Laslo Block, “senior vice president of people operations” di Google – è già il titolo la dice lunga sulla filosofia dell’azienda – spiega in un’intervista comparsa di recente sul New York Times, quali siano i requisiti per lavorare da Google o, meglio, le caratteristiche che Google ricerca durante i colloqui di assunzione. Va premesso che la percentuale di impiegati di Google senza alcuna formazione universitaria è salita negli ultimi anni al 14%, e ciò in un’America che ancora non esita a indebitarsi fino al collo per una laurea con il “bollino blu” in una delle Ivies, le otto più prestigiose Università americane: Brown, Columbia, Cornell, Darmouth, Harvard, Princeton, Penn e Yale.
Bock spiega che il diploma universitario passa in secondo piano nei criteri di valutazione, sostituito invece da un rosa di cinque valori chiave.
Criterio prioritario è l’attitudine all’apprendimento: non conta tanto quanto si è imparato in passato, ma quanto si è capaci di imparare in futuro. Essenziale, secondo Block, è la capacità di elaborare informazioni, abilità che viene appunto valutata secondo test specifici e analisi comportamentali.
Al secondo posto vi è la leadership intesa però in chiave moderna: “emerging leadership”. Al selezionatore di Google interessa capire se, di fronte a un problema che il gruppo non riesce a risolvere, il candidato sia capace di “emergere” con una soluzione originale; ma, ancor più importante, interessa vedere, se all’emergere di un’ulteriore soluzione migliorativa, il candidato leader sia capace di farsi da parte.
Immediatamente correlati alla “emerging leadership”, sono il criterio dell’umiltà e del senso di responsabilità: sapersi tirare indietro al momento opportuno e fare posto a portatori di idee alternative consente di trovare le soluzioni migliori a cui ciascuno in questo modo contribuisce, indipendentemente dall’affermazione personale. Può sembrare scontato, ma non lo è, specie nella Corporate America, quella dei grandi e potenti gruppi dove per anni la parola d’ordine è stata concorrenza spietata all’interno e all’esterno dell’azienda.
Il concetto di umiltà è anche strettamente legato alla capacità di apprendimento di cui sopra: senza umiltà intellettuale è impossibile imparare. Bock fa notare come le prove attitudinali elaborate da Google spesso provano come i laureati delle grandi Università a volte manchino di questa umiltà: se le cose funzionano, lo attribuiscono al proprio talento; se qualcosa va storto è perchè qualcun altro ha sbagliato o non ha capito o le risorse non erano adeguate. La sfida maggiore, secondo Bock, è trovare persone dalla personalità forte che sappiamo anche farsi piccole.
Il quinto criterio, importante ma solo in modo marginale, è costituito dalla “expertise”: più che le competenze, per essere assunti da Google, conta la capacità di diventare esperti anche su materie poco familiari. Secondo Bock, a Google conviene mettere in conto qualche errore dovuto alla mancanza di esperienza, e assumere persone dalle capacità di cui sopra, piuttosto che cercare di limitare i rischi assumendo “esperti” che però poi non sanno adattarsi facilmente a nuove eventuali mansioni. Anche in questo caso, il valore dirompente delle osservazioni di Bock va misurato tenendo conto dell’opposta cultura americana ancora dominante della specializzazione estrema.
Va detto, a onor del vero, che Google attrae quotidianamente talenti e si può permettere di rischiare assumendo secondo criteri non convenzionali. Ma per Bock è una certezza che in una società e in un’economia sempre più protesa verso l’innovazione, le persone capaci di gestire con serenità il cambiamento siano le uniche a offrire garanzie di successo nel lungo termine.
Sempre più le “soft skill” saranno determinanti nel fare la differenza: leadership corredata da una buona dose di umiltà e di spirito di collaborazione associato a capacità di adattarsi, curiosità e voglia di imparare. Genitori, educatori e dirigenti delle nostre parti dovrebbero fare tesoro di queste osservazioni d’oltre oceano per cominciare a riflettere su un sistema universitario che espande esageratamente l’adolescenza e un clima aziendale paternalistico e gerarchico che premia il conformismo e l’ossequio.