Franco Basaglia vedeva nel lavoro uno strumento fondamentale per la cura e l’integrazione sociale delle persone con disagio psichico, una risorsa essenziale per restituire dignità e significato a chi rischiava di essere escluso dalle comunità.
Cosa ci può insegnare oggi questa posizione espressa in modo così avanguardista e illuminato dal noto psichiatra oltre 50 anni fa?
Vita, lavoro, benessere mentale e inclusione sociale sono elementi strettamente collegati e sinergici tra loro. In questo senso le aziende tutti i luoghi di lavoro prima di tutto sono da osservare e vivere come comunità, organizzazioni sociali, in cui le persone coesistono e collaborano per raggiungere degli obiettivi e dove le relazioni personali, di conseguenza, hanno un’importanza enorme.
Le imprese esercitano una funzione essenziale di collante sociale per le persone e un potere di coesione per le comunità. Alla luce di ciò è quanto mai importante chiederci come stiano le persone al lavoro, quale sia il loro livello di soddisfazione, stress e benessere mentale, quanto di sentano ascoltate, coinvolte e considerate dalle organizzazioni per cui lavorano e come stiano cambiando le dinamiche in questo ambito.
Alcuni spunti preziosi arrivano a riguardo dall’Osservatorio Balance, realizzato dalla società Jointly, che ha analizzato diverse centinaia di casi di lavoratori che hanno usufruito di servizi di counselling e supporto psicologico messi a disposizione dalle loro aziende (sportelli di ascolto, colloqui individuali, ecc.) e intervistato psicologi e counselor impegnati in queste attività.
I temi più critici evidenziati dalla grande maggioranza dagli impiegati, quadri e dirigenti nei colloqui in azienda appartengono innanzitutto alla sfera personale (che “invade” l’ambito lavorativo”), seguiti da problemi che derivano dai rapporti interpersonali nel luogo di lavoro e da difficoltà legate allo sviluppo professionale e all’organizzazione aziendale.
Il forte impatto sul lavoro della vita personale è ancora più delicato per le persone nella fascia tra i 30 e i 50 anni che manifestano difficoltà a conciliare gli impegni lavorativi con le responsabilità di cura nei confronti di partner, famiglia, figli, genitori anziani. Gli under 30, invece, soffrono maggiormente per gli aspetti legati all’organizzazione aziendale che spesso faticano a comprendere e nei quali non si sentono sufficientemente coinvolti.
A mettere in difficoltà gli over 50, invece, sono soprattutto le relazioni personali nei luoghi di lavoro. In diversi casi ciò deriva dal rapporto con i colleghi più giovani e da differenti metodi e approcci al lavoro.
Emerge a tratti un contesto di “disillusione” all’interno del quale i giovani non trovano corrispondenza tra le loro aspettative (di vita e professionali) e le organizzazioni aziendali in cui spesso non sono previsti periodi di inserimento e formazione; allo stesso tempo, le aziende si rivelano, in molti casi, resistenti al cambiamento o introducono novità in modo unilaterale, senza un ascolto attento delle persone. In questo contesto, i servizi di supporto psicologico in azienda risultano particolarmente efficaci, in quanto contribuiscono a migliorare il benessere mentale e a ridurre l’impatto di eventuali problematiche. E’ però necessario ampliare e dare continuità a questo tipo di iniziative per rendere l’ascolto dei bisogni delle persone un percorso più strutturato e orientato a innovare le organizzazioni. Per le aziende è necessario affrontare direttamente il malessere dei dipendenti e collaboratori senza delegarne la gestione (per esempio limitandosi a rimborsare le spese per la cura del benessere mentale o a stipulare convenzioni per il supporto psicologico).
Inoltre, organizzare il dialogo in modo strutturato e continuativo, attraverso, per esempio, servizi di counselling, sondaggi e incontri tra responsabili delle risorse umane e dipendenti, permette di dare continuità e sostanza al percorso di ascolto.
Essenziale è anche sostenere i manager nello sviluppo di capacità di ascolto e relazionali. In sintesi, per intercettare, gestire e orientare al cambiamento i nuovibisogni e le tendenze che emergono dal dialogo con le persone in azienda, anche alla luce delle grandi novità degli ultimi anni come lo smart working, le organizzazioni devono sempre più attrezzarsi per essere interlocutori stabili e attenti ai bisogni dei loro collaboratori e percepire sé stesse come comunità e le persone che vi lavorano come soggetti in cui più dimensioni, anche quella personale, si intersecano.