Cosa si intende, esattamente, per comunicazione etica? Proviamo a vederlo, in questo articolo, concretamente, con un esempio dettagliato. Una comunicazione etica non è semplice da ottenere. Occorre avere coraggio, trasparenza e determinazione. Una comunicazione etica è una comunicazione autorevole, ovvero una comunicazione che trasmette conoscenza. Che non stravolge la realtà, adattandola alle specifiche convenienze del momento. La comunicazione etica nasce dal rispetto della verità, e corrisponde ai comportamenti reali. Come amava ripetere mia nonna

«le cose non si dicono, si fanno; perché quando si fanno parlano da sole».

Il problema è che sempre più spesso, potrei dire quasi sempre, quelle che si dicono non sono quelle che si fanno. Nella politica, nelle aziende, nel marketing, nella finanza. In questo caso si parla di propaganda e non di comunicazione, di fake news e non di informazione, di sistema mass mediatico economico e non di giornalismo. Tutte forme di comunicazione non etica, generalmente con fini manipolatori: raccontare una realtà che non esiste, più “bella” di quella che esiste.

Un capolavoro di comunicazione non etica l’abbiamo avuta da parte del Governo italiano, in particolare dal Presidente del Consiglio dei ministri italiano, una settimana fa, verso la fine di gennaio (del 2025). Entriamo con due piedi nel regno dell’agnotologia: la scienza dell’ignoranza.

I fatti

La notizia di cronaca è il caso del generale libico Najeem Osema Almasri Habish, arrestato per crimini gravissimi a Torino il 19 gennaio su mandato della Corte penale internazionale e riportato a casa il 21 con tutti gli onori da un aereo dei servizi segreti italiani. La Corte d’appello di Roma ne ha disposto la scarcerazione ufficialmente perché la polizia l’aveva arrestato senza che il ministro della Giustizia avesse sollecitato il provvedimento, come invece richiede la legge 237 del 2012 sull’esecuzione dei provvedimenti della Corte penale dell’Aia.

Alle 14 di martedì 28 gennaio un carabiniere entra a Palazzo Chigi. In mano ha due “informazioni” (non “avvisi”) di garanzia da consegnare al capo del governo e al suo numero due. Alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che ha la delega ai Servizi, Alfredo Mantovano. Due delle principali cariche di governo del Paese, insieme al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e della Giustizia Carlo Nordio, sono indagate per favoreggiamento e peculato. La questione riguarda l’arresto e il rimpatrio, nel giro di 48 ore, del torturatore, assassino, violentatore libico Almasri. L’inchiesta nasce dalla denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti il 23 gennaio 2025 proprio per i reati di favoreggiamento personale e peculato.

Il motivo? La liberazione del libico

«Osama Almasri, catturato su mandato della Corte Penale Internazionale, con l’accusa di tortura, assassinio, violenza sessuale, minaccia, lavori forzati, lesioni in danno di un numero imprecisato di vittime detenute in centri di detenzioni libiche».

Il procuratore Francesco Lo Voi, per la maggior parte dei giuristi, non aveva scelta: doveva iscrivere nel registro degli indagati la presidente del Consiglio Meloni, i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario alla Presidenza Mantovano per trasmettere tutto al Collegio dei reati ministeriali informando “immediatamente’” gli indagati e permettere loro di presentare memorie.

Una donna “fiera”

Il primo ministro non è donna che si fa “intimidire” e così ci pensa lei stessa a comunicare la notizia delle indagini, bruciando i giornali. Si attiva la macchina comunicativa di Palazzo Chigi. La postazione video, lo sfondo blu, le bandiere del caso, l’abito istituzionale (l’eleganza è un’opinione). C’è da fare un annuncio importante. Lo sguardo della premier è serio. Scuro. Combattivo e complottista. Va in scena il capolavoro di comunicazione non etica, di propaganda, di volontà di manipolazione dei cittadini italiani. Tecnicamente un’arma di “distrazione di massa” (distogliere l’attenzione da quello più grave che è accaduto). Quello che più colpisce è, come dimostreremo, che se si escludono i nomi coinvolti, non c’è uno, che sia uno, legame con una onesta verità.

La notizia

Proviamo a spiegare perché, smontando il suo annuncio pezzo pezzo (diciamo, tanto per essere di moda, attraverso un fact checking).

