Il testimone oculare è il principe dei testimoni, perché era uno che si trovava lì, ha visto tutto ed è in grado di raccontarlo, proprio come l’ha visto. Come dubitare delle sue parole? E infatti, la giustizia processuale ne tiene un gran conto.
Le cose però si complicano se i testimoni sono due o più, se erano tutti presenti e tutti hanno assistito allo stesso evento, ma raccontano storie diverse. Come è possibile? Chi ha ragione? Chi mente o si sbaglia? Il processo dovrà vagliare le testimonianze, confrontarle, riscontrare prove, fatti, circostanze, per capire quale dei testimoni è più attendibile e quindi più determinante per l’esito del processo.
Ma come è possibile che due persone sane, normali, adulte, raziocinanti, possano vedere lo stesso fatto in modi diversi, in perfetta buona fede?
Ce lo spiegano gli studi sulla percezione, ossia sul processo con cui riceviamo stimoli dai cinque sensi, li elaboriamo con la mente configurandoli come forme, oggetti, eventi più o meno noti e riconoscibili, diamo loro un significato in base alle nostre emozioni, alla nostra esperienza, a ciò che sappiamo, al contesto in cui ci troviamo. Ecco dunque che, anche se lo stimolo esterno è lo stesso – una vibrazione sonora, una lunghezza d’onda luminosa, un oggetto che si muove – ed è fuori di noi, il cammino dal senso al significato è individuale, personale, diverso da persona a persona, e avviene tutto dentro di noi. E se alla fine del processo c’è un output, un qualcosa che noi produciamo come un nome, una definizione, un racconto, un’immagine, un filmato, questo output sarà differente da persona a persona, perché non sarà mai prodotto da processi identici l’uno all’altro, come potrebbe essere per due foto fatte con due fotocamere identiche, dallo stesso punto di ripresa e nello stesso momento.
Nei primi decenni del secolo scorso max wertheimer, kurt koffka e Wolfgang Köhler hanno posto le basi della psicologia della gestalt, ossia della forma, della configurazione che noi diamo alle nostre percezioni per orientare i comportamenti e risolvere i problemi. Secondo la teoria gestaltica il tutto è diverso dalle parti, in quanto assume una propria identità. Douglas Hofstadter nei suoi studi sull’intelligenza dice che i formicai e i formichieri sono diversi dalle formiche, così come il cervello e la mente sono diversi dai neuroni. Sotto l’aspetto cognitivo il tutto viene configurato mettendo insieme la percezione delle parti, e genera conoscenze soggettive rispetto all’oggettività delle parti che hanno fatto da stimolo percettivo. L’insieme configurato assume il valore di figura, che distinguiamo dallo sfondo; la figura è ciò che ci interessa, lo sfondo è tutto il resto.
Ma se il processo percettivo ci aiuta a conoscere il mondo e quindi a reagire in modo più o meno appropriato e funzionale ai nostri interessi, può anche trarci in inganno secondo alcune ricorrenze che sono state studiate dalla gestalt, e che costituiscono i principi della configurazione.
Per esempio, guardando questa figura nessuno dirà che è un pentagono irregolare, ma che è un quadrato a cui manca un angoletto. Questo è il principio della buona forma o pregnanza, per cui forme ambigue, incomplete o leggermente asimmetriche tendono ad essere percepite come più definite, complete e simmetriche.
Se nella maggior parte dei casi ci è ben chiara la differenza fra ciò che consideriamo figura e ciò che releghiamo nello sfondo, in moti altri casi la situazione è ambigua e si presta a interpretazioni diverse.
Un caso classico usato come test psicologico è questo, dove se consideriamo il bianco come figura e in nero come sfondo vediamo un volto di donna, se invece la figura è il nero e il fondo è il bianco vediamo un buffo sassofonista.
La mente ci fa vedere cose che non sono nella realtà, ma solo nella nostra immaginazione, come persone o animali che vediamo nelle nuvole o nelle macchie di umidità sulle pareti. Oppure notiamo nella realtà cose che conosciamo, trascurandone altre, come succede quando compriamo un’auto e cominciamo a vedere tante auto uguali alla nostra, perché ora ci sembrano familiari mentre prima ci erano indifferenti e non notavamo neanche.
