Nell’uso del linguaggio scritto o parlato la scala dell’astrazione rappresenta il livello di astrazione di una parola o di una frase, che va per successivi incrementi dalla concretezza posta ai piedi della scala, alla massima astrazione posta in cima.
La base della scala poggia per terra, quindi rappresenta le cose concrete, usuali, che vediamo e tocchiamo intorno a noi, i dettagli, le caratteristiche specifiche. La cima della scala va nel cielo dei concetti, delle generalizzazioni, delle categorie.
La metafora della scala risale al 1939 e la dobbiamo al linguista americano Samuel I. Hayakawa, che fa l’esempio della mucca Carolina alla base della scala, una mucca in carne ed ossa, che pascola nel prato davanti a noi. Dalla concretissima mucca, salendo la scala si va ai bovini, un termine che indica tutti i tipi di mucche, buoi e tori, e poi al bestiame, che comprende tutti gli animali usati in agricoltura, che fa parte delle attività umane che producono ricchezza, un concetto astratto che indica tutti i profitti ricavati dalle attività umane in generale, e dall’allevamento del bestiame in particolare.
Fra il massimo della concretezza (“questa” mucca chiamata Carolina) e il massimo dell’astrazione (la ricchezza in generale) c’è tutta una gamma di concetti man mano più generici e astratti.
Per migliorare la propria capacità di comunicare, parlando o scrivendo, ci si può esercitare a salire e scendere lungo la scala sviscerando l’argomento del discorso.
Alcune indicazioni su come fare si trovano qui: https://www.problemsetting.it/atlante-di- problem-solving/comunicazione/scala-dellastrazione/
E’ opportuno soffermarsi sugli aspetti della combinazione fra concreto e astratto nella strutturazione del pensiero, delle organizzazioni, dei progetti, dei problemi. Ma anche nelle espressioni artistiche, nella dialettica, nella comunicazione persuasiva.
Un concetto fondamentale riguarda i livelli logici di una classificazione, con la distinzione fra contenuto e contenitore. Un contenuto appartiene ad un livello logico inferiore rispetto al livello del suo contenitore. Anche i contenitori possono diventare contenuti di un contenitore di livello più alto. Per esempio, calze, mutande e reggiseni sono i contenuti del contenitore “biancheria”, un cassetto che, al di là delle diversità di forme, ne raccoglie le affinità di funzione. I vari cassetti fanno parte del contenitore “abbigliamento”, nel nostro caso un armadio guardaroba. Ogni contenitore ha un livello di astrazione superiore rispetto ai suoi contenuti proprio perché comprende elementi diversi accomunati da qualche affinità. Il termine “biancheria” è più astratto del termine “calzino”. I contenitori possono essere considerati categorie, classi, insiemi, ordini, famiglie.
Il mio gatto (concreto) è un gatto domestico (primo livello di astrazione) che appartiene alla sottofamiglia dei felini (secondo livello di astrazione) che insieme con i panterini fa parte della famiglia dei felidi (terzo livello di astrazione). L’utilità dell’astrazione è la capacità di contenere più elementi, più significati, che però si paga con una perdita di definizione: il mio gatto è tigrato, ma nella nebbia dei gatti domestici tutti i gatti sono bigi, o meglio di nessun colore specifico, basta che non siano gatti selvatici.
Quindi, se vogliamo essere generici, vaghi, e fare discorsi di ampio respiro, possiamo alzare il livello di astrazione, fino a parlare di gattità o felinità, qualunque cosa possano significare. Se invece vogliamo essere precisi e circostanziati dobbiamo parlare del mio gatto tigrato a pelo lungo che sta dormendo sul mio letto. Per rappresentare visivamente il gatto concreto va bene una fotografia, per la gattità invece serve un’immagine non realistica, come una silhouette o un segno calligrafico, allo scopo di evitare qualsiasi identificazione con un gatto specifico.