Meloni «Dunque la notizia di oggi è questa il procuratore della repubblica Francesco Lo Voi lo stesso del, diciamolo, fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona»

Et voila! Uno, vedete, presenta Francesco Lo Voi come “lo stesso del fallimentare processo di Matteo Salvini”. Francesco Lo Voi ha una storia articolata e molto complessa: durante il suo incarico ha lavorato con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e ha condotto importanti processi contro Cosa Nostra, tra cui quelli che hanno visto coinvolti boss come Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. È stato protagonista di molte inchieste legate a omicidi mafiosi, tra cui quello del parroco don Pino Puglisi, assassinato nel 1993. Fa parte del sindacato dei magistrati più a destra (Magistratura Indipendente) come lo era il il sottosegretario alla Presidenza Mantovano. Nel 1975 a Palermo distribuiva volantini del Fronte della Gioventù, quelli con la fiaccola stilizzata nel pugno virile. Ma Giorgia Meloni si è guardata bene dal raccontare la storia di un giudice che ha indagato gli assassini di Pino Puglisi o su Capaci o sui capi di Cosa Nostra facendo riferimento solo al “fallimentare” processo Salvini, sfiduciando di fatto lui e tutta la magistratura con frasi allusive. Un passo irresponsabile. Mancanza di senso delle istituzioni. Ma ci siamo abituati, richiamiamo alla memoria quando a Napoli definì le tasse “pizzo di Stato” (che tra l’altro pagano il suo stipendio, il suo lauto stipendio, da quasi una trentina di anni). La “precisazione” è completamente sciatta, fa riferimento a un processo legittimamente svolto, necessario, finito, in primo grado, con l’assoluzione di Salvini; riferimento assolutamente fuori contesto.

La lesa maestà

Andiamo avanti:

Meloni «mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e di peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri, avviso di garanzia che è stato inviato anche ai ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, presumo a seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi»

Due. Avvocato di sinistra. Giorgia Meloni prosegue descrivendo per cosa è indagata e ci tiene a sottolineare che le indagini hanno fatto seguito a una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti “ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi”. Li Gotti viene da una lunga storia nel Movimento Sociale Italiano, poi in Alleanza nazionale e infine una parentesi con Antonio Di Pietro nell’Italia dei Valori. Non risultano particolari vicinanze con Romano Prodi.

Tre. Avvocato mafioso: “Luigi Li Gotti (…) conosciuto per aver difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”. Lasciando intendere che è un avvocato di noti pentiti di mafia “e altri mafiosi”, quindi evocando una vicinanza con la criminalità organizzata. Eccoci di fronte all’apparente scaltrezza furbina della Meloni promossa dalla qualità dell’informazione del sistema mass mediatico economico, in buona parte desideroso (come quasi sempre) di correre in soccorso della vincitrice. Li Gotti è stato avvocato di parte civile nel processo dell’omicidio del commissario Calabresi, è stato l’avvocato della famiglia di Oreste Leonardi, il maresciallo che muore accanto ad Aldo Moro. Dettagli che “sfuggono” alla biografia che racconta la Presidente del Consiglio.

Il diritto alla difesa

Ma, sopratutto, per fortuna, anche gli affiliati alla mafia e i pentiti di mafia hanno gli avvocati. L’avvocato è un ruolo fondamentale nello stato di diritto che sorregge la nostra democrazia. Il diritto alla difesa (è incredibile doverlo ribadire a margine di un intervento della seconda carica dello Stato) è fondamentale. Essere avvocato di un mafioso significa garantire un principio fondamentale della Costituzione; quel mafioso verrà condannato o assolto, legittimamente, proprio perché ha avuto un avvocato che l’ha difeso.

Quattro: avvocato di pentiti. Giorgia non lo precisa come nota di merito bensì lasciando intendere che è un personaggio compromesso con la mafia, che prende i soldi dalla mafia o richiamando implicitamente il termine “pentito” all’aggettivo “infame”.

Essere avvocato di pentiti è una scelta tra le più pericolose; essere l’avvocato di Giovanni Brusca significa rischiare la propria pelle, e significa avere definitivamente, se mai ci fosse stato, interrompere il rapporto con Cosa Nostra.

Un presidente del Consiglio dei Ministri lo sa, e se non lo sa è perché non è competente, e se non è competente forse non dovrebbe fare il premier e, nel caso, dovrebbe stare zitta, ma il primo atto che fa un affiliato quando si allontana da un’organizzazione criminale è cambiare l’avvocato.

