… è una proprietà inerente all’intelligenza quella di saper uscire dal compito che sta svolgendo per osservare ciò che ha fatto… l’intelligenza è sempre in cerca di regolarità e spesso le trova… D. R. Hofstadter
Nei primi due articoli abbiamo esaminato la matrice del problema organizzativo, gerarchia o mercato? (Il Caos Management n. 153) e la convivenza, nelle organizzazioni evolute, di due razionalità (tecnica o limitata) e due nuclei (interno ed esterno) corrispondenti a due esigenze contrapposte (regolarità e stabilità versus instabilità e incertezza), vedi Il Caos Management n. 154.
In questo terzo punto esamineremo i limiti della burocrazia (amministrativa e meccanica) annunciando le possibili vie d’uscita dalla crisi della forma burocratica, frutto di un successivo contributo progettuale.
3 La crisi della forma burocratica
La burocrazia, come forma organizzativa, ha mostrato nel tempo segni di deterioramento e ambivalenze di vario genere, trasformandosi progressivamente da fattore di superiorità tecnica in minaccia a livello sociale e individuale. Gli apparati burocratici hanno, in molti casi, interferito anche con la politica determinando un corto circuito nei meccanismi sociali della democrazia attiva, e facendo emergere rilevanti spunti riconducibili ad una idea di democrazia passiva. Tra l’altro, le burocrazie, per il loro innato tecnicismo e l’indiscussa accettazione della gerarchia, hanno accentuato i fenomeni di spersonalizzazione già in corso per gli effetti negativi del modello di organizzazione del lavoro (OL) taylorista.
Vi è stato anche un progressivo contrasto tra la razionalità rispetto allo scopo, in un primo tempo una qualità della burocrazia, e la razionalità rispetto ai valori, venendo così sempre più meno alle aspettative sociali e individuali, che non erano solo tecniche e razionali ma anche valoriali e di senso. Si può senz’altro affermare che, a partire da questi presupposti, la burocrazia si è posta come una delle più acute contraddizioni della modernizzazione sociale ed economica del ’900. Ad andare in crisi è l’organizzazione macchina, molto efficiente ed efficace, in un contesto ambientale relativamente stabile e poco complesso, come era quello della prima metà del ’900, ma difficilmente adattabile ai successivi cambiamenti sociali e istituzionali in corso e alla stessa crescita culturale e professionale dei soggetti sul mercato del lavoro. Oggi le organizzazioni sono molto cambiate, in meglio e talvolta in peggio.
La stessa burocrazia moderna ha visto riemergere al proprio interno aspetti carismatici e tradizionalistici (o clientelari) che sembravano superati dal tipo di autorità legale propria della forma burocratica descritta da Max Weber, determinando un percorso a ritroso rispetto ai vantaggi della legittimità formale. Mentre dal punto di vista della modernizzazione delle forme burocratiche si sono realizzate, come vedremo, profonde trasformazioni, anch’esse ambivalenti, da un lato si cresce in opportunità e consapevolezza (crescita professionale, autonomia dei soggetti, processi di istituzionalizzazione organizzativa), dall’altro le trasformazioni in atto sembrano far arretrare l’intero sistema organizzativo nelle sue relazioni con l’ambiente e le soggettività implicate (diffondersi della precarietà, de standardizzazione dei tempi di lavoro e diffuse sacche di inefficienza organizzativa).
La prima trasformazione riguarda una componente strutturale, le organizzazioni tendono ad essere meno gerarchiche, sostituendo uno dei cardini del pensiero classico, il principio di disciplina con il principio di competenza, che caratterizza oramai tutte le forme organizzative cosiddette post- burocratiche. Vi è stata poi la progressiva differenziazione e varietà dei modelli di organizzazione che ha corrisposto alla diversificazione dei bisogni e delle aspettative delle collettività. Nel corso dello sviluppo storico, altre tipologie organizzative hanno affiancato o sostituito la burocrazia classica, come
- le organizzazioni professionali, composte da liberi professionisti che decidono di entrare nelle organizzazioni, traendone vantaggi economici e professionali;
- le forme divisionali, in grado di avere più linee di prodotto;
- o innovative, ossia deputate alla ricerca e allo sviluppo delle innovazioni tecnologiche e di prodotto.
Tutte queste dinamiche organizzative hanno ridimensionato un altro principio base della visione classica, ossia l’unicità del modello burocratico e la standardizzazione dell’organizzazione del lavoro ad essa collegata, tramutandola in differenziazione strutturale e polivalenza degli operatori. Così le stesse normative che regolano i rapporti di lavoro e la loro organizzazione sono radicalmente cambiate, come sottolinea la letteratura di riferimento, quando afferma che il lavoro a tempo pieno è stato soppiantato dalla miriade di forme contrattuali del lavoro precario, che hanno determinato la nascita di una configurazione del lavoro del tutto nuova come quella degli odierni multitasked workers. La medesima introduzione del telelavoro e dell’impresa virtuale hanno stravolto un principio burocratico basilare come quello della separazione tra vita pubblica e privata. Il segreto d’ufficio, oggi diremmo segreto industriale, un altro dei capisaldi delle caratteristiche burocratiche, non è più un tabù, perché le imprese condividono, nelle nuove geometrie organizzative, tramite accordi e collaborazioni di varia natura, comuni know-how tecnologici e produttivi. Diversificandosi, poi, solo sulle funzioni di marketing, e lavorando così più sull’immaginario collettivo che sui modelli di produzione oramai condivisi e le tecnologie mature sempre più facilmente reperibili sul mercato.
