Prevediamo alcuni eventi se sono periodici o se li preannuncia chi li ha progettati o se deduciamo le conseguenze delle loro cause che abbiamo osservato.  Sono imprevisti eventi le cui numerose e presumibili cause non siano osservabili. Talora è noto il numero di esiti possibili, ad esempio: due per il lancio di una moneta  e sei per il lancio di un  dado.

Fini a pochi secoli fa anche un grande scienziato come Newton asseriva che l’universo era stato creato pochi millenni or sono.  Ora intravediamo miliardi di anni di storia di interi mondi e milioni di anni di evoluzione della Terra, dei suoi componenti e degli esseri  viventi.

Tramandiamo migliaia di anni di storia osservata, ricostruita e descritta.

L’urto fra particelle subatomiche ne genera altre. I fenomeni tettonici e i flussi di fluidi in moto cambiano i paesaggi. Le azioni dei viventi, progettate o inconsciamente prodotte da intere popolazioni, hanno effetti noti spesso imponenti.

Le nostre teorie identificano cause ed effetti in modi razionali, ma tanto più ipotetici quanto più complessi sono gli enti in gioco. Fra questi piante, animali anche pensanti e creatori di idee, di infrastrutture, edifici, macchine e opere d’arte.

Le concatenazioni fra enti, eventi e processi suggeriscono che abbia senso parlare di cause ed effetti. Lo facciamo spesso in modo stenografico.

Le nostre sensate interpretazioni possono individuare enti singoli che scatenino sequenze  di processi poi influenzate dagli stessi enti citati e da numerosi altri che si avvicendano e interagiscono.

Descrivere e spiegare le concatenazioni che hanno condotto all’apparire della vita, della ragione, del linguaggio, del libero arbitrio, è stato fatto in tre modi  diversi.

Il primo, sostenuto da biologi, è stato così espresso da  Jacques Monod (in “Caso e necessità”): “L’uomo finalmente ha capito di essere solo nell’insensibile immensità dell’universo. Né il suo destino, né i suoi doveri sono stati stabiliti, né scritti da alcuno”.

Il secondo (in certo senso condiviso da Einstein) sostiene che il caso è un concetto umano sviluppato per la nostra ignoranza dei funzionamenti della natura e che il Dio creatore.

Il terzo (anticipato dal filosofo eretico Lelio Sozzini (Socino) nel XVI secolo) ritenne che il caso esiste, che non ne comprendiamo gli effetti  per la nostra ignoranza condivisa da Dio (non onnipotente).

Il principio cosmologico antropico fu anticipato da Copernico e formulato esplicitamente nel 1986 da J. Barrow e G. Tipler. Nella sua forma debole, tale principio è ovvio. Dice che possiamo trarre conclusioni sul mondo semplicemente dal fatto che lo stiamo osservando. Infatti il nostro organismo contiene molto carbonio. Questo elemento è disponibile sulla Terra a causa del fatto che il Sole è una stella di seconda generazione.

I pianeti di stelle di prima generazione ne avrebbero troppo poco. Le conseguenze estreme cercheranno di determinare, ad esempio, fra quanto tempo finirà il genere umano postulando che si possa determinare il numero totale di esseri umani che vivrà dall’inizio della specie fino alla fine e che si possa valutare a che numero totale siamo arrivati oggi.

Taluno ritiene che in base agli stadi di sviluppo del cosmo e dell’umanità si possa calcolare quando accadrà che robot dotati di cervello artificiale più avanzato di quello umano potranno incorporare tutta la nostra civiltà, imparare a riprodursi e viaggiare nello spazio fino a riempire il cosmo. Quando scienziati competenti sconfinano nel mistico, bisogna stare attenti. Gli esseri umani sono fatti a strati: su certi livelli possono essere acuti e competenti; su altri… invece, molto modesti.

Perfino Kurt Gödel, matematico sommo, ha prodotto una prova ontologica dell’esistenza di Dio. [La prova ontologica originale di S. Anselmo asseriva che Dio è definito come un essere infinitamente perfetto. Fra i requisiti della perfezione deve esserci l’esistenza, dunque Dio  -perfetto- deve esistere].

A domanda Gödel rispose sorridendo, ma non negò di prenderla sul serio. Io stesso ho formulato una prova in algebra booleana per dimostrare che Dio non esiste, ma l’ho inserita in un mio romanzo di fantainformatica.

 

1. Roberto Vacca, “Il caso nel tempo”, in L’orologio, 9 ottobre 2024,