Certo ci sono avvocati stipendiati dalle organizzazioni criminali; avvocati criminali; avvocati che portano fuori carcere ambasciate di morte; avvocati completamente affiliati; avvocati che difendono affiliati che non c’entrano niente con l’organizzazione e poi ci sono gli avvocati dei pentiti.

Ci confrontiamo con una dinamica molto italiana, da strapaese: sostenere che Giorgia Meloni è bravissima. In realtà questi sono trucchi bassi bassi, sintomo di una politica maldestra, degna della provincia più maneggiona. Degna di una leadership ciarlatana.

Dettaglio interessante. Il presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, scelta come avvocato di tutti e quattro i politici coinvolti (Meloni, Nordio, Piantedosi, Mantovani), ha difeso, legittimamente, un figura politica in odore di mafia, Giulio Andreotti. Ricordiamo che Il processo si concluse definitivamente con l’assoluzione del senatore a vita, nonostante la collusione con Cosa Nostra fino al 1980 sia stata accertata con sentenza emessa dai supremi giudici di Cassazione.

Siamo alle solite: il complotto

Meloni «e la Corte internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri Stati europei»

Cinque. Il complotto. Non poteva mancare. “Curiosamente”, che sottile allusione dal primo ministro della Nazione. Giorgia Meloni lascia intendere in maniera neanche troppo velata che la Corte penale internazionale dell’Aja spicchi il mandato di cattura guarda caso proprio quando Almasri entra in Italia. Complotto!

Ma, attenzione. C’è chi sostiene (tra gli altri Saviano) che sia esattamente il contrario. Almasri si trova in Europa, non sappiamo a fare che, e quando sente che la sua situazione si sta complicando si rifugia in Italia. Sceglie l’Italia come luogo sicuro sapendo che l’Italia è ricattata dalle sue milizie, sapendo che l’Italia non può che proteggerlo. Esattamente il contrario di quanto dice Meloni. Infatti arriva il mandato di cattura e cosa fa l’Italia lo arresta e, illegittimamente, lo libera. Come giustifica questa decisione Giorgia Meloni nel suo video:

Meloni «La richiesta di arresto della procura della Corte penale internazionale non è stata trasmessa al Ministero italiano della Giustizia, come invece previsto dalla legge, e per questo la corte di appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida. A questo punto questo soggetto è libero sul territorio italiano. Piuttosto che lasciarlo libero noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza con un volo apposito come accade in altri casi analoghi. Questa è la ragione per la quale la procura di Roma oggi indaga me, il sottosegretario Mantovano e due ministri».

Sei: la colpa è degli altri. Quindi cosa succede? Questa è la procedura: la Corte Penale Internazionale richiede arresto e comunicazione al Ministero della Giustizia. Questa comunicazione non avviene (o forse avviene, ma in tardo pomeriggio, o forse sono 40 pagine in inglese e mezzolitro Nordio non sa l’inglese) quindi si decide di scarcerarlo. Chi decide? il tribunale di Roma quindi la Corte di appello di Roma decide di non convalidare l’arresto, per errore procedurale, perché non è stato comunicato correttamente al Ministero della Giustizia e non c’è stata risposta. La Corte Penale Internazionale la prima cosa che dice è che dinnanzi alla mancata comunicazione il Ministro può immediatamente rimediare intervenendo, in ogni momento. Cosa fa,invece, la nostra destra legalitaria al governo? si rifugia dietro un banalissimo cavillo burocratico: non ha risposto lo possiamo scarcerare. La versione viene definitivamente bollata come “supercazzola”, smentita perfino dal ministro della Giustizia nell’imbarazzante arringa del 5 febbraio alla Camera e al Senato: il mandato è arrivato regolarmente, ma era “radicalmente nullo”, secondo Nordio, perché conteneva alcuni errori.

Sette: il soggetto libero è pericoloso. Non è “imprigionabile” per motivi di rapporti internazionali essendo un dirigente di “altissimo” livello del governo libico (tesi sostenuta da Bruno Vespa, l’insetto-artista, come lo definisce Travaglio). Il soggetto, quindi, è libero e lo rimandiamo in Libia perché è un soggetto pericoloso, perché un criminale (quindi ha ragione la Corte Penale Internazionale).

Otto. Per ragioni di sicurezza nazionale. “A questo punto questo soggetto è libero sul territorio italiano”. Non era libero era dove doveva essere proprio perché pericoloso: in carcere. Bastava lasciarcelo e la sicurezza nazionale era al … sicuro. E’ un criminale pericoloso quindi… noi preferiamo liberarlo piuttosto che tenerlo in carcere.

