DALLA PIANURA PADANA ALLA PIANA DEL MEDIO CAMPIDANO: UN GEMELLAGGIO VIRTUALE
Torno a parlare di lavoro industriale in Sardegna, dopo aver presentato nelle pagine di questa stessa rivista vari aspetti della vita economica di quella regione. Anche questa volta lo spunto è nato durante una giornata celebrativa dell’associazione di minatori di Montevecchio (comune di Guspini, Sud Sardegna) da una chiacchierata con il testimone di una realtà industriale locale, la Fonderia di San Gavino e con il testimone della realtà industriale di Sesto San Giovanni (Milano). Ne è scaturita l’idea di creare una sorta di gemellaggio – virtuale – tra due mondi apparentemente così lontani. Ecco dunque che, con l’aiuto di Armando Gargani e di Stefano Mainas, riporto – senza la pretesa di esaurire il tema – quelle storie.
I CONTESTI: SESTO SAN GIOVANNI E SAN GAVINO MONREALE
La prima notazione che mi viene in mente, in forma un pochino ironica, è che ciò che accomuna le due realtà è il nome di un santo! Ma, come vedremo, sono in realtà molte più di quanto si possa immaginare le vicende che nell’arco di circa 90 anni del 1900 si sono svolte in parallelo nelle due località, a cominciare dalla logistica, pur nelle differenze geografiche e demografiche.
Sesto San Giovanni, che nei secoli e fino alla seconda metà dell’800 era rimasto un comune prevalentemente agricolo, con la nascita delle prime filande e con l’insediamento, nel XX secolo, di varie aziende (tra le quali Breda, Campari, Ercole Marelli, Osva) che attirano manodopera, cresce in dimensioni (dai circa 30.000 abitanti del 1931 ai circa 36.000 del 1936). Inoltre, proprio questo cambiamento porta alla nascita del movimento operaio, che darà un apporto fondamentale nella Resistenza al regime nazifascista, prima con i grandi scioperi del 1943 e 1944, poi con la lotta fino alla Liberazione, e che la caratterizzerà come “la piccola Manchester”, o anche “la piccola Stalingrado d’Italia”. Negli anni ’60 le industrie sestesi partecipano al miracolo economico, ma dalla fine degli anni ’70 ha inizio il lungo e inesorabile periodo di crisi per l’industria siderurgica e metallurgica che porterà al declino delle grandi fabbriche. A partire dagli anni ’90 Sesto San Giovanni vede una trasformazione in territorio del terziario, con l’insediamento di nuove aziende del settore tecnologico e dei servizi sugli stessi terreni che un tempo ospitavano le grandi fabbriche. Oggi Sesto San Giovanni conta circa 82.000 abitanti e fa parte della Città Metropolitana di Milano, formalizzata il 1° gennaio 2015.
San Gavino Monreale, centro di 8.420 abitanti situato nella pianura del Medio Campidano, è forse conosciuto maggiormente per la coltivazione dello zafferano, di cui è tra i maggiori produttori regionali e nazionali, tanto che nel mese di novembre si svolge una Sagra dedicata a questo prodotto, la più importante a livello regionale. Inoltre, dal 1990 circa è il secondo distretto sardo del riso.
Ma l’economia di San Gavino si è retta molto sulle attività industriali insediate al suo interno (e nella vicina area industriale di Villacidro), negli anni ’30 del 1900, quando la popolazione è passata dai quasi 4.200 abitanti nel 1931 ai poco più di 5.000 nel 1936. La Fonderia di San Gavino, oggetto della storia che riporteremo più avanti, è stata una delle più importanti realtà industriali del territorio, ma la chiusura di numerose fabbriche del villacidrese e la sempre più ridotta produzione all’interno della fonderia hanno reso necessario reinventare l’economia della cittadina, che oggi è prevalentemente caratterizzata da piccole e medie imprese nel settore agricolo, da piccoli negozi e dallo sviluppo del settore terziario.
