La scienza della comunicazione è una disciplina unica? In realtà no, si declina per tipologie legate ai contesti, ai pubblici e alle fonti. C’è la comunicazione aziendale, la comunicazione pubblica, la comunicazione sociale e così via. Gli strumenti, le tecniche, i media spesso sono comuni, ma si declinano i toni e lo stile; insomma l’intonazione. Anche se non in maniera deterministica né monopolistica.
Esiste, dunque, una categoria di comunicazione che può definirsi politica? Certamente! Anche se, forse, sarebbe stato meglio intitolare questo intervento “La comunicazione dei politici”, perché vedremo come la comunicazione politica può avere toni e stili assai differenti.
Analizzeremo, infatti, la modalità di comunicare di due uomini politici, di diversa rilevanza, di diversa nazionalità, forse di collocazione politica simile, anche se con back ground e percorsi professionali decisamente differenti. Come assai differenti sono le modalità e i toni di comunicazione. I due uomini politici sono Donald Trump, presidente, per la seconda volta, degli Stati Uniti e Alessandro Giuli, giornalista, ex presidente del Maxxi, neo ministro della cultura del governo italiano con premier Giorgia Meloni. Espressione di due governi di destra, uno esplicitamente affaristico, alimentato principalmente da un desiderio di vendetta personale; l’altro essenzialmente concentrato a perpetuare la propria posizione di potere anche se questo ha comportato il dover diventare “atlantisti” e “neo liberisti” e, quindi, con il compito di difendere e sostenere i ricchi a discapito dei poveri. Poveri che, fantastico!, sono in entrambi casi coloro che hanno portato al potere entrambi i politici di cui analizzeremo le modalità di comunicazione.
La rissa tra Trump e Zelenskyy
Il primo esempio è stato ampiamente diffuso e commentato dai giornali di tutto il mondo. Secondo molti una discussione come mai se ne erano viste tra capi di Stato (alleati?) e che rimarrà nei libri di storia. Siamo a Washington, alla Casa Bianca, il 28 febbraio 2025 in una conferenza stampa nella sala ovale. L’incontro dura 42 minuti. Sembrava partito sotto i migliori auspici. Tutto da protocollo. “Insieme, possiamo fermare Putin“, le parole del presidente ucraino appena arrivato alla Casa Bianca. Poi, dopo una quarantina di minuti, tutto è precipitato. E, nello Studio Ovale, in mondovisione, per circa tre minuti, è andato in scena uno scontro senza precedenti. Tra il presidente americano, spalleggiato dal suo vice JD Vance, e quello ucraino:
«Giochi con la Terza Guerra Mondiale. O fai un accordo o noi siamo fuori!».
L’obiettivo di Trump («un presidente bullo e delinquente» secondo Richard Gere) era la firma di Zelenskyy per un accordo con gli Stati Uniti che in cambio dei 120 miliardi di dollari di armi (per almeno l’80% fabbricate da aziende statunitensi) consegnate all’Ucraina per difendersi dall’invasione della Russia pretendeva (a posteriori) la cessione di 500 miliardi di dollari di “terre rare”. Zelenskyy si era presentato ufficialmente disponibile all’accordo, ma solo se l’accordo conteneva stringenti vincoli verso gli Stati Uniti e l’Europa per garantire la sicurezza dell’Ucraina da ripensamenti dei russi.
Questo lo stenografico delle ultime battute.
Vance
«… l’Ucraina sta avendo seri problemi…
Zelenskyy
«Durante la guerra, tutti hanno problemi, anche voi. Ma avete un bell’oceano e non ve ne accorgete ora, ma ve ne accorgerete in futuro. A Dio piacendo, non avrete una guerra..»
Trump
«Non dirci come ci sentiremo. Stiamo cercando di risolvere un problema. Non dirci come ci sentiremo. Perché non sei nella posizione di dettare questo – è esattamente quello che stai facendo. Non sei nella posizione di dettare come ci sentiremo. Ci sentiremo molto bene, ci sentiremo molto bene e molto forti. In questo momento non sei in una posizione molto buona. Ti sei messo in una posizione molto brutta, non sei in una buona posizione. Non hai le carte. Con noi inizi ad avere le carte.»
Zelenskyy
«Non sto giocando a carte.»
Trump
«Stai giocando a carte, stai giocando con milioni di persone, stai giocando con la Terza Guerra Mondiale. Stai giocando con la Terza Guerra Mondiale. E quello che stai facendo è molto irrispettoso nei confronti del Paese, di questo Paese. Questo Paese ti ha sostenuto molto più di quanto secondo molte persone avrebbe dovuto fare.»
Vance
«Hai detto grazie una volta?»
Zelenskyy
«Molte volte, molte volte, anche oggi.»
Vance
«In tutto questo incontro hai detto grazie? Lo scorso ottobre sei andato in Pennsylvania e hai fatto campagna per l’opposizione; dì alcune parole di apprezzamento per gli Stati Uniti d’America e per il presidente che sta cercando di salvare il tuo Paese.»
Zelenskyy
«Per favore. Pensi che se parli ad alta voce della guerra…»
Trump
«Non sta parlando ad alta voce, non sta parlando ad alta voce. Il tuo Paese è in grossi guai. No, no. Hai parlato molto. Il tuo paese è in grossi guai, non stai vincendo, non stai vincendo questa guerra. Hai una dannata possibilità di cavartela grazie a noi.»
Zelenskyy
«Restiamo nel nostro paese, restiamo forti. Fin dall’inizio della guerra, siamo stati soli e siamo riconoscenti, ho detto grazie a questo gabinetto..»
Trump
«Vi abbiamo dato, tramite questo stupido presidente, 350 miliardi di dollari. Vi abbiamo dato equipaggiamento militare, i vostri uomini sono coraggiosi ma usano il nostro equipaggiamento militare. Se non aveste avuto il nostro equipaggiamento militare, questa guerra sarebbe finita in due settimane.»
Zelenskyy
«In tre giorni, l’ho sentito da Putin, in tre giorni. In due settimane, ovviamente.»
Trump
«Ve lo dico: sarà molto dura fare affari così.»
Vance
«Dì semplicemente grazie, accetta che ci siano dei disaccordi. E andiamo a discutere di questi disaccordi invece di cercare di farli uscire sui media americani quando hai torto. Sappiamo che hai torto.»
Trump
«Ma vedi, penso che sia positivo per il popolo americano vedere cosa sta succedendo qui. Penso che sia molto importante. Ecco perché ho continuato così a lungo. Devi essere riconoscente: non hai le carte e sei impantanato. La tua gente sta morendo. Stai esaurendo i soldati, stai esaurendo i soldati. [Il cessate il fuoco] Sarebbe grandioso. E poi ci dici, ‘Non voglio un cessate il fuoco. Non voglio un cessate il fuoco. Voglio andare e voglio questo…’ guarda, se riesci a ottenere un cessate il fuoco adesso, ti dico, prendilo. Così i proiettili smettono di volare e i tuoi uomini smettono di farsi uccidere…»
Zelenskyy
«Ovviamente vogliamo fermare la guerra.»
Trump
«Ma dici che non vuoi il cessate il fuoco. Io lo voglio…»
Zelenskyy
«Chiedete alla nostra gente cosa ne pensa di un cessate il fuoco»
Trump
«Non c’ero io. C’era un tizio di nome Biden che non è una persona intelligente. C’era Obama. Scusa, c’era Obama che vi ha dato le lenzuola mentre io vi ho dato i [missili] Javelin. Sì, vi ho dato i Javelin per eliminare tutti quei carri armati. Obama vi ha dato le lenzuola. Infatti, il riassunto è che Obama ha dato le lenzuola e Trump ha dato i Javelin. Devi essere più riconoscente perché lasciami dire che non hai le carte. Hai le carte, ma senza di noi, non hai le carte.»
Trump
«Il problema è che io ti ho dato la possibilità di fare il duro. Ma non penso che saresti un duro senza gli Stati Uniti. La tua gente è molto coraggiosa, ma o facciamo un accordo o noi siamo fuori. E se siamo fuori, dovete lottare da soli. Non credo che sarà bello, ma dovrete lottare da soli. Non hai le carte in mano. Ma se firmiamo l’accordo, la tua posizione migliora molto. Però non ti stai comportando in maniera riconoscente e a essere sinceri questo non è bello. Penso che abbiamo visto abbastanza, che ne dite? Sarà ottima televisione.»