Ma la crisi della forma burocratica si gioca anche, e soprattutto, sulle disfunzioni interne e i “circoli viziosi” tipici che l’operatività di questo modello organizzativo ha fatto emergere gradualmente nel corso del tempo. Ci si accorgerà ben presto che la razionalità assoluta e la formalizzazione estrema che hanno caratterizzato la burocrazia classica mostrano tutti i loro limiti quando questa forma organizzativa è costretta a rapportarsi con l’ambiente esterno e nelle sue relazioni con gli attori interni all’organizzazione. Studi e ricerche, hanno evidenziato le disfunzioni della burocrazia, scoprendo le funzioni latenti di una azione (non volute né conosciute) opposte alle funzioni manifeste (note e volute). È come dire che le forme burocratiche progettate, organizzate e gestite per uno scopo preciso, secondo canoni razionalistici, hanno mostrato, in molti casi, nei fatti, comportamenti contraddittori o inversi che ne vanificavano le finalità istituzionalizzate, facendo emergere dinamiche solo apparentemente irrazionali. Qui esamineremo alcuni circoli viziosi tipici, che si sono sviluppati nell’abituale attività delle burocrazie, evidenziando gli scarti, rispetto all’intenzione razionale, dei comportamenti organizzativi preordinati e programmati dalla progettazione organizzativa classica.
3.1 I circoli viziosi della burocrazia
In effetti, la crisi degli apparati burocratici corrisponde al default del “funzionalismo forte” sostituito dal “funzionalismo debole”, una sorta di revisionismo degli studiosi post-weberiani che ammettono le conseguenze inattese della burocrazia meccanica.
Le regole fini a sé stesse
In particolare, R. K. Merton (1910-2003) evidenzia l’inversione mezzi- fini delle burocrazie classiche, ossia le funzioni latenti (o disfunzioni della burocrazia); per esempio, l’incapacità addestrata di adattarsi al nuovo, il ritualismo burocratico (come conformismo autoreferenziale, lo spirito di corpo e la difesa dei propri interessi costituiti), con le inevitabili contrastanti aspettative di burocrazie e utenti, nel contesto ambientale di riferimento.
Il decentramento come deriva organizzativa.
Mentre, secondo P. Selznick, le distorsioni della burocrazia provengono dall’esterno, sono quindi ambientali. Nella sua ricerca sulla TVA (Tennessee Valley Authority), condotta nel 1949, egli dimostra come le pressioni di altre istituzioni possano deviare i legittimi fini istituzionali delle organizzazioni burocratiche tramite l’azione distorsiva dei centri di potere esterni e delle cricche interne (cliques); potendo salvaguardare l’autonomia organizzativa, solo attraverso una guida (carismatica) o processo di re-istituzionalizzazione dell’organizzazione, tramite l’azione efficace dell’alta dirigenza.
Le tensioni tra disciplina e competenza
Considerando pure, che A. Gouldner, nel suo libro Patterns of Industrial Bureaucrazy, (1954), riguardante la ricerca in uno stabilimento minerario di 200 persone, finisce per scoprire, casualmente, la pluralità delle forme burocratiche; un modello naturale e un modello razionale di organizzazione, considerando le differenze strutturali tra il livello operativo degli uffici (staff) e il mestiere operaio dei minatori (nel nucleo operativo), che condiziona il management all’esercizio di due forme di controllo organizzativo: il “modello dell’indulgenza” (attivo nella miniera) e il processo di burocratizzazione formale diffuso nello staff amministrativo. Applicando, in effetti, due principi gestionali: quello di competenza e quello di disciplina. Tra parentesi, l’autore spiega la bassa produttività delle burocrazie classiche tramite il concetto di “conservazione dell’apatia”, per cui le regole di lavoro stabilite fanno riferimento alle medie virtù degli operatori piuttosto che all’eccellenza delle prestazioni e questo per evitare le tensioni e la conflittualità aziendale, scontando tuttavia una certa “pigrizia” (e resistenza) degli apparati amministrativi all’efficienza dei processi interni e all’efficacia delle aspettative esterne.
Il controllo dei margini di incertezza
Infine, M. Crozier, nel suo Le phénomène bureaucratique (1963), fa una spietata analisi delle disfunzioni burocratiche, soprattutto delle Amministrazioni Pubbliche, afflitte, principalmente, dalla “mancanza di sfide esterne” e dagli “interessi corporativi” interni, tutti rappresentati. In questo quadro di inefficienza si inseriscono le strategie opportunistiche dei soggetti, i loro comportamenti organizzativi finalizzati a ricavarsi ambiti di potere personale per il controllo dei margini di incertezza tecnica, insita nelle organizzazioni disegnate secondo il principio della razionalità assoluta. Così il pericolo che l’autorità formale (pienamente legittimata) di Weber diventi potere soggettivo e strategico, ad uso personale, è una deriva sempre possibile negli apparati amministrativi di natura burocratica (richiamando il consolidato tema dell’opportunismo organizzativo, basato sul “moral hazard” e le “asimmetrie informative”. La conseguenza è una crisi strutturale di legittimazione delle forme burocratiche nei rapporti con la società, le istituzioni e gli stessi clienti-utenti.
A questo punto dobbiamo chiederci quali sono le ricadute manageriali rispetto a questo segmento critico di teoria organizzativa (classica) e come si possano applicare le opportune pratiche di reengineering organizzativo e sarà oggetto del prossimo contributo sulla teoria dell’organizzazione sul prossimo numero de Il Caos Management.
A questo proposito, nel prossimo intervento, si farà riferimento alle tecniche e strumenti di riprogettazione organizzativa (TQM e BPR), in particolare, direzione per obiettivi (Dpo), cultura organizzativa e project management (PM).
Note
1 Gli articoli sono tratti da “Le regole dell’organizzazione” e “La musica del management” editi da “ad est dell’equatore”, 2017 e 2024 https://www.adestdellequatore.com/categoria-prodotto/kuang11/