Tornando ai nostri testimoni oculari, fra tante persone che si aggiravano sul luogo del delitto, uno ha notato un uomo di colore, un altro due asiatici, un terzo invece sostiene che il più inquietante era un uomo massiccio con grandi baffi neri, quasi certamente uno zingaro. I pregiudizi etnici e razziali in questo caso hanno fatto lo stesso effetto dell’auto: vediamo quello che pensiamo di vedere o che ci pare più logico e naturale vedere.
Ma troviamo gli esempi più eclatanti del nostro autoinganno percettivo guardando qualche anamorfosi e qualche illusione ottica, ossia immagini ed allestimenti fatti apposta per ingannarci.
Questo è un allestimento dell’artista francese François Abélane fatto nel parco del Castello di Saint Germain en Laye. Osservandolo da un particolare punto di vista, il punto prospettico da cui viene proiettata idealmente l’immagine da deformare, si vede un cubo inserito in un grosso reticolo di quadrati, dove le persone, trovandosi effettivamente sempre più lontane, appaiono sempre più piccole. Camminando sul prato, o spostandosi dal punto prospettico, si vede che le forme effettivamente tracciate sono del tutto diverse.
Per chi si trova a Roma un bell’esempio di anamorfosi è nel convento di Trinità dei Monti, con due affreschi seicenteschi dipinti da due monaci in un corridoio.
Questo invece è un fotomontaggio fatto da me come verifica dell’illusione di dimensioni. Ho duplicato l’auto piccola spostandola avanti, e l’ho ingrandita mettendola in tre punti diversi della strada. Se si fa molta attenzione, si vede che le dimensioni delle auto piccole e di quelle grandi sono uguali fra loro, trattandosi dello stesso oggetto grafico, ma guardando l’immagine a colpo d’occhio tutte le auto sembrano di dimensioni diverse. Il complesso ragionamento percettivo che facciamo è: l’auto in fondo dovrebbe essere molto più piccola, siccome invece non lo è, deve per forza essere molto più grande. E tutto questo ragionamento ingannevole lo facciamo in un attimo!
Un bellissimo esempio di illusione prospettica è la Galleria di Palazzo Spada a Roma, del Borromini. Sembra assai lunga, invece quando la si percorre si arriva subito in fondo!
Per concludere con le insidie per il nostro povero testimone oculare, ecco un’illusione di colore. Di che colore sono i due cuori in alto? Dello stesso colore del cuore in basso! Solo che i primi due li vediamo dietro una griglia di linee blu e verdi. Il cervello semplifica la complicata trama delle linee colorate, e unifica tutto mischiando i colori, per cui il rosso di sinistra sembra violaceo, quello di destra sembra arancione.
Il tutto per ricordarci che anche quando siamo sicuri di ciò che abbiamo visto con i nostri occhi perché eravamo lì, non è altro che il nostro punto di vista, combinato con le nostre esperienze personali e con i nostri giudizi… e pregiudizi, oltre alle scorciatoie automatiche fatte dal cervello per risparmiare tempo e fatica.
Per chi volesse saperne di più sugli argomenti trattati, ne parlo in modo più ampio nelle pagine del mio Atlante di Problem Solving. Ecco alcuni link.
Gestalt:
https://www.problemsetting.it/atlante-di-problem-solving/gestione-a-vista/gestalt/
Figura e sfondo: https://www.problemsetting.it/atlante-di-problem-solving/gestione-a-vista/figura-e-sfondo/
Buona forma:
https://www.problemsetting.it/atlante-di-problem-solving/gestione-a-vista/buona-forma-o-pregnanza/
Anamorfosi:
https://www.problemsetting.it/atlante-di-problem-solving/gestione-a-vista/anamorfosi/
Illusioni ottiche:
https://www.problemsetting.it/atlante-di-problem-solving/gestione-a-vista/illusioni-ottiche/