Nove. La legge è uguale per tutti. Il principio applicato è chiaro. Sei in carcere, sei pericoloso, quindi: ti libero e con un aereo di Stato ti rimando al tuo Paese, o in un’altro Paese. Applicando lo stesso principio giuridico chiunque d’oggi in poi verrà arrestato sotto il governo Meloni può chiedere di essere rimpatriato. Non tenetemi qui, mandatemi in un altro Stato. Abbiamo risolto, così, il problema del sovraffollamento delle carceri, il dramma dei suicidi in carcere. Il problema diventa liberarsi dall’incombenza criminale della presenza.

Ricattabile no, ricattata, anzi estorta!

Meloni «Io penso che valga oggi quello che valeva ieri. Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire, è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi, che diventi migliore, ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della Nazione. A testa alta e senza paura.»

Siamo al capolavoro. Dieci, undici, dodici e tredici. Quattro cialtronaggini in 65 parole.

Dieci. Ricatto. “Non sono ricattabile”. Perché Giorgia nazionale ci tiene a precisare, anche in questa occasione, che non è ricattabile? Excusatio non petita, accusatio manifesta (se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti). Liberarlo? Dovevate metterlo al sicuro. Noi abbiamo messo al sicuro il Paese cacciandolo. Hanno liberato un criminale proteggendolo e ricevendo garanzie per questa liberazione. E’ un’operazione frutto dell’estorsione cui questo governo, come quelli precedenti, è piegato, è sottoposto. Siamo di nuovo al ribaltamento del senso. Non sono ricattabile, sono proprio ricattata! Ha deciso sotto ricatto ed estorsione.

Undici. Buttiamola in caciara. “Sono invisa a chi non vuole che l’Italia cambi”. Cosa c’entra? L’Italia non sta cambiando, anche queste alleanze che la tengono sotto scacco sono state fatte prima di lei. Non c’è stato in questi due anni un cambiamento, né reale, né percepito.

Sta mentendo, come hanno mentito tutti. Non cambia niente. In questo senso c’è davvero un’equivalenza tra, quasi, tutti. La gestione dei rapporti con la Libia, con questo immenso Stato “criminale” è complicatissima e non è facile trovare un nuovo percorso per relazionarcisi. Ma almeno non aver paura (“non mi faccio intimidire”); rispetta gli italiani mostrando un po’ di onesta, di chiarezza.

Dodici. Onestà intellettuale. “A testa alta e senza paura”; e allora abbi il coraggio di dire che siamo stati costretti a rilasciarlo e farlo rientrare con tutti gli agi perché altrimenti, nell’ipotesi migliore, Almarsi avrebbe riaperto i rubinetti inviandoci migliaia di migranti o, nella peggiore, avrebbe raccontato i patti e i finanziamenti segreti del governo italiano con la mafia libica. Perché di questo si tratta. Per andare a testa alta occorre un leader politico capace di dire che le Ong salvano le persone in mare e che gli Stati devono accordarsi con i trafficanti. La comunicazione è etica quando trasferisce conoscenza.

Invece abbiamo una maggioranza che è andata al governo mentendo sistematicamente e capitalizzando voti con persone che hanno creduto alle loro baggianate, alle loro menzogne spudorate; parlando di soluzioni facili e immediate (il blocco navale); di Ong che partecipavano al traffico degli esseri umani; negando il ruolo dei servizi segreti che irrorano di denaro i trafficanti. Giorgia Meloni è, né più ne meno, come chi l’ha preceduta, sotto ricatto; Giorgia Meloni è sotto estorsione che paga mensilmente con le risorse che vanno alla mafia libica. Ma lei lo nega!

Giorgia Meloni non sta affatto migliorando l’Italia. Non è un giudizio, è un fatto! Non solo non riesce a mutare nulla, non riesco a trovare un, dico “un”, provvedimento di questo governo che abbia cambiato la vita degli italiani. Piuttosto sta drammaticamente peggiorando la situazione istituzionale e della vita reale (5,7 milioni in povertà assoluta, 22 mesi di produzione industriale con il segno negativo, il 30% in più di cassa integrazione, la crescita del Pil del 2024 dimezzato rispetto alle previsioni prudenziali). Di questo se ne stanno accorgendo sempre più persone. Se ti piace pensare di andare avanti “a testa alta e senza paura” hai l’opportunità di dimostrarlo passando dalla propaganda alla comunicazione autorevole. Ma devi avere veramente coraggio. Non essere il Presidente del “coniglio” (non è un refuso) come l’ha definita alla Camera Elly Schlein. Perché è “senza paura” ma in Parlamento non si presenta.

