Si è da poco conclusa la 75ma edizione del Festival della canzone italiana di Sanremo. È una manifestazione che da sempre riesce a stimolare molteplici riflessioni. In particolare, per gli studiosi della complessità rappresenta un valido case-study in quanto il prestigio e la vita stessa della kermesse sono legati alle vicissitudini di diversi agenti interconnessi, al pari di eventi sportivi, politici o religiosi.

La proprietà intellettuale del Festival è del Comune di Sanremo che, nel finanziarlo annualmente, persegue scopi di richiamo turistico e imprenditoriale. Il Comune, da decenni, ne affida l’organizzazione alla Rai che, oltre ad un proprio contributo in termini finanziari e di maestranze, nomina il direttore artistico della kermesse delineandone il mandato e la policy aziendale.

Il direttore artistico, che negli ultimi anni è anche il conduttore  principale del Festival, è coadiuvato da uno staff tecnico e stabilisce il regolamento, seleziona i cantanti e i co-conduttori, definisce la scenografia e programma gli ospiti, nazionali ed internazionali, che dovranno  inframezzare la successione delle canzoni. Ad integrazione del budget finanziario intervengono gli sponsor ufficiali. Questi sono più o meno palesi: molto presente è una nota compagnia telefonica; più in secondo piano, vi sono le maison che contribuiscono al look, in termini di abiti, gioielli, acconciature ecc.. Infine, a seconda delle aspettative, ulteriori finanziamenti provengono dalle aziende inserzioniste e dalle televisioni straniere che acquisiscono l’autorizzazione alla diretta tv. Essendo una gara canora, la componente più importante è quella delle canzoni, dei cantanti che le propongono e delle rispettive case discografiche di appartenenza (le major).

Possiamo distinguere due fasi in cui agiscono processi complessi. La prima fase è quella della preparazione della kermesse e la seconda è quella delle serate tv, durante le quali si attiva il processo di formazione del consenso sulle canzoni in gara.

Prima fase: la preparazione

La prima fase consiste in un processo organizzativo in cui molti agenti si relazionano con diversi interessi, spesso in competizione. Detto crudamente, tutti gli agenti, ospiti compresi, desiderano vendere o, almeno, promuovere un prodotto. Ma per soddisfare tale desiderio occorre avere visibilità e per avere visibilità è necessario creare, da parte dell’organizzazione, una grande aspettativa. Ma l’aspettativa si crea se tra tutti gli agenti in gioco si crea armonia e cooperazione mirata. Se il risultato è pari o superiore alle aspettative, la manifestazione stessa acquisisce ulteriore prestigio, che viene capitalizzato per l’anno seguente.

La Rai ha l’obiettivo di incrementare l’audience rispetto agli anni precedenti e, possibilmente, durante le serate stesse di trasmissione del Festival. Come già detto, ciò dipende dall’aspettativa che riesce a creare per l’evento e, soprattutto, nel saper attivare, tra gli agenti in gioco, le sinergie finalizzate alla riuscita della manifestazione. Ma non è facile. Alcuni mesi prima dell’inizio del Festival, il direttore artistico, coadiuvato da uno staff competente, inizia a operare la delicata selezione delle canzoni in base alla qualità delle stesse ma avendo anche l’accortezza di garantire, per quanto possibile, una proporzionata ripartizione dei selezionati tra le major di appartenenza.

Queste sono interessate alle vendite (oggi, anche ai download dai siti web preposti) e alla richiesta di concerti e di passaggi televisivi e radio per i loro artisti. Questi ultimi cercano di lanciare o rilanciare la propria carriera o aspirano a confermare il loro status; di fondo, hanno il bisogno di esprimere se stessi attraverso la musica e desiderano far ascoltare un brano che sentono importante. Le major si ritagliano un ruolo chiave nella selezione degli artisti, nell’orientamento musicale della manifestazione e nella promozione dei brani. Cercano di far partecipare i loro talenti migliori, preferibilmente con brani che abbiano il potenziale per diventare successi commerciali. Se una casa discografica di rilievo percepisce di non avere un adeguato spazio o riconoscimento, potrebbe scegliere di ridurre il proprio coinvolgimento nell’evento, limitando la partecipazione dei suoi artisti o diminuendo il supporto promozionale.

Per la potenziale riuscita della manifestazione, un ruolo lo svolge anche la programmazione prevista dalle televisioni concorrenti. In passato, si assisteva ad una vera è propria contro-programmazione. Da qualche anno, con l’avvento dei talent-show, presenti nei palinsesti delle emittenti più importanti, la partecipazione di  artisti emersi in tali programmi comporta un ritorno mediatico sulle emittenti stesse e ciò induce una contro-programmazione più edulcorata. Inoltre, la direzione artistica, nelle ultime edizioni, si è avvalsa anche di co-conduttori delle emittenti concorrenti.

Le aziende inserzioniste e le maison entrano nel gioco con un interesse economico chiaro: associare il proprio marchio ad un evento di grande visibilità per ottenere un ritorno pubblicitario. Il numero di spettatori e  il target demografico determinano il valore degli spazi pubblicitari e, se per l’evento si prospetta una perdita di ascolti, anche il potere attrattivo per gli investitori diminuisce.