La potenza manipolatoria dell’uso di termini astratti e generici consiste nel fatto che quanto tu parli di gattità, di per sé vuota, io la riempio col mio gatto, e ogni altro ascoltatore la riempie col suo, per cui ci pare di essere tutti d’accordo, anche se ognuno la pensa a modo suo.
Tolstoj dice in Anna Karenina che “non c’è nulla di meno atto all’accordo che un dissenso sulle mezze astrazioni” e aggiunge che “la maggior parte delle volte accade che si discute con calore solamente perché non si riesce in alcun modo a capire che cosa precisamente voglia dimostrare l’avversario”.
La PNL ha studiato il fenomeno, e ha messo a nostra disposizione il meta-modello, un insieme di tattiche con cui possiamo correggere le cancellazioni, generalizzazioni e distorsioni con cui riceviamo comunicazioni disfunzionali o manipolatorie.
L’astrazione implica cancellazioni, ossia riduzioni ed eliminazioni di particolari, generalizzazioni insite nel processo stesso di astrazione e creazione di contenitori, distorsioni quando si costringe un elemento ad entrare in una categoria arbitraria.
Le cancellazioni consistono in omissioni più o meno volute che rendono indefinito ciò che si dice, in modo che l’ascoltatore possa completarlo a modo suo. Le cancellazioni comprendono nomi astratti o collettivi come “la gente, i calciatori, i poveri”, pronomi come “qualcuno, loro, noi”; verbi che si riferiscono ad azioni generiche ed equivoche, come “cambiare, aumentare, risolvere, ricordare”, paragoni privi del secondo termine come “migliore, peggiore, più, meno”.
“La gente vuole cambiare in meglio” è una frase in apparenza chiara, in realtà priva di significato. Si corregge con domande come: “quale gente?” “cambiare che cosa, in che modo?” “meglio rispetto a che cosa e a quando?”.
Le generalizzazioni comprendono nominalizzazioni astratte come “giustizia, libertà, amore, fiducia, organizzazione, realtà”; quantificatori universali come “sempre, mai, tutti, nessuno”; operatori di necessità come “bisogna, devi, è necessario” o di possibilità come “posso, non posso”. La frase “Non devi mai mentire” sembra inequivocabile, ma si precisa con domande come “chi te lo proibisce? Mai, in nessun caso? Mentire significa dire cose non vere o indorare la pillola?”.
Le distorsioni comprendono la lettura della mente come “vedo dai tuoi occhi che sei d’accordo con me”; le presupposizioni che danno qualcosa per scontato come “stasera vuoi cenare in ristorante o in pizzeria?” che presume che l’altro voglia uscire; i giudizi di valore come “le donne non sono razionali” o “sei interessato solo a te stesso”; causa- effetto arbitraria come “da quando frequenti quella gente sei peggiorato” o “gli immigrati ci tolgono il lavoro”; le equivalenze complesse come “non mi fai più regali, non mi ami più”. Le domande correttive possono essere “da quando in qua gli occhi dicono quello che penso? Chi ti ha detto che stasera io voglia uscire? In quale occasione sono stato interessato a me stesso?”. Ora, caro lettore, prova tu a riconoscere queste modalità nei discorsi politici, pubblicitari, o anche nella vita quotidiana.
La comunicazione persuasiva, sia quando si parla in pubblico, sia quando si scrive o si comunica attraverso i media, è efficace quando alterna con sapienza il generico in cui tutti si possono riconoscere con lo specifico dell’esempio che dà peso e corpo agli svolazzi delle astrazioni.
Una distinzione fondamentale è la comunicazione fra uguali e fra diversi. Gli uguali sono ingegneri che comunicano con ingegneri, medici con medici, preti con monaci, genitori con genitori. I diversi sono ingegneri che comunicano con operai o con clienti, medici con pazienti, preti con laici, genitori con figli. Ovviamente uguaglianza e diversità si limitano all’atto comunicativo, perché comunque fra due preti ci possono essere tante altre differenze che in questa sede non è il caso di prendere in considerazione.
