“Come ho già detto, esistono appassionanti punti controversi, sui quali i maggiori esperti mondiali non sono d’accordo. Ma ho anche visto molti esempi di noiose pseudocontroversie in cui le parti si fraintendono e parlano di cose differenti credendo di parlare della stessa”.
Stamattina, in riva al lago di Jablines, stavo leggendo “Vita 3.0, Essere umani nell’era dell’intelligenza artificiale” di Max Tegmark, cosmologo svedese e docente al MIT, quando mi sono imbattuto in questo periodo.
Anche sui social network si accendono sempre più spesso pseudocontroversie perché si danno alla stessa parola significati diversi.
Nel mondo professionale, a volte solo per ragioni di marketing, si usano termini in modo improprio, oppure termini che cambiano significato cambiando contesto.
Ritengo quindi un atto di civiltà usare le parole in modo appropriato, con il significato ad esse attribuito nell’ambito di cui ci si sta occupando. Addirittura prima di una riunione o di un lavoro di gruppo sarebbe bene chiarire i significati dei termini che riguardano i principali argomenti da dibattere.
E’ da qualche anno perciò che sto lavorando ad un atlante di termini in uso nel problem solving, nel project management, nella comunicazione, nella gestione a vista e visualizzazione, nella formazione. Ora buona parte delle voci sono attive, e sto lavorando quasi ogni giorno a completare quelle che mancano e che nell’elenco appaiono ancora in rosso.
Per ora il lavoro è pubblicato nel mio sito, poi vedrò se è il caso di farne un’edizione cartacea.
Il problem solving fa da filo conduttore perché è e sarà sempre più la competenza chiave dei nuovi modi di lavorare, in proprio o come dipendenti, da soli o in gruppo, in presenza o a distanza. L’atlante diventa così una grande e fornita cassetta degli attrezzi, ognuno dei quali può servire per affrontare un aspetto del problema, qualunque esso sia. Lo stesso manager che si muove sull’orlo del caos, come il lettore ideale di questa rivista, da persona che controlla e comanda diventa sempre più persona che definisce e risolve problemi. La figura di riferimento può essere Leonardo da Vinci, che passava dalla pittura alle macchine idrauliche e militari, dall’anatomia all’organizzazione di feste, perché vedeva tutto come problema da risolvere, e lo affrontava con lo stesso processo mentale.
Oltre al manager del caos, il mio atlante può servire allo studente e al giovane laureato che hanno qualche dubbio sull’uso di un termine professionale, o al formatore che, dovendo preparare una lezione, vuole avere conferma alla corretta interpretazione di un termine che intende usare.
A che serve un atlante specifico se c’è Google o Wikipedia, dove ormai si trova di tutto? Per le mie voci ho seguito criteri ben definiti. Sono brevi schede che in genere non superano le 500 parole e si leggono agevolmente anche su un dispositivo mobile. Sono sintesi di varie fonti, combinate con la mia esperienza personale, maturata in decenni di consulenza e formazione. Sono scritte in linguaggio piano per essere comprese da tutti.
Non sono appesantite da citazioni, link, parentesi e note, perché presumono che chi mi legge sia sufficientemente incuriosito da fare ricerche per conto suo, nel mio stesso atlante o nel mare magnum del web. E se gli resta qualche dubbio può sempre contattarmi, scrivendomi o cercandomi sui social.
Come tutto quello che vive sul web, l’atlante non è definitivo, ma è aperto a precisazioni e suggerimenti, se qualcuno dovesse sentire il bisogno di farli.
Poiché, come dice Umberto Eco, ogni libro è fatto di altri libri, riconosco come ispiratore, anche se è del tutto diverso, l’Atlante del Pensiero Manageriale di Edward De Bono, Sperling & Kupfer, 1990.
Atlante di problem solving – http://www.umbertosantucci.it/atlante/