Tredici. Coerente nel tradire le promesse fatte. Intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani. Probabilmente per una volta dice una cosa vera anche l’insetto-artista da un milione e mezzo di euro all’anno

«Sappiamo tutti le cose sporche, sporchissime, anche trattando con i torturatori, che ogni Stato fa per la sicurezza nazionale». (Bruno Vespa in “Cinque minuti”, Rai1 – 30 gennaio 2025).

Il duro prezzo della scalata al potere

Qual è il problema della Meloni? L’anima che si è venduta per raggiungere la maggioranza relativa dei votanti, una piccola percentuale (meno del 13%) degli italiani. Ha fatto promesse che poi ha regolarmente disatteso, spesso negato, da quando è al governo.

Tanto da rendere plausibile, anche se non necessariamente condiviso, un commento così sferzante come quello di Andrea Scanzi:

«Il governo Meloni è un obbrobrio sesquipedale, che inanella senza sosta boiate cosmiche: dal pasticciaccio con l’Albania, all’orrenda “liberazione”del boia Almasri, dalla riforma (va be’) della giustizia ai numeri a caso su sanità e occupazione, dalla classe dirigente pietosa al menefreghismo sulla questione morale (Santanchè e non solo), dall’autonomia differenziata (ciao core) al premierato, dallo sdoganamento della “manganellitudine” alla querela/censura facili. I punti deboli di questo esecutivo da avanspettacolo di quart’ordine sono infiniti.»

In questo video su Almasri e dintorni c’è un problema di comunicazione, che non è autorevole, non è etica, come meriterebbe una democrazia matura, come farebbe un vero leader politico o aziendale.

Sappiamo tutti le cose sporche, sporchissime…” il punto è che vengono gestite dai servizi segreti (Mi5, Mi6, Cia, Mossad, Aisi) che, nomen omen, si chiamano “segreti”. Le “menzogne di Stato” devono rimanere segrete, non possono diventare di pubblico dominio, come in questa vicenda. Altrimenti si danneggia la credibilità delle Istituzioni. E’ l’ipocrisia “necessaria” in una democrazia? Quello che è innegabile è che una democrazia vive, ha bisogno, di trasparenza. Come spesso capita nella vita c’è un fondamentale problema di equilibrio.

Ci troviamo di fronte a un autogol frutto della comunicazione propaganda. Tra le tante promesse disattese c’è la virile e gloriosa affermazione che, in preda all’hybris oratoria, la premier fece il 10 marzo del 2023:

«Andremo a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo».

E questo cozza leggermente con la decisione di scarcerare, illegalmente, non un trafficante, ma uno dei capi dei trafficanti di esseri umani.

Infine, riprendendo la definizione della presidente di Magistratura democratica Silvia Albano, questo video è un’“arma di distrazione di massa”, giacché concentra l’attenzione sull’informazione di garanzia ignorando del tutto l’illegalità fondamentale: non aver dato esecuzione a un ordine di arresto della Corte Penale Internazionale per crimini gravissimi contro l’umanità violando i nostri obblighi internazionali. Noi, la Patria (maiuscolo) del Diritto (maiuscolo). C’è qualcosa di paradossale nello scontro tra la Corte Penale Internazionale e il nostro Paese. L’Italia infatti è tra i fondatori e i maggiori sostenitori economici della Corte, che è stata, tra l’altro, istituita a Roma nel 1998.

Ma ritorniamo al tema principale. Almeno tredici sono i motivi per cui Giorgia Meloni prende in giro gli italiani con una comunicazione che non racconta i comportamenti reali di questo governo, che allude, che nasconde la verità. Una comunicazione non etica, pura propaganda, ma peggio, limpido esempio di truffa comunicativa verso i “patrioti”, firma di uno stile di leadership. Riepiloghiamoli. Presenta:

  1. Francesco Lo Voi come “lo stesso del fallimentare processo di Matteo Salvini”.
  2. Luigi Li Gotti, avvocato di sinistra.
  3. Luigi Li Gotti, avvocato mafioso.
  4. Luigi Li Gotti, avvocato dei pentiti.
  5. Il complotto. Non poteva mancare.
  6. La colpa è degli altri.
  7. Il soggetto libero è pericoloso.
  8. Rimpatriato per ragioni di sicurezza nazionale.
  9. La legge è uguale per tutti.
  10. Non sono ricattabile.
  11. Buttiamola in caciara.
  12. Onestà intellettuale, cos’è?
  13. Coerente nel tradire le promesse fatte.

