La domanda che in questi giorni viene posta in diverse sedi: l’Intelligenza Artificiale potrà mai sostituire l’uomo nella organizzazione dei laboratori scientifici?
È a parere mio limitativa in quanto pone un quesito che fa riferimento al rapporto uomo macchina, limitandoci ad un caso specifico quando in effetti il dilemma è molto più ampio.
Il ricercatore è un soggetto espressione della società civile che però per molti aspetti ha con la macchina gli stessi rapporti conflittuali e collaborativi insieme che riguardano le altre attività della vita civile e sociale. Tentare di assegnare al lavoro scientifico caratteri di eccezionalità non favorisce l’integrazione della ricerca nel contesto delle attività attraverso le quali, educazione, associazionismo, lavoro, la nostra società cresce e si sviluppa.
Se ad esempio parliamo del lavoro manuale si può dire che l’automazione ha storicamente in parte spiazzato il lavoro umano nelle fabbriche, ma gli strumenti di Intelligenza Artificiale stravolgeranno il mercato del lavoro connotando come superati ed obsoleti alcuni mestieri e le relative formazioni o al contrario queste saranno implementate ed arricchite con i relativi vantaggi di produttività?
Per rispondere a questa domanda sono stati fatti veri e propri esperimenti che possono aiutarci anche a rispondere circa il rapporto fra Intelligenza Artificiale e gestione dei laboratorio scientifici. Da questi esperimenti è emerso che le tecnologie di IA calate su lavoratori educati ed istruiti ad un certo mestiere producono effetti migliorativi con incrementi qualitativi e quantitativi. Anche l’atteggiamento psicologico dei lavoratori in presenza di tecnologie IA a loro disposizione era migliore con un cresciuto attaccamento al proprio lavoro ed una visione più ottimistica della stessa vita.
Le prospettive dirette sono considerate a volte negative, robot e macchina sostituiranno in alcune funzioni l’uomo, ma si può recuperare con le prospettive di un nuovo mercato del lavoro, proprio quello relativo alle competenze richieste per gestire l’Intelligenza Artificiale.
C’è poi da valutare quanti fondamentali servizi ed attività dell’uomo ricevano un aiuto significativo dall’IA. Proprio in questi giorni leggiamo che essa previene gli incendi in California, ottimizza le risorse energetiche, migliora la resa dei campi agricoli, protegge la biodiversità.
Ciò di cui oggi non manchiamo sono i dati, ma il difficile é estrarre informazioni e soprattutto conoscenze in tempo reale, come deve avvenire, ad esempio, per gli allarmi ambientali. L’IA può addirittura funzionare da sentinella dei boschi attraverso sistemi di machine learning con i quali si insegna alla macchina di riconoscere rumori collegati a possibili disboscamenti illeciti e selvaggi. 600 sensori installati in 35 Paesi hanno protetto 400 mila ettari di foreste.
Algoritmi green consentono all’IA di guidare ed ottimizzare i processi di irrigazione e la programmazione dei cicli colturali.
Le specie a rischio vengono protette dotandone gli esemplari con braccialetti elettronici che monitorati dall’IA proteggono la specie dai pericoli di estinzione dovuti all’inquinamento e molto più spesso ai cattivi comportamenti dell’uomo.
Il punto focale dell’argomento sta nella esigenza che l’uomo non rinunci al suo più prezioso patrimonio, il capitale intellettuale, che è poi quello che dinnanzi alle grandi scelte – sull’immigrazione, sulla fame nel mondo, sul rispetto della persona, sui diritti inalienabili, a partire da quello al lavoro – fa seguire alle parole i fatti e le azioni in favore di una società più giusta e meno polarizzata.
Lo scienziato, il ricercatore sulla base dello stesso principio dovrà sempre tenere vive le proprie conoscenze nella guida delle esperienze che puntano a farle crescere. Questo è particolarmente vero per la chimica, disciplina a prevalente carattere induttivo della conoscenza, basata quindi più su nuove esperienze che su approfondimenti di quelle già svolte.