Il 27 Marzo scorso è tornata l’ora legale: abbiamo dovuto regolare i nostri orologi meccanici o al quarzo. Invece si sincronizzano automaticamente gli orologi radiocontrollati da polso o da parete di varie marche.
Gli orologi di personal computer, laptop e smartphone sono sincronizzati via Internet da un servizio che trasmette l’ora esatta. In Europa il servizio via radio più importante è a Francoforte con una emittente da 50 kiloWatt. Negli USA il servizio è gestito dal National Institute of Standards and Technology (NIST). Riceve ogni giorno 16 miliardi di richieste di sincronizzazione da gestori di e-mail, di browser Web, di software per transazioni finanziarie e da privati.
In USA i singoli orologi elettronici sono programmati per connettersi periodicamente con 20 terminali installati in Colorado. Tre di questi sono collegati con orologi atomici che all’inizio di ogni secondo generano un impulso elettrico e lo trasmettono a un server. Il segnale è tradotto in una sequenza di caratteri (che esprimono ora, minuti e secondi del giorno) trasmessa separatamente dall’orologio al server. L’accuratezza è di un secondo ogni 300 milioni di anni. I service provider o il software dei singoli orologi interni aggiustano il codice a seconda dei fusi orari e dell’ora legale. Sono stati registrati i totali delle richieste ricevuti dai server NIST per un mese: provenivano da 316 milioni di indirizzi IP (rappresentanti circa l’8,5 % di tutte le connessioni a Internet) ed erano suddivisi fra 244 nazioni.
Benjamin Franklin concepì l’idea dell’ora legale nel 1784. Ci vollero 132 anni perchè il provvedimento fosse adottato in Europa durante la Prima Guerra Mondiale. In USA il daylight saving time (“ora per il risparmio della luce del giorno) divenne legge nel 1918 e fu abbandonato nel 1919. Fu legge durante la Seconda Guerra Mondiale dal 1942 al 1945 e di nuovo dal 1974 dopo la crisi energetica.
Oggi la legge USA porta avanti le lancette di un’ora dalle 2 del mattino della prima domenica d’Aprile. Per una settimana siamo fuori fase sulle due sponde dell’Atlantico perchè in Europa si comincia dall’ultima domenica di Marzo. Poi si smette insieme all’ultima domenica di Ottobre. I russi portano avanti gli orologi di 2 ore, dato che molti di loro vivono a latitudini alte con giornate estive lunghissime – le famose notti bianche di S. Pietroburgo. I giapponesi non cambiano mai orario – come anche molti Paesi vicini all’Equatore. Queste difformità indicano che la concordia è scarsa.
Facciamo ora i conti per l’Italia di oggi. La TERNA ha pubblicato l’entità del risparmio conseguito dai privati a causa dell’adozione dell’ora legale. Si tratta di 580 milioni di kiloWattora: al prezzo medio di 16,32 centesimi di Euro al kiloWattora, corrispondono a 94,5 milioni di Euro. La popolazione italiana è di 60 milioni e mezzo: quindi il risparmio pro capite nell’arco dell’anno è di circa un euro e mezzo. Non è un gran vantaggio e non sembra proprio che compensi la noia di rimettere gli orologi due volte l’anno (per chi non li ha radiocontrollati) e di sopportare sconcerti dovuti a malintesi e appuntamenti mancati. Questo risparmio ha anche la conseguenza che risparmiamo ogni anno circa 50 milioni di metri cubi di gas. Verrebbe da dire: “Bel colpo!”, ma non lo è: si tratta solo di un millesimo del nostro consumo annuale.
Spostare avanti e indietro le lancette degli orologi non è una gran fatica, ma non dà grandi vantaggi. Abbiamo ottenuto risparmi maggiori abbandonando le lampade a incandescenza e passando a quelle a LED (diodi che emettono luce).
L’ora legale disturba il controllo di processi industriali “in continuo” (come la gestione degli altiforni) e la programmazione dei turni lavorativi. Produce anche situazioni assurde. Se, la notte in cui, alle 3:00, si torna all’ora solare, mando un e-mail alle 2:50 e il destinatario mi risponde dopo 15 minuti, i computer registrano che mi ha risposto alle 2:05 – ¾ d’ora PRIMA di aver avuto il messaggio a cui risponde. Ne possono conseguire controversie anche legali.
Ragionando sull’ora legale, però, dovremmo meditare su quanto siamo schiavi delle convenzioni. In tanti siamo tacitamente d’accordo di fare certe cose a certe ore: risveglio e colazione la mattina presto; poi lavoro; pranzo a metà giornata e cena la sera. Socializziamo nel tardo pomeriggio e la sera. Lasciamo che comandino gli orologi. Per ottenere i miseri risparmi che abbiamo visto, spostiamo l’ora, la guardiamo e obbediamo seguendo gli stessi ritmi di prima. Anche i Romani antichi si adattavano a modo loro. In inverno e autunno le ore diurne erano corte e quelle notturne erano lunghe. Era vero l’inverso in primavera ed estate. Al solstizio d’inverno un’ora diurna durava 45 minuti: al solstizio d’estate 75 minuti.
Se non fossimo schiavi delle abitudini, sfrutteremmo meglio la luce solare. Se nelle ore di sole perseguissimo attività che richiedono energia, sfrutteremmo meglio gli impianti fotovoltaici. Le cose, però, non sono così semplici. Per cambiare abitudini dobbiamo anche adattare il nostro orologio interno, riorganizzare gli orari dei servizi pubblici e non rendere troppo difficile invitare gli amici a pranzo.
L’Orologio, 9 Maggio 2016.