La percentuale di biossido di carbonio (CO2) nell’atmosfera cresce. Nel 1958 era di 315 ppm (parti per milione), nel 2024 è 424 ppm. Da 30 anni scienziati e pubblicisti ripetono:

«Questa crescita intensifica l’effetto serra e fa salire la temperatura dell’atmosfera. Tale riscaldamento globale, farà crescere la temperatura di 4 o 5°C in 50 anni. Si scioglieranno masse di ghiaccio in Antartide e Artide innalzando il livello del mare di vari metri; le città costiere saranno sommerse. L’aumento del CO2 nell’aria sarà causato dall’uso dei combustibili fossili. Occorre limitare queste emissioni: decarbonizzare’.»

Questi punti di vista considerati verità ufficiale, sono affermati dal Protocollo firmato a Kyoto nel 1997 dai governi di 150 Paesi, che mira a diminuire le emissioni di CO2 per tornare a un livello del 7% minore di quello del 1990. Il Protocollo non fu ratificato dagli Usa perché ritenuto dannoso alla loro economia: diminuirebbe i consumi energetici. Il CO2 è considerato da taluni come inquinante – sebbene assicuri la vita vegetale sulla terra. In effetti la temperatura media della terra è di 15°C (invece di -18°C) grazie all’effetto serra. Questo è dovuto per il 79% all’acqua e alle nubi e solo per il 14% al CO2. Ho calcolato con le equazioni differenziali di Volterra che nel ciclo attuale il valore massimo del tasso di CO2 nell’atmosfera supererà di poco 500 pmm (cioè metà dell’uno per mille).

L’argomento è critico: esiste davvero un rischio grave? I pareri sono divisi. I catastrofisti e i loro oppositori (secondo i quali le attività antropiche influiscono  poco sul clima globale) si affrontano sui media e in acri dibattiti pubblici. Firmano appelli e manifesti, pubblicano commenti venefici sostenendo che i documenti avversari sono poco qualificati. Il matematico Von Neumann elaborò una teoria dei modelli climatici (GCM – General Circulation Models), che prevede il tempo atmosferico con giorni di anticipo. I modelli, però, sono inadeguati a formulare previsioni a lungo termine.

Nel 1842 Adhemar sostenne che le ere glaciali fossero causate da variazioni nell’orbita terrestre. L’idea fu ripresa dal serbo M. Milankovitch che dal 1912 al 1940 calcolò gli effetti sull’energia solare irradiata sulla terra di 3 ordini di fenomeni:

  1. variazione dell’eccentricità dell’orbita della Terra con periodo di 100.000 anni;
  2. variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre (tra 22° e 25°) con periodo di 40.000 anni;
  3. precessione degli equinozi con periodo di 22.000 anni.

Attribuì a tali variazioni la causa delle ere glaciali degli ultimi 800.000 anni.

La sua tesi fu confermata dall’analisi delle bolle d’aria nei carotaggi di ghiaccio fino a profondità di alcuni chilometri in Antartide dalla spedizione russa Vostok, in funzione del rapporto fra le quantità dei due isotopi dell’ossigeno 18 O e 16 O contenuti nelle bolle. Se ne deduce che le variazioni della temperatura sono determinate da regolarità della posizione e del moto della terra. Sono esse, quindi, a causare le variazioni del CO2 nell’atmosfera e non viceversa. Non è l’aumentato effetto serra che produce il riscaldamento globale, ma è l’innalzamento di temperatura che fa crescere la percentuale di CO2 e questa contribuisce a sua volta all’aumento di temperatura.

Il carbonio presente nell’atmosfera come CO2 pesa 800 miliardi di tonnellate. La biosfera (alberi e piante) ne contiene 2.000 miliardi di tonnellate e i mari 37.000. E’ ragionevole pensare che comandino i mari – in base a meccanismi ancora non del tutto compresi. 20.000 anni fa Canada e Nord Europa erano coperti da uno strato di ghiaccio spesso 2.000 metri. Anche a Sud il clima era più rigido. Da allora la temperatura è salita di oltre 10 gradi in modo abbastanza discontinuo e, come accennato,  c’è una correlazione (ma non una relazione di causa-effetto) con le variazioni del tasso di CO2.

Nel 15° secolo rivolgimenti climatici dovuti probabilmente alla scarsità di macchie solari abbassarono la temperatura nell’Atlantico settentrionale producendo la mini era glaciale (dal 15° al 17° secolo): la Groenlandia fu abbandonata, l’Islanda aveva un solo porto libero da ghiacci e gli abitanti stavano per tornare in Danimarca. Poi la temperatura cominciò a salire di nuovo verso il 1700 – e non si bruciavano ancora combustibili fossili – indizio che l’effetto delle attività industriali viene sopravvalutato.

Negli ultimi decenni il tasso di CO2 atmosferico misurato a MaunaLoa, Havaii aumenta di continuo Ho calcolato l’equazione di Volterra x = A/[1 + e(B t + C)] che descrive l’andamento delle serie storiche 1958-76, 1976-2006, 2007-2024. I parametri delle 3 equazioni sono riportate nella tabella seguente.

L’errore standard è la radice quadrata della somma dei quadrati delle differenze fra valori calcolati e valori misurati, divisa per la media dei valori. La costante di tempo è il tempo per passare dal 10% al 90% del valore dell’asintoto.

A partire dal 1976 la concentrazione atmosferica di CO2 aumenta più velocemente che negli anni precedenti, ma mira ad asintoti bassi vicini allo 0.5 per mille, Non è ragionevole pensare, dunque, che gli uomini stiano causando danni ecologici gravi e irreversibili per il fatto che bruciano combustibili fossili. Non stiamo producendo, noi, un riscaldamento globale su scala planetaria.

Una misura efficace da prendere in ogni caso, consiste nello sviluppare energie alternative che evitino di bruciare i combustibili fossili. Fra queste: il fotovoltaico solare ad alto rendimento: teoricamente si potrebbe salire dal 15% attuale all’85%. Anche se bruciare petrolio e metano non è rischioso ai fini dell’impatto sul clima, tali sostanze sono la base dell’industria petrolchimica e della plastica con utilità ben maggiore di quella ottenuta bruciandole.

Gli esperti hanno capito parecchie cose, ma non tutte. Non siamo in grado di fare previsioni a lungo termine sul clima. Il fisico danese H. Svensmark  ritiene che l’aumento di 0,6°C della temperatura atmosferica verificatosi nell’ultimo secolo dipenda sopratutto dalla diminuzione delle nuvole a bassa altitudine. Cicli climatici di circa mille anni sono causati da variazioni del campo magnetico solare: se è forte, devia dalla Terra i raggi cosmici galattici per cui diminuisce la condensazione a bassa quota del vapore acqueo e la scarsità delle nuvole basse causa un aumento della temperatura.. Questo sta succedendo da qualche secolo e successe anche 1000 anni fa. Succede il contrario se il campo magnetico solare è debole: i raggi cosmici galattici sono forti e ci sono più nuvole a bassa quota: la temperatura si abbassa come accadde nella mini era glaciale fra il XIII e il XVII secolo.

Ricordiamo, però, che i modelli matematici, anche se ci impressionano mentre girano sui computer, vanno usati con prudenza. Prima di essere validati, non danno certezze. In questo settore della climatologia a lungo termine finora non abbiamo validazioni. Nessun modello ha previsto accuratamente eventi futuri con decenni di anticipo. Ricordiamo la frase di Galileo Galilei:

«Ciò che l’esperienza e i sensi ne dimostrano devesi anteporre a ogni discorso, ancorchè ne paresse assai fondato.»