La sostanza di questo immorale episodio di cronaca è che ha reso evidente, “plastico” direbbero i nostri parlamentari, che Giorgia Meloni è sotto estorsione perché sa benissimo di essere alleata ai cartelli criminali libici e, orgogliosa e incapace di accettare una critica quale che sia, risponde all’informazione di garanzia aggredendo il procuratore.

C’è poi un aspetto, in conclusione, interessante. Che cosa unisce Meloni a Berlusconi, Renzi, Salvini, Conte, Draghi? Travaglio lo definisce

«balurdùn. Che, in alcuni dialetti del Nord, significa stordimento, capogiro, perdita di lucidità. Di solito è dovuto a troppa sicurezza di sé, troppo consenso, troppa adulazione, troppa compiacenza dei collaboratori che dovrebbero fungere da freno inibitore contro i rischi di ùbrise delirio di onnipotenza, spesso misti a mania di persecuzione e sindrome di accerchiamento».

Il balurdùn segna l’inizio della fine. Quando Re Mida perde il suo tocco magico e diventa Re Merda. Tutto quello che toccava e che diventava oro, d’ora in poi diventa merda.

Perché oltre ad essere una comunicazione manipolatoria e non etica, il video che abbiamo analizzato è anche una carta d’identità della leadership che l’ha pronunciato. Un messaggio di intimidazione e un’arma di distrazione di massa mascherata come informazione da dare al Paese, ma che la leader non ha il coraggio di ripetere in Parlamento esponendosi al diritto dovere del contraddittorio, una delle colonne delle democrazie (vere).

L’impostazione e i contenuti di questo video è coerente con la leadership e le linee guida morali del governo Meloni ed è la dimostrazione della metamorfosi dei valori dell’elettore di destra. Citando Franco Cardini, uno storico molto ascoltato a destra, anche per la sua storia di militanza e per un’amicizia mai nascosta con Meloni

«Lasciando da parte le nostalgie fasciste, un tempo gli elettori dell’estrema destra si identificavano soprattutto per una coscienza civica nazionale. C’era un senso civico diffuso, un senso della probità del cittadino, di lealtà nei confronti dello Stato. Tutto questo era la colonna vertebrale del cittadino medio che votava Msi. In qualche maniera, erano valori che facevano discendere dal nazionalismo. Quelli che oggi simpatizzano Fratelli d’Italia sono nati in un brodo culturale che non è quello del fascismo, ma quello del capitalismo».

Fonti

  • Bruno Vespa: ecco quanto guadagna il giornalista e conduttore di Porta a Porta”, Donna Glamour, 26 novembre 2024.
  • Chi è Francesco Lo Voi, il procuratore capo di Roma che ha iscritto Meloni al registro degli indagati”, Lettera 43, 29 gennaio 2025.
  • Silvia Albano, Intervista a Piazza pulita”, La Sette, 30 gennaio 2025.
  • Lorenzo Giarelli,FdI è diventato il partito di furbetti ed evasori: ora Giorgia molli Santanchè”, intervista a Franco Cardini, Il fatto quotidiano, venerdì 14 febbraio 2025.
  • Marco Lillo, “Macché anti-Meloni: Lo Voi era col Fronte della gioventù, Il fatto quotidiano, lunedì’ 10 febbraio 2025
  • Giorgia Meloni, ”Andremo a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terraqueo” YouTube, La Repubblica, 10 marzo 2023.
  • Roberto Saviano,“Meloni indagata per il caso Almasri”, Roberto Saviano Official, 31 gennaio 2025.
  • Andrea Scanzi, “Cara opposizione, perché ti occupi solo dei saluti di Musk?” Il fatto quotidiano, martedì 28 gennaio 2025.
  • Marco Travaglio, “Il balurdùn” Il fatto quotidiano, domenica 9 febbraio 2025.
  • Giovanni Valentini, “Supervisori e Vespa: in Rai va in onda la “teledemocratura”, Il fatto quotidiano, sabato 1 febbraio 2025.

(battute 26.165) ril.1.6.