Si parla e si legge spesso del diritto alla conoscenza come fondamentale per garantire quello alla partecipazione a partire dalle consultazioni referendarie che non possono essere affrontate nella ignoranza dei quesiti posti e dalla possibilità e dal diritto di avanzare proposte nelle sedi istituzionali.

Si sappia che l’Assemblea Generale del Consiglio Europeo costituita da 47 Stati membro ha discusso e votato il Rapporto “Libertà dei media, affidabilità politica e diritto alla conoscenza dei cittadini” presentato dai Radicali Europei e basato su 4 pilastri:

  • disponibilità da parte del potere politico a rendere accessibile ai cittadini l’informazione e la conoscenza
  • e ad assicurare l’affidabilità dei media pubblici e privati attraverso la raccolta ed analisi di dati rilevati da una istituzione indipendente,
  • incentivo alla diffusione dei siti di scienza e conoscenza,
  • garanzia di libertà di parola come indispensabile condizione di un Paese democratico.

Il diritto alla conoscenza previene qualsiasi opzione dittatoriale. Questo diritto, quindi ora garantito ai cittadini europei, deve essere esteso a quelli dell’Est Europa e del Sud America, a partire dalla Cina, paese in grande crescita proprio attraverso la ricerca scientifica, ma che ancora, a volte, cade in errori di un passato non completamente cancellato.

La condivisione delle conoscenze può oggi giovarsi della crescita tecnologica con tecniche e metodologie in continua espansione, come la didattica in vivo, i musei diffusi, l’intelligenza artificiale, le machine learning.

È fondamentale che tali avanzamenti siano al servizio di tutti i cittadini, evitando che al contrario diventino motivo di discriminazione, così contribuendo a configurare un ulteriore aspetto della polarizzazione sociale.