Mary & George farà impazzire gli amanti della narrazione connessa alla monarchia inglese, alla sua storia fatta di congiure, amanti, tradimenti e famiglie come nidi di vipere pronte a mordere.
Tratta dal libro “The King’s Assassin” di Benjamin Woolley, questa miniserie ideata da D.C. Moore e disponibile su Sky è un impareggiabile affresco storico che si fa forza di una Julianne Moore capace di guidarci dentro il regno di quel Giacomo I, la cui corte era un universo tanto raffinato quanto pericoloso.
Una serie di altissima fattura sia dal punto di vista visivo che naturalmente per ciò che riguarda la narrazione.
Inghilterra, 1592
Mary Villiers (Julianne Moore) è una delle nobili più spregiudicate di un Regno che segue i capricci ed i vizi di Re Giacomo I (Tony Curran), apertamente bisessuale e da tempo legato allo spregiudicato Duca di Somerset (Laurie Davidson). Ma Mary sogna di riuscire a scalzarlo e fare posto al suo secondogenito, George (Nicholas Galitzine), e con questo plasmare la fortuna della loro famiglia.
George è stato mandato in Francia a perfezionare la propria abilità di cortigiano ed in breve attira le attenzione del Re, anche perché Somerset ha diversi nemici a Corte, tra cui la Regina Anna (Trine Dyrholm) e coloro che attraverso un nuovo amante, sperano di influenzare la politica del regno.
Mary & George ci guida fin dall’inizio dentro un realtà di cui ricostruisce con incredibile minuzia di particolari usi, costumi, linguaggio, abiti, stanze e tutto ciò che ne fa da corredo. Ma tra lusso, balli, musiche, ecco spuntare il sangue, l’intrigo e la manipolazione.
Tutti, o quasi, amiamo la rievocazione del passato inglese.
Nessun’altra monarchia può vantare un arsenale di personaggi, eventi e complotti così corposa e intrigante e Mary & George rappresenta solo l’ennesimo capitolo di questa narrazione che da decenni, su piccolo e grande schermo, ci ha deliziato con The Crown, i due Elizabeth, Shakespeare in Love, The Queen, Becoming Elizabeth, The White Queen, I Tudors e tanto altro ancora.
Questa miniserie, creata da D. C. Moore e diretta da Oliver Hermanus, Alex Winckler e Florian Cossen ne continua l’eredità in modo tanto potente, quanto affascinante, traendo spunto dal saggio storico “The King’s Assassin” di Benjamin Woolley. Lo fa soprattutto facendosi forza di lei, di Julianne Moore, autrice di una performance di grande livello.
Mary & George ha dalla sua un comparto di maestranze a dir poco sontuoso. Rifugge la modernità plasticata di altre operazioni simili, il puro e semplice, così come una eccessiva rilettura attuale di quel mondo e delle sue regole.
Le musiche di Oliver Coates sono solo uno dei diversi elementi che permettono all’insieme di elevarsi e di connettersi alla volontà di analizzare con sguardo distaccato, ma comunque partecipe, l’epopea di una delle tante famiglie che cercò fortuna e potere attraverso matrimoni di comodo, seduzioni, pianificazioni e spietatezza. Si fa piazza pulita delle molteplici letture romantiche che abbiamo dato del Gioco del Trono inerenti Anna Bolena, Mary Stuart e compagnia.
Una visione machiavellica
Non esistono sentimenti, solo desideri, non esistono amori, solo alleati di comodo e necessità.
Mary & George ci ricorda che Julianne Moore, come sa fare la cattiva lei, nessun’altra. Mary Villers è uno dei personaggi femminili più indovinati e interessanti che abbiamo avuto dal piccolo schermo e dal dramma in costume da anni oserei dire. In lei più di tutti la miniserie reclama la propria identità e finalità, ben distante da uno sguardo moralizzante o femminista tour court, quanto piuttosto vicino ad una volontà di vivisezione di un ambiente dove vige una visione machiavellica a dir poco terrificante.
Mary domina la sua vita come domina ogni uomo che ne fa parte, dai vari mariti a cui ha preso fortuna e conoscenze, ai figli che sono una manica di idioti e di viziosi, a parte lui ovviamente, George.
Quel ragazzo ha più vanità e ambizione che talento, ma è anche nel posto giusto al momento giusto, ha più fortuna che mezzi, farà nel suo piccolo la storia d’Inghilterra.
Nicholas Galitzine è bello, furbo, ancora parzialmente innamorato di idee astratte come amore, onore e desiderio che mal si adattano con l’ambiente spietato in cui lo fa muovere la madre, in cui la verità è un’arma a doppio taglio, in cui la sessualità è qualcosa di pericoloso per sé e per gli altri, ma anche la chiave per avere potere e posizioni di prestigio nella corte.
Mary & George però riesce a donarci una perfetta idea di quanto fragile e assolutamente effimera fosse ogni conquista, in quelle stanze che vengono avvolte da una penombra volutamente onnipresente e che ondeggia negli interni sfarzosi e meravigliosi.
L’insieme più che da piccolo schermo, regge il confronto con le migliori produzioni internazionali per il grande schermo, dona una sensazione di realismo e verità che ad un occhio più attento non appartengono poi così profondamente alla miniserie, che si concede delle libertà tanto palesi quanto ben nascoste. Questo si vede nei dialoghi, spesso moderni anzi troppo, nella caratterizzazione aggressiva dei personaggi femminili, Moore in testa.
Ma c’è così tanta energia, coerente ferocia e bellezza in questo racconto, che lo si decide di ignorare. Cinico a livelli assoluti, è anche una storia di un rapporto malato tra madre e figlio, che strizza l’occhio oltre che al Bardo, anche al mito greco, che si nutre di sbalzi temporali con flashback e flashforward, con cui donarci uno sguardo d’insieme su un’epoca.
Mary & George è, forse, la migliore miniserie storica su quel periodo degli ultimi dieci anni, lo è per come evita di indorare la pillola, per come ci ricorda quanto strane e insulse riletture moraliste odierne siano fuori luogo, su quanto abbiamo spesso avuto un’idea assolutamente distante dalla verità su chi intrigava, trionfava e moriva all’ombra di una corona.