L’analisi della struttura grammaticale dell’interlocuzione di Donald Trump
Non affronteremo, ora, le implicazioni politiche e geopolitiche di questo confronto, né valuteremo la congruità o la visione delle posizioni politiche, sociali e culturali di Trump, né di Zelenskyy; ci limiteremo ad analizzare la struttura delle espressioni di Trump.
- «Non dirci come ci sentiremo. Stiamo cercando di risolvere un problema. Non dirci come ci sentiremo. Perché non sei nella posizione di dettare questo – è esattamente quello che stai facendo. Non sei nella posizione di dettare come ci sentiremo. Ci sentiremo molto bene, ci sentiremo molto bene e molto forti. In questo momento non sei in una posizione molto buona. Ti sei messo in una posizione molto brutta, non sei in una buona posizione…». I concetti sono semplici, basici, ripetuti più volte, come se stesse parlando a un bambino, o parlasse un bambino capriccioso: «Non dirci come ci sentiremo» (3 volte); «ci sentiremo molto bene» (2 volte); «non sei in una buona posizione» (2 volte); «Stai giocando con la Terza Guerra Mondiale» (2 volte). Le frasi corte, apodittiche. Sostanzialmente minacciose (Gere: “un presidente bullo“).
- «Ve lo dico: sarà molto dura fare affari così.» Questa frase svela la vera natura dell’attuale Presidente degli Stati Uniti interessato a fare “business” e non “politics”. Ma il capo di Stato della principale potenza mondiale, dell’impero americano, deve fare istituzionalmente politica (e lasciare gli aspetti di business ai suoi scherani).
- «E quello che stai facendo è molto irrispettoso nei confronti del Paese, di questo Paese.» «Perché non sei nella posizione di dettare». «Il problema è che io ti ho dato la possibilità di fare il duro. Ma non penso che saresti un duro senza gli Stati Uniti». «Devi essere riconoscente: non hai le carte e sei impantanato». Hybris, tu non sai chi sono io, tu mi devi rispettare, devi essere riconoscente. Il rispetto non come conseguenza dell’autorevolezza, ma dell’autoritarismo, della potenza di fuoco. Ancora una volta, minacce. (Gere: “un presidente bullo“).
- «Non c’ero io. C’era un tizio di nome Biden che non è una persona intelligente.» Insultare in mondovisione e di fronte al capo di Stato di un altro paese il presidente degli Stati Uniti (precedente) oltre che poco istituzionale per gli Stati Uniti come nazione, è implicitamente (e nel caso di Trump inconsapevolmente) affermare che uno stupido 4 anni fa è stato più bravo di te (Trump), e che il popolo americano (che ha eletto sia Biden, sia Trump) non sa scegliere i propri Presidenti che sceglie “non intelligenti” (certo l’offerta era quella che era, ma dei dubbi vengono anche a noi).
- «Vi abbiamo dato, tramite questo stupido presidente, 350 miliardi di dollari». Fake, bugia, balla. Secondo tutti gli analisti la cifra corretta è intorno ai 120 miliardi. E se fossero 350 perché mai pretenderne 500? Interessi?
Quello che impressiona è la grettezza delle argomentazione, il sostanziale analfabetismo nella costruzione delle frasi. Sconvolge pensare che questa è la raffinatezza delle argomentazione della persona che dovrebbe avere in mano le sorti del pianeta; dell’uomo che ama definirsi “il più potente della terra”. Certo, questo non vorrei mai dirlo, ma non riesco a trattenerlo, siamo di fronte ai limiti della democrazia che evidentemente non riesce a selezionare una classe dirigente adeguata e acculturata. Le elité hanno bisogno di giannizzeri, non di essere pensanti e critici. Riflessione apparentemente qualunquista, che rende eclatante il ruolo fondamentale dei contrappesi nelle democrazie, la stoltezza di premierati forti. La Costituzione americana è stata la prima costituzione “democratica” precedente quella francese. Venne stilata tra il maggio e il settembre 1787 dalla convenzione di Filadelfia e ratificata nel giugno 1788 . Entrò in vigore nel marzo 1789 e da allora è stata modificata 27 volte. Probabilmente ha bisogno di un ulteriore aggiornamento. Vedremo nei prossimi anni come e quanto l’ingegneria democratica degli Stati Uniti riuscirà a resistere di fronte a una presidenza priva di qualunque pudore.