L’importanza di San Gavino è data anche dal fatto di essere attraversato dalla ferrovia Cagliari-Golfo Aranci, che in passato si estendeva nella parte ovest dell’abitato, e che dal 2007 (anno di apertura della nuova stazione) passa alla periferia est del paese.
GLI SVILUPPI PARALLELI DEL ‘900 DI FALCK E FONDERIA DI SAN GAVINO
Nel lontano 1906, nell’ambito di un progetto di espansione delle proprie attività, come riportato nelle numerose ricostruzioni storiche pubblicate,la scelta della Falck (che successivamente diventerà il Gruppo Falck) cade su Sesto San Giovanni, localitàche vantava parecchi benefici: oltre alla vicinanza con Milano, era attraversata da una linea ferroviaria internazionale, collegata con la galleria ferroviaria del San Gottardo, che consentiva il collegamento diretto con Francia, Belgio e Lussemburgo, principali centri di estrazione mineraria dei materiali di lavorazione. Inoltre disponeva di notevoli fonti idriche, necessarie per la produzione ferriera e, infine, grazie ai collegamenti garantiti dalla Ferrovia Milano-Monza e dalla Tranvia Milano-Monza, godeva di una buona accessibilità per la manodopera. Ma, fattore determinante, che costituirà la base della forte presenza di grandi fabbriche alle porte di Milano, a Sesto San Giovanni, avevano già avviato l’attività produttiva diverse altre aziende.
La Fonderia di San Gavino, dal canto suo, progettata dall’ing. Giovanni Rolandi nel 1930 e inaugurata nel 1932, era a quell’epoca la più grande d’Europa ed è stata, come si può immaginare, fonte di benessere economico per tutto il territorio. Perché San Gavino Monreale? Anche in questo caso viene scelto San Gavino perché il paese è dotato di una stazione ferroviaria con la quale trasportare le lavorazioni sino al porto di Cagliari. La zona era a quell’epoca paludosa e da bonificare (per non sottrarre terreni fertili all’agricoltura della zona) e quindi nel maggio 1930 hanno inizio i lavori di perforazione dei pozzi artesiani, che avrebbero dovuto approvvigionare di acqua la Fonderia.
E proprio l’ing. Rolandi, in un suo lavoro dal titolo “Dalla Metallurgia in Sardegna – La Fonderia di San Gavino”, del 1971, aveva scritto che “La fonderia di San Gavino nacque per una serie di atti d’amore, i soli che valgono veramente nella vita e per i quali, anche tra le maggiori difficoltà, si riesce a costruire.” Il 17 aprile 1930, infatti, in un momento di piena crisi, viene decisa, la costituzione della Società Italiana del Piombo, con un capitale di 10 milioni di lire, dagli amministratori delegati delle due più importanti realtà imprenditoriali minerarie della Sardegna, Francesco Sartori per la Monteponi (3/10) e Domenico Giordano per la Montevecchio (7/10). Dal punto di vista imprenditoriale, dunque, una nuova scommessa di due realtà industriali che risentivano anche della crisi economica mondiale di un anno prima, il famoso 1929. La scelta della località dove costruire la nascente fonderia ricade su San Gavino Monreale, perché distante solo 18 km da Montevecchio e perché già servita dalla Compagnia Reale delle Ferrovie sarde.
Dopo aver realizzato tutti i lavori necessari, il 10 giugno 1932, nonostante le difficoltà del momento, da uno dei forni a vento in funzione viene colato il primo lingotto di piombo, dando inizio pertanto alla storia della più grande e moderna fonderia del piombo fino ad allora esistente in Europa.
Attraversato il tragico periodo della Seconda Guerra Mondiale, la fonderia di San Gavino vive un secondo e notevole slancio, che la porta a primeggiare nel mondo industriale grazie all’attività metallurgica, al suo Centro Studi e a un famoso impianto pallini, utilizzati dai più bravi tiratori a volo, skeet e piattello, arrivando perfino a permettere loro di vincere diverse medaglie d’oro ai campionati del Mondo e alle Olimpiadi.