Nella comunicazione fra uguali gli astratti hanno lo stesso significato. La grazia per esempio per i preti significa un dono di Dio, per gli avvocati il perdono dello stato, per i genitori la gradevolezza delle bambine. Nella comunicazione fra diversi gli astratti vanno chiariti con parabole, metafore, aneddoti, storie. Ecco dunque che la cooperazione diventa l’equipaggio di una barca a vela in regata, o la squadra di formula uno al pit stop, la misericordia diventa il buon pastore che fino a notte va in cerca della pecorella smarrita, la prepotenza il lupo che accusa l’agnello.
Se la comunicazione è asimmetrica, ossia chi parla è molto più potente di chi ascolta, è facile comprendere come il gioco delle astrazioni possa diventare manipolatorio, al punto di presentare la guerra come operazione di pace o da scrivere all’ingresso del lager che il lavoro rende liberi!
La concretezza è importante non solo per dare corpo e presa comunicativa a concetti, idee, valori, decisioni, ma anche per visualizzare i dati. Leggere o ascoltare una sequenza di numeri è meno efficace che visualizzare gli stessi dati con grafici e immagini. E per una visualizzazione efficace, l’astratto deve in qualche modo diventare concreto. Un insieme di percentuali deve diventare una torta con fette di colore diverso. Un bilancio dai profitti crescenti deve diventare una linea che sale. La concretizzazione delle cose da visualizzare si ritrova anche nei programmi text to image di intelligenza artificiale, che generano immagini tanto più efficaci e soddisfacenti quanto più in concreto si è formulata la richiesta testuale.
Anche nello scambio dialettico, dalla negoziazione al dibattito polemico, fino al dialogo strategico a scopo consulenziale o terapeutico, si usa con efficacia la tecnica di alternare o contrapporre l’astratto al concreto.
Ecco alcuni esempi, in cui ho contrassegnato con A l’astratto e generico e con C il concreto e specifico.
– Sei un mentitore! A
– Dimmi quando e come ti avrei mentito. C
– Ieri sera hai finto di non essere in casa. C
– Perché non hai più fiducia in me? A
Il conflitto fra astratto e concreto può arrivare perfino all’uccisione di uno dei contendenti.
La donna che prepara una pozione (C) è accusata di magia (A), giudicata empia e condannata a morte (A) e bruciata sul rogo (C).
Di concretezza e astrazione nelle arti visive parlo nella mia newsletter di luglio. Basti ricordare l’arte astratta, che agli inizi del Novecento si contrapponeva al realismo positivista ottocentesco che culminò nell’invenzione della fotografia.
Il discorso potrebbe ampliarsi a comprendere la musica, la narrativa, il giornalismo, il cinema. Mi limito al campo per me più familiare del problem solving.
Un problema astratto può essere un teorema matematico, un problema filosofico, per esempio il libero arbitrio. Può definire un concetto o uno scenario, dimostrare la verità o la coerenza di un assunto. Un problema concreto può essere il calcolo del cemento armato, una diagnosi medica, un trattamento psicoterapeutico, un percorso di coaching personale che aiuta a raggiungere un obiettivo o rimuovere un ostacolo.
Più si sale di livello più il problema diventa astratto. L’operaio ha il problema concreto della manutenzione di un apparecchio, il caporeparto ha il problema un po’ più astratto della puntualità delle consegne, un quadro ha il problema di soddisfare al tempo stesso dipendenti e superiori, e così via, fino al Ceo che ha il problema di ampliare la penetrazione in un nuovo mercato. La scala dell’astrazione è utile anche in questo ambito. L’allevatore della mucca Carolina ha il problema assai concreto di darle fieno di buona qualità, da cui deriva l’astrazione dell’aumento di valore del latte e della carne, via via astraendo fino ai mercati internazionali.