Per completezza del quadro di riferimento dobbiamo ricordare che questo incontro-scontro non è figlio dell’oggi. Ruggine antica quella tra Donald Trump e Volodymyr Zelenskyy, ci ricorda Massimo Gaggi. Tutto ruota intorno a una telefonata tra i due del 25 luglio 2019. Mancava un anno alle presidenziali e Trump si preoccupava di tagliare la strada a Joe Biden. Il cui figlio, Hunter, la «pecora nera» della famiglia, era entrato nel 2014, quando il padre era vicepresidente, nel consiglio d’amministrazione di Burisma, maggiore impresa ucraina del gas. Hunter non sapeva nulla di Ucraina e di gas e il presidente della società era stato indagato per corruzione. Trump sguinzagliò i suoi uomini, soprattutto l’avvocato personale Rudy Giuliani e il procuratore generale, Bill Barr, alla ricerca di prove di corruzione. Visto che loro non approdavano a nulla, Trump decise di intervenire in prima persona con la telefonata nella quale chiese al presidente ucraino di trovare prove contro Hunter e anche contro Joe Biden. Nelle stesse settimane un pacchetto di aiuti militari a Kiev votato dal Congresso, fu bloccato dallo stesso Trump. Rimasto a covare sotto la cenere per un paio di mesi, il caso esploderà, poi, a metà settembre quando un agente della Cia, che (strano!) conosce i contenuti della telefonata tra i due capi di Stato, denuncia Trump con l’accusa di aver usato i poteri presidenziali per spingere un’entità straniera a interferire col processo elettorale americano. E di aver ricattato Zelenskyy bloccando gli aiuti votati dal Congresso. Alla fine un Trump furente sblocca il pacchetto di assistenza militare mentre la Camera dei rappresentanti, a maggioranza democratica, avvia un’indagine per arrivare all’ impeachment del presidente. Procedura che viene formalizzata a dicembre, anche grazie a una trascrizione del colloquio tra i due leader.
Una trappola di Trump a Zelenskyy? Non necessariamente. Trump era sicuro del risultato e la prima conferenza doveva essere il teatrino di una intera amministrazione benevola che vuole negoziare un accordo che potrebbe portare alla fine della guerra. Lo spettacolo sarebbe proseguito con le firme e la dichiarazione finale davanti a tutte le telecamere. E’ il problema degli arroganti: sono sicuri che quello che loro vogliono sia esattamente l’unica cosa che può succedere. Non si pongono il problema dell’altro. Altro (Zelenskyy) che, a occhio e croce, ha completamente sbagliato la strategia. Azzardo fatale. Il leader ucraino voleva il summit per perorare la sua linea: ha scordato che gli Usa non tutelano gli alleati, ma solo i propri interessi. Anche per lui una incapacità di ascolto (per tornare alla comunicazione): non capire e non accettare che la guerra è persa (ha perso!) e che non ci sarà modo di far cambiare idea a Trump che non ha interesse a spendere fiumi di denaro per una guerra che non si può vincere.
Dall’incultura alla pseudocultura
Se per Trump il problema è la semplicità sintattica delle frasi utilizzate, ben diversa è l’analisi dell’intervento di Alessandro Giuli.
«Comincio a leggere una parte un po’ più teoretica»,
esordisce, il 9 ottobre 2024, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, davanti ai parlamentari arrivati alla sala del Mappamondo a Montecitorio per ascoltare, come commissioni della cultura riunite di Camera e Senato, le linee programmatiche per la guida del Mic. Il successore di Gennaro Sangiuliano si è poi esibito in un discorso molto aulico, zeppo di citazioni filosofiche e letterarie. Al punto che, sui social, e non solo, diverse persone hanno parlato di «supercazzola». Sfottere qualcuno perché usa paroloni, come fosse colpa sua se non li capiamo, è un malcostume diffuso, la cui forma più comune è derubricare il discorso bersaglio a “supercazzola”. Peraltro se la grettezza di Trump non rappresenta adeguatamente il ruolo e l’autorevolezza che devono avere le istituzioni che rappresentano una comunità, anche la chiarezza dovrebbe essere un attributo del discorso di un politico che, non dimentichiamolo, è un rappresentate del popolo, al popolo si rivolge e dal popolo deve essere capito. Per cui una cosa è esprimere concetti raffinati anche se di non immediata comprensione (le mitiche parallele convergenti di Aldo Moro), altra cosa è pensare di qualificarsi come insigne intellettuale per l’uso a dismisura di termini di difficile comprensione.
