Quali sono i contenuti nella costruzione di un’identità oltre all’armonia e alla caratterizzazione?                        

La coerenza.

All’interno della riflessione sulla gestione dei contenuti per la costruzione e la manutenzione di un’identità, quindi, commercialmente, di un marchio o brand, un ruolo fondante è assunto dalla voce e dal tono da attribuire e perpetuare per l’identità di quella organizzazione. 

Una chiara e, di volta in volta, coerente intonazione e un’adeguata voce sono due passaggi che trasformano un marchio in una fonte di comunicazione.

 

La voce e il tono

Ma cosa sono la voce e il tono?

Voce e tono. Tono e voce. Anche se le parole “voce” e “tono” sono spesso usate come sinonimi, sinonimi non sono. 

Qual è la differenza più grande tra la voce e il tono?

La voce dell’identità di una organizzazione, della nostra azienda, è l’espressione della personalità, ed è radicata in ogni contenuto che pubblichiamo.

La nostra voce è ciò che siamo. La voce di nostro marchio cresce naturalmente nel corso del tempo, ma in sostanza rimane la stessa di giorno in giorno. 

La voce coincide con la comunicazione.

Il tono del nostro marchio, invece, dovrebbe cambiare spesso. Il tono della voce è adattivo ed esprime i sentimenti da far emergere nella relazione. Pensiamo a noi: abbiamo una sola voce, ma probabilmente utilizziamo toni diversi: un certo tono quando si parla di amici o con amici; uno completamente diverso quando la voce si rivolge al proprio capo o a dei clienti.  Il tono coincide con il senso.

 

La metacomunicazione o comunicazione non verbale

Il tono corrisponde con il sistema paralinguistico o metacomunicazionale.

Il sistema paralinguistico è caratterizzato da diversi aspetti: tono, frequenza, ritmo e silenzio.

Il tono viene influenzato da fattori fisiologici (età, costituzione fisica), e dal contesto sociale.

Per la frequenza l’aspetto sociale ha una forte influenza: un sottoposto che si trova a parlare con un superiore tenderà ad avere una frequenza di voce più bassa rispetto al normale.

Il ritmo dato a un discorso conferisce maggiore o minore autorevolezza alle parole pronunciate: parlare a un ritmo lento, inserendo delle pause tra una frase e l’altra, dà un tono di solennità a ciò che si dice e sottintende sicurezza; al contrario parlare ad un ritmo elevato attribuisce poca importanza alle parole pronunciate o grande stress emotivo

Nell’analisi del ritmo nel sistema paralinguistico va considerata l’importanza delle pause, che vengono distinte in pause vuote e pause piene. Le pause vuote rappresentano il silenzio tra una frase e l’altra, quelle piene le tipiche interiezioni (come mmh, beh) prive di significato verbale o espressioni gergali (belin, succ’mel, ‘azzo) deprivate del loro significato, inserite tra una frase e l’altra.

Nel sistema paralinguistico anche il silenzio rappresenta una forma di comunicazione e le sue caratteristiche possono essere ambivalenti: il silenzio tra due persone che hanno litigato ha un significato molto diverso rispetto al silenzio tra due persone che si ignorano o tra due innamorati. Ma anche in questo caso gli aspetti sociali e gerarchici hanno una parte fondamentale: un professore che parla ai suoi studenti o un ufficiale che si rivolge ai suoi soldati parlano nel generale silenzio. Il silenzio rappresenta una forma di rispetto o di sudditanza verso il ruolo o l’autorità gerarchica della persona che parla.

Non dobbiamo fare troppi sforzi di fantasia per capirlo: basta che ci guardiamo allo specchio.

Come persone abbiamo una voce, ed è sempre la stessa. Eppure, adattandoci ai contesti e alle situazioni, usiamo diversi toni: divertente, ironico, formale, adirato. 

 

                              1. Così come ogni strumento ha una sua voce, così ogni marchio.

 

La stessa cosa per le fonti di comunicazione: una voce con cui essere riconoscibile, e diversi toni per partecipare a un contesto in cui il nostro lettore (o cliente per essere pragmatici) già vive.

 

La voce

Ma come si fa a definire la voce di una fonte?

Bisogna compenetrare nel marchio, nel brand, nell’identità che si vuole rappresentare attraverso la comunicazione e rintracciare, “scovare”, scoprire quella voce che già esiste se il marchio già esiste o che meglio si attaglia alla metacomunicazione che il marchio . Perché, come abbiamo già scritto parlando della comunicazione prisma, ogni oggetto emana luce propria; ruolo della comunicazione è scomporla per renderla comprensibile. 

Per questo è fondamentale per chi si occupa di strategia dei contenuti, quindi per quello che genericamente viene definito come “comunicatore”, compenetrarsi nella vita quotidiana del marchio, parlare con i tecnici che ne hanno definito le caratteristiche, interagire con la forza vendita, immedesimarsi negli obiettivi strategici per cui quel progetto o quel prodotto è stato pensato, ascoltare costantemente i destinatari del progetto di cui si sta tutelando l’identità, i clienti di quel prodotto o brand.

La voce già c’è, bisogna solo isolarla dal contesto, ripulirla dai rumori e dalle interferenze e, quando necessario, farle fare un bel corso di dizione. Pulizia, nitore, chiarezza, essenzialità.

Ma non è possibile inventarla ex novo, perché se si discosta dalla voce reale (che, ripetiamo, esiste) il nostro interlocutore prima o poi lo scoprirà e perderemo credibilità. Meglio una voce un po’ rauca ma sincera, piuttosto che finta e non credibile.

 

                       2. E allora ci serve un diapason per accordare lo strumento alla situazione e al contesto

 

Come fare a identificare la voce di una organizzazione?

Ecco alcune domande utili da porsi:

  • Che cosa fa l’organizzazione?
  • Perché le persone visitano il suo sito web?
  • Se il marchio fosse una persona, come verrebbe descritto?
  • Come desidererebbe sentirsi la gente quando entra in contatto con l’organizzazione? quando visita il sito? entra in un punto vendita? si relaziona con il front office?

Ora è possibile definire ed articolare una voce. Provate a descrivere la personalità della società o del brand come se si trattasse di una persona. Non c’è un modo giusto o sbagliato: fate finta di spiegarlo a qualcuno in una conversazione, o scriverlo come se doveste descrivere un personaggio di un romanzo. Come lo immaginate: alto o basso, magro o ciccione,m sportivo o sedentario, simpatico o fosco, vestito elegante o sportivo.

Può aiutare riflettere sulle antinomie: “questo, ma non questo”. 

Ad esempio, nella fase costitutiva di BrainLabs, un laboratorio di idee che progetta eventi o canali chiavi in mano per proporli poi sul mercato, abbiamo riunito un gruppo di lavoro che per descrivere la voce di BrainLabs, ha identificato i seguenti “questo, ma non questo”.

I progetti proposti da BrainLabs sono:

  • divertenti, ma non infantili
  • intelligenti, ma non cervellotici
  • articolati, ma non complicati
  • rilassanti, ma non noiosi
  • freschi, ma non alienanti
  • informali, ma non approssimativi
  • utili, ma non invadenti
  • competenti, ma non saccenti.

Questi saranno i colori della voce di BrainLabs e rimarranno costanti, salvo modifiche in corso d’opera di fronte solo per evidente necessità di riformulazione.

 

 

Il tono

Diverso è il tono che, come abbiamo detto, cambia rispetto ai contesti in cui avviene lo scambio comunicativo.

Un conto se siamