si riflette sulla realtà dei sistemi formativi (scuole, extra-scuola, università, …) ancora dominata, quasi ovunque nel mondo, da una cultura “istruzionista”, una tensione formativa che affonda le sue radici in una tradizione basata sull’accumulo di nozioni.
In una situazione stabile nel tempo e nello spazio, di fronte a saperi consolidati e di penuria delle informazioni disponibili era questo un approccio, che poteva avere una sua plausibilità.
Ma oggi questi sono i risultati:
1. La scuola italiana è infelice. Solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. (Fonte: OCSE)
2. La scuola italiana è impopolare. A 15 anni, il 92% dei ragazzi e il 90% delle ragazze risponde: “No” alla domanda “Ti piace la scuola?” (Fonte: OMS)
3. La scuola italiana è insalubre. Il 51,4% dei ragazzi soffre in modo ricorrente di stati di ansia o tristezza prolungati. Il 49,8% lamenta un eccesso di stanchezza. (Fonte: Agia)
4. La scuola italiana è la più stressante del mondo. Il 46,5% degli studenti dichiara di provare nervosismo costante sui banchi di scuola. La media mondiale è del 37%. (Fonte: WeWorld)
5. La scuola italiana mette a rischio la stabilità psichica degli insegnanti. Quasi la metà degli educatori è a rischio di burnout, o stress lavorativo cronico. (Fonte: Osservatorio sul Benessere dei Docenti dell’Università di Milano-Bicocca)
6. La scuola italiana è insoddisfacente. Meno del 50% degli insegnanti, degli alunni e dei genitori si dice soddisfatto della scuola italiana. È la terzultima in Europa. (Fonte: Save the Children)
Nel mondo in cui viviamo, caratterizzato da un diluvio di informazioni spesso non rilevanti, quasi sempre manipolate da ignoranza e più spesso da interessi economici e di potere; di fronte a continui e costanti cambiamenti di scenari e tecnologie, diventa cruciale rifondare radicalmente i contenuti, i metodi, i processi, l’erogazione dei sistemi formativi.
In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere.
La censura non opera bloccando il flusso di informazioni, ma inondando le persone di disinformazione e distrazioni.
Gli studenti sono attualmente sommersi da informazioni sovrabbondanti e facili da reperire, non hanno quindi bisogno di riceverne altre ma di dotarsi di strumenti che sollecitino le loro capacità di costruzione autonoma di un bagaglio personale di conoscenze pertinenti e coerenti (che si affina e si consolida nel tempo, certamente modificandosi) con il progetto formativo e di vita di ciascuno.
«Cosa dovremmo, dunque, insegnare?
Una domanda impegnativa che richiede una risposta complessa ma sintetica. Ci viene in aiuto il pedagogista americano Davidson con la didattica delle “quattro C”
Quali sono queste quattro C?
Eccole: critica, comunicazione, collaborazione e creatività.
Una prospettiva aperta al futuro in un contesto di radicale incertezza ipotecata dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa dovrebbero ridurre le conoscenze tecniche specifiche e sviluppare le abilità utili alla vita in generale; appunto le capacità di critica, comunicazione, collaborazione e creatività.
La più importante delle quali sarà la capacità di gestire il cambiamento, di imparare nuove cose, e di mantenere il controllo in situazioni di emergenza. L’intelligenza artificiale non sarà un pericolo, e rimarrà uno strumento utile e sotto controllo, finché non ci sarà un degrado dell’intelligenza umana (ma alcuni centri di ricerca hanno registrato un’inversione nella misurazione del QI che dopo anni di incremento negli ultimi sta diminuendo).
Patrimonio esclusivo della mente umana rimane, almeno allo stadio attuale dello sviluppo tecnologico, la creatività e l’imprevedibilità, due doti che l’intelligenza artificiale, semplice aggregatore logico di catene di parole, non è in grado di sviluppare.
Per i nostri sistemi formativi dunque la sfida, vertiginosa a pensarci bene, è quella di una riconversione radicale.
I giovani proiettati nel mondo del 2050 e oltre avranno bisogno di inventare nuove idee, nuovi prodotti, nuove logiche interpretative ma avranno soprattutto bisogno di immergersi costantemente nei bisogni della comunità di appartenenza, di ri-motivarsi costantemente assumendo consapevolezza della necessità di dover reinventare continuamente sé stessi e le proprie identità personali e professionali.
E’ arrivato il momento
Emerge chiaramente di ripensare radicalmente e urgentemente i sistemi educativi occidentali.
Adesso il tempo è scaduto.
Le decisioni che prenderemo nei prossimi decenni condizioneranno il futuro della vita delle persone e del pianeta. Dovremo (e potremo) operare queste scelte soltanto in base alla nostra attuale visione del mondo.
Se questa generazione non riuscirà ad avere una visione complessiva del cosmo, il futuro della vita sarà deciso dal caso.
Fonti
Yuval Noah Harari, 21 lezioni per il XXI secolo, Bompiani, 2019.
Y. N. Harari, Nell’epoca digitale, la conoscenza è potere, a cura di A, Longo, “la Repubblica”, 18 marzo 2019.
C. N. Davidson, The New Education. How to Revolutionize the University to PrepareStudents for a World in Flux, New York, Basic Books, 2017.