Sentiamo il ministro della cultura Giuli:
“Il movimento delle cose è così vorticoso, improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni, che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone delle ultime generazioni ha cominciato a mutare con esso. Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia, delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare: l’entusiasmo passivo che rimuove i pericoli dell’ipertecnologicizzazione e, per converso, l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro”.
Certo, Giuli poteva dirlo più semplicemente. Ed è un peccato perché se ricorriamo all’aiuto di ChatGpt, come ha fatto Fanpage, avremmo scoperto che dietro ai paroloni (“processi cognitivi delle persone“, “cambiamento di paradigma“, “quarta rivoluzione epocale della storia“, “ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale“,”i pericoli dell’ipertecnologicizzazione“, “l’apocalittismo difensivo”,”impugnando un’ideologia della crisi“) c’erano concetti interessanti sopratutto se proposti da un ministro di destra che ama girovagare nei boschi, interpretando un Arvale (i sacerdoti che officiavano il culto della dea Diana) in una scenetta dal tono agreste in cui la dea Diana, dea italica, latina e romana, signora delle selve, protettrice degli animali selvatici, custode delle fonti e dei torrenti, protettrice delle donne, feconda la terra, mentre Giuli-Arvale suona una specie di flauto e poi proclama una litania sulla divinità romana della fertilità.
Ma sentiamo cosa avrebbe detto Giuli secondo la traduzione di chatGpt:
“Le cose stanno cambiando così rapidamente che anche il modo in cui le persone pensano e apprendono sta evolvendo. Viviamo in un ambiente dominato dall’informazione. Di fronte a questo cambiamento ci sono due rischi opposti: da un lato, l’entusiasmo passivo, cioè accettare acriticamente la tecnologia senza pensare ai suoi pericoli; dall’altro, il pessimismo estremo, che vede la tecnologia come una minaccia e rimpiange il passato”.
Per completezza vediamo cos’altro ha detto il nostro ministro della cultura, che nel suo caso dobbiamo mettere maiuscola (Cultura):
«Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi? No. Fare Cultura è pensare sempre da capo e riaffermare continuamente la dignità, la centralità dell’uomo, ricordare la lezione di umanismo integrale che la civiltà del rinascimento ha reso universale. Non l’algoritmo, ma l’umano, la sua coscienza, la sua intelligenza e cultura immagina, plasma e informa il mondo. In questa prospettiva è un’illusione ottica pensare a una distinzione di categoria o, peggio, a una contrapposizione tra le culture scientifiche e umanistiche. Come in una disputa tra un fronte culturale progressista e uno conservatore. Dialettica errata. Si tratta di pensare: Pitagora, Dante, Petrarca, Botticelli, Verdi, insieme con Leonardo da Vinci e Galilei, Torricelli, Volta, Fermi, Meucci e Marconi, e al di là della declamazione dei grandi nomi della cultura umanistica e scientifica italiana, è necessario rifarsi a questa concezione circolare e integrale del pensiero e della vita che costruisce lo specifico della Cultura»
Poiché il contenuto era davvero così elementare, Giuli si è dimostrato un pessimo oratore: la perifrasi labirintica desta sospetti, e infatti si presta al dileggio dai tempi di Aristofane, che nelle “Nuvole” parodiò i sofismi dei filosofi.
Fonti
- Casa Bianca come un saloon, rissa Trump-Zelensky, La stampa, 28 febbraio 2025.
- Massimo Gaggi, Trump-Zelensky, la telefonata per avere prove contro il figlio di Biden è l’origine dell’odio? Corriere della sera, 1 marzo 2025.
- Richard Gere, discorso riproposto a La torre di Babele, La7, 28 febbraio 2025.
- Alessandro Giuli, il discorso del ministro alla Camera, LaPresse, 8 ottobre 2024.
- Daniele Luttazzi, Come capire la trama ideologica delle parole di Giuli, senza sfottò, Il fatto quotidiano mercoledì 18 Dicembre 2024.
- Fabio Mini, Trump-Zelensky, tutto quello che i giornali non hanno scritto, Il fatto quotidiano mercoledì 18 Dicembre 2024, lunedì 3 Marzo 2025.