Gli sponsor ufficiali agiscono come stabilizzatori economici. Infatti, il loro ruolo va oltre la semplice visibilità pubblicitaria: associando il proprio brand all’evento, ne rafforzano la credibilità e contribuiscono alla sua sostenibilità finanziaria. La loro partecipazione è un segnale di qualità e rilevanza che attira artisti, media e pubblico. Tuttavia, la relazione è bidirezionale: se l’evento perde appeal, gli sponsor possono ridurre il loro impegno, influenzando indirettamente le risorse disponibili per l’organizzazione e contribuendo a un potenziale declino dell’evento.

Come si può dedurre, attivare le giuste sinergie richiede un adeguato lavoro di management e, nella storia del Festival, non sempre i risultati sono stati pari alle aspettative.

La seconda fase: le serate

La seconda fase in cui sono presenti elementi di complessità inizia con la presentazione al pubblico della canzoni in gara; ciò dà avvio al processo di formazione dell’opinione popolare.

La formazione dell’opinione sulle canzoni durante le serate del festival è un processo dinamico influenzato da molteplici fattori che interagiscono in modo non lineare, generando flussi di preferenze che si modificano in tempo reale fino al televoto finale. È l’autorganizzazione del consenso.

La prima esibizione di una canzone in gara è un momento critico, perché il pubblico riceve contemporaneamente una grande quantità di stimoli: non solo la melodia e il testo, ma anche il look dell’artista, il suo atteggiamento sul palco, il modo in cui comunica emozioni e il contesto in cui si esibisce. Un cantante che appare sicuro e carismatico può generare immediata simpatia, mentre un’esibizione incerta o emotivamente instabile può suscitare empatia oppure indebolire la percezione del brano. Il look e il comportamento sono elementi non secondari: uno stile caratterizzante può rafforzare l’identità di una canzone e renderla immediatamente riconoscibile, mentre un abbigliamento giudicato eccessivo o fuori contesto può distogliere l’attenzione dalla musica e creare reazioni polarizzate.

La stampa e la critica musicale entrano in scena quasi immediatamente dopo le prime esibizioni, con recensioni, analisi e commenti che iniziano a creare un primo orientamento dell’opinione pubblica. Un giudizio entusiasta da parte di un critico influente può dare slancio a una canzone che inizialmente aveva ricevuto una reazione tiepida, mentre una recensione negativa può insinuare dubbi anche tra coloro che erano rimasti favorevolmente colpiti. I blogger e gli esperti di settore, che spesso operano al di fuori dei circuiti ufficiali della critica musicale, contribuiscono a diffondere opinioni meno istituzionalizzate, raggiungendo nicchie di pubblico che possono amplificare il successo di alcuni artisti o mettere in discussione le scelte più convenzionali.

Dietro le quinte, le major giocano un ruolo strategico, lavorando per orientare l’attenzione su determinati artisti attraverso operazioni promozionali, interviste esclusive e visibilità nei media tradizionali e digitali.

Il vero acceleratore delle dinamiche di ripartizione delle preferenze è il mondo dei social network, che trasforma il processo in un fenomeno di autorganizzazione collettiva. Durante e dopo le esibizioni, i social diventano arene di discussione dove l’opinione del pubblico si aggrega, si modifica e si diffonde con estrema rapidità. Il numero di like, condivisioni e commenti può determinare l’emergere di un trend che rafforza o ridimensiona la percezione di una canzone, in un effetto a cascata che può portare alla costruzione di un consenso sempre più ampio o, al contrario, a una polarizzazione tra sostenitori e detrattori. Gli influencer musicali e del mondo dello spettacolo giocano un ruolo cruciale in questo ecosistema: un endorsement da parte di una personalità seguita da milioni di utenti può spostare significativamente l’attenzione su un determinato artista o su una specifica canzone, mentre un commento critico può avviare una reazione a catena che ne compromette il successo.

Un fattore spesso sottovalutato ma sempre presente è il campanilismo, che induce parte del pubblico a supportare i cantanti sulla base della loro provenienza geografica, indipendentemente dal merito artistico. Questa dinamica può incidere in modo significativo sul televoto, specialmente nelle fasi finali della competizione, quando le comunità locali si mobilitano per sostenere il proprio rappresentante con un numero elevato di voti.

Il televoto finale è il punto culminante di questo processo complesso, in cui tutte le variabili sopra descritte convergono e producono un risultato che è il riflesso di un’interazione tra gusto musicale, esposizione mediatica, dinamiche sociali e strategie di comunicazione. Anche se il voto individuale è libero, esso è stato precedentemente modellato da una serie di stimoli che hanno costruito una narrazione attorno ai vari artisti, rafforzando alcune preferenze e indebolendone altre. L’elemento emergente è che spesso la canzone vincente è quella che è riuscita a inserirsi meglio nel sistema di relazioni e influenze che plasmano il consenso collettivo. È una risoluzione poco prevedibile in quanto il processo di autorganizzazione del consenso si svolge secondo i canoni dei sistemi collettivi (di cui abbiamo parlato in precedenti note) in cui anche il caso ha un ruolo. É un fatto che, a volte, le vendite premiano maggiormente le canzoni non vincitrici.

Tuttavia, detto ciò, tra il serio e il faceto ci poniamo una domanda finale. Se lo scenario che emerge da tale dinamica è poco prevedibile, per quale motivo molti degli addetti ai lavori, prima che inizi la kermesse, conoscono già il nome del vincitore, vincitrice, del Festival?