Attualmente la Fonderia di San Gavino è ancora in attività con la sua produzione di metalli preziosi come oro e argento estratti dal piombo proveniente dall’impianto metallurgico della società Portovesme Srl, controllata dalla multinazionale Glencore International PLC.
Fonderia di San Gavino: il tradizionale rito del pranzo, in una foto d’epoca.
La storia della Falck è ovviamente, molto più articolata e complessa, non foss’altro per le dimensioni e per le composizioni societarie e quindi mi limiterò ad accennare ad alcuni punti salienti dello stesso periodo storico, ossia gli ultimi 90 anni.
Come riportato sia nel sito istituzionale dell’azienda, sia in altri testi di storia e di management,il Gruppo Falck era nato il 26 gennaio 1906 con il nome di Società Anonima Acciaierie e Ferriere Lombarde, fondata da Giorgio Enrico Falck e altri soci, contemporaneamente ai primi e più importanti stabilimenti realizzati a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Nel 1931 un cambio di nome (Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck). Durante la direzione del direttore generale Carlo Fattorini, professore e ingegnere meccanico specializzato in siderurgia, nel 1943 le Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck hanno prodotto acciai, ghisa e relativi prodotti lavorati e semilavorati. L’attività è rimasta stazionaria fino alla crisi del settore di metà degli anni settanta, quando è cominciato il declino dell’azienda, che spense gli ultimi forni nel 1995.
Vista della Falck nel periodo della sua massima espansione (anni ’40-60)
Vale la pena ricordare qui, in estrema sintesi, la struttura della base produttiva degli stabilimenti Falck, perché si tratta di nomi “storici” per persone come Armando Gargani, nato a Sesto San Giovanni e vissuto qui fino ai 20 circa, il cui padre ha lavorato per ben 45 anni, come perito meccanico e quadro tecnico, nella gloriosa azienda. E cominciamo dallo stabilimento Unione, il primo della Falck nel comune lombardo. Situato a Sesto tra l’area della stazione ferroviaria e un’importante arteria, nasce nel 1906, con la fondazione dell’azienda e sarà sempre il più grande. Agli iniziali due forni se ne affiancano, mano a mano, altri fino a diventare sei, oltre ai tre treni di laminazione, con un numero di lavoratori addetti che ne 1948 arrivano fino a 5000, per scendere poi, a metà degli anni settanta con l’inizio della crisi siderurgica, a a 3700. Nell’area ex-Falck Unione sorge la torre piezometrica, un serbatoio pensile che aveva il compito di convogliare grandi quantità di acqua di falda, poi utilizzate nella lavorazione dell’acciaio. Una tra le cause primarie dell’insediamento di Falck e di altre industrie siderurgiche a Sesto fu proprio la grande necessità e disponibilità d’acqua per gli impianti siderurgici. Questo edificio costituisce un importante caposaldo visivo a scala urbana. Datata intorno alla metà del XX secolo, è una delle torri che si potevano incontrare in ognuno dei quattro stabilimento della produzione Falck.
Completano il grande insediamento industriale di Sesto San Giovanni, a est del grande viale Italia, il comparto Concordia, inaugurato nel 1965 dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e lo stabilimento Vittoria, il più piccolo fra gli stabilimenti Falck, che dava lavoro a circa 800 persone, e dove erano presenti trafilerie e corderie per la produzione di corde e fili d’acciaio e rame. Erano inoltre presenti smalterie e laminatoi a freddo, per la realizzazione di nastri in ferro e acciaio e un’officina con presse per la fabbricazione di minuterie metalliche.
Falck, lo stabilimento Concordia
E qui troviamo un nuovo parallelismo tra Sesto San Giovanni e San Gavino Monreale: nei primi anni ’90 ha avuto inizio il processo di chiusura delle miniere del Sud-Ovest della Sardegna, che rifornivano con i propri metalli l’industria dell’acciaio. Durante il periodo bellico tale industria era riuscita in parte a sopperire alla mancanza o scarsità di metalli con materiale di recupero, ma con la chiusura delle miniere il settore è entrato definitivamente in crisi, una crisi dalla quale, di fatto, non è mai più riuscito a riprendersi, e che continua a permanere ancora oggi.
A partire dagli anni ’90, comunque, il Gruppo Falck, sempre a guida Falck e tramite la consolidata Sondel, subisce una trasformazione, iniziando a occuparsi di produzione d’energia elettrica, che si affianca alla storica produzione d’idroelettrica 600 MW di centrali di cogenerazione energia/vapore a gas, per arrivare, nel 2002. alla sola produzione d’energia rinnovabile. Oggi il Gruppo, che ha scelto da tempo di aderire ai principi dello sviluppo sostenibile, ha focalizzato la propria missione principalmente sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. A novembre 2012 si è concluso il progetto di consolidamento di tutte le attività di produzione di energia da fonti rinnovabili del Gruppo Falck all’interno di Actelios SpA, che ha acquisito il nome di Falck Renewables SpA, divenendo uno dei più importanti pure player del settore nel panorama europeo. Falck Renewables SpA produce energia da eolico, solare, biomasse e waste-to-energy. Il Gruppo possiede partecipazioni in banche e società. A Sesto San Giovanni è rimasta, ancora oggi, la sede operativa del Gruppo Falck, mentre la maggior parte delle aree una volta occupate dagli stabilimenti siderurgici è oggetto di riqualificazione.
Falck: una centrale di cogenerazione a Sesto San Giovanni
STORIE DI “PATERNALISMO INDUSTRIALE”, DI FATICHE E DI INGEGNO UMANO
Come ricorda anche Armando Gargani, negli anni tra le due guerre la Falck realizza moltissime iniziative nell’ambito del cosiddetto “paternalismo industriale”, destinate a migliorare la qualità della vita dei propri lavoratori e delle loro famiglie. Nel 1918 viene costruito l’Albergo Operaio Falck proprio di fronte alla portineria del primo stabilimento, destinato ai cosiddetti “pendolari permanenti”, operai provenienti per la maggior parte dalle valli lecchesi e bergamasche che a causa dei turni imposti dall’acciaieria tornavano a casa solo il sabato. A partire dagli anni ’20 vengono costruite diverse palazzine ad uso abitativo sparse per la città e vicine alle fabbriche e nel 1923 viene realizzato un campo sportivo. Negli anni trenta viene completato il “Villaggio Falck”, un vero e proprio nuovo quartiere per ospitare i dipendenti, con una scuola materna e una scuola elementare (dove, a partire dagli anni ’50, viene praticato il metodo Montessori), e una scuola media gestita direttamente da personale Falck. Nel 1939 viene costruito il “Villaggio Diaz”, conosciuto anche come “Quartiere giardino”. Nell’ambito di queste iniziative, anche l’istituzione di colonie estive e di borse di studio per i figli dei dipendenti, mutue interne per cure mediche agevolate e soggiorni termali per i lavoratori.
Mariano Nigliazzo, intervistato da Stefano Mainas, la persona conosciuta all’evento dei minatori di settembre, ci ricorda, invece, che negli anni ’30 a San Gavino, trasformatosi da paese agricolo a centro metallurgico d’eccellenza, la Società Italiana del Piombo e dello Zinzo SIPZ, proprietaria delle aree adiacenti lo stabilimento, aveva realizzato un’azienda agricola gestita dallo stesso personale, i cui prodotti (frutta, verdura, olio, latte, carne, ecc.) venivano distribuiti gratuitamente solo agli impiegati tecnici ed amministrativi. Questo fatto creava, ovviamente, una disparità di “casta” che è perdurata a lungo nel paese, tanto da essere presente ancora oggi negli abitanti più anziani che hanno vissuto quel periodo. Ma gli aspetti delle élite sociali ovviamente erano estese anche all’accesso all’educazione: i figli dei dirigenti impiegati e tecnici potevano frequentare un asilo privato gestito dalle suore. Nei primi anni ’50, l’allora ministro della Pubblica Istruzione (Presidente della Repubblica poi), Antonio Segni, partecipò all’inaugurazione delle scuole dette “vescovili” (medie, magistrali e ginnasio) realizzate grazie anche al contributo della società metallurgica, destinate sia ai figli dei tecnici o impiegati amministrativi che ai figli degli operai. Nel frattempo, però venivano costruiti anche insediamenti civili, sempre destinati ai tecnici e agli impiegati amministrativi, con annessi foresteria, mensa, campo da tennis, asilo e altri edifici ancora, ma più semplici, per gli operai (i villaggi Piras e Sartori). Era dunque molto evidente, in quel periodo, come il benessere di quel territorio fosse strettamente legato alla fiorente attività metallurgica e agli investimenti della Società.
Per quanto riguarda ancora la realtà di San Gavino, sempre Stefano Mainas, ha raccolto per noi una simpatica testimonianza di Mariano Nigliazzo, perito chimico con esperienze in campo metallurgico e minerario, a proposito di un’ingegnosa “invenzione” di suo padre Giuseppe, che era venuto in Sardegna nel 1938 da Enna, dove aveva frequentato la scuola di specializzazione in Meccanica. Questo signore, dopo aver lavorato alle Officine Meccaniche di Montevecchio fino al 1945, in quello stesso anno era passato alla fonderia di San Gavino. Abitando a Guspini con la famiglia, il padre di Mariano doveva percorrere ogni giorno con la bicicletta una strada sterrata e piena di buche (“ma in compagnia dei fratelli Tuveri, Arturo primo manutentore della Fonderia e Adelmo, e anche del padre del futuro direttore Enzo Podda”). Ricorda Mariano “Stanco di questa situazione mio padre decise di eseguire alcune modifiche a un carrello utilizzato per la manutenzione lungo il tracciato a scartamento ridotto della ferrovia che collegava Montevecchio a San Gavino, modificando il telaio e realizzando un sistema a pedali sulla parte anteriore e altri due posti su quella posteriore”. Ma questa soluzione non era particolarmente favorevole in salita, soprattutto dopo una giornata lavorativa che poteva durare anche 12 ore, e quindi una sera, tornando verso casa e vedendo una motocicletta in dotazione all’esercito tedesco ai bordi della ferrovia, il gruppetto di lavoratori, incurante della possibilità di trovare qualche soldato nelle vicinanze, decise di smontarla per recuperare il motore, il faro e altri pezzi indispensabili per trasformare il carrello a pedali in un mezzo con alimentazione a nafta, risolvendo così, con ingegno e capacità manuali, il problema loro e di tanti altri che affrontavano quel viaggio verso Guspini e Montevecchio. “Ma quel mezzo ingegnoso da quel momento era servito anche per andare a vedere le partite di calcio della gloriosa squadra di Montevecchio” conclude con giustificato orgoglio Mariano.
Tramonto su San Gavino Monreale
Ora, a testimoniare l’importanza che ha rivestito in tutti questi anni la fonderia per il paese di San Gavino, ma non solo, è stato realizzato un bellissimo e interessantissimo centro di documentazione (e di oggetti donati dai cittadini sangavinesi e dalla società Portovesme S.r.l), chiamato “Museo delle Due Fonderie”, inaugurato ufficialmente il 20 aprile 2013 – e fortemente sostenuto dall’amministrazione comunale attraverso un progetto finanziato dalla Comunità Europea – che ricordano i 90 anni di attività dello stabilimento sangavinese e i 260 anni dell’antica fonderia del piombo di Villacidro, costruita sulle sponde del Rio Leni dal console svedese a Cagliari, Carlo Gu stavo Mandell (o Mandel)…..ma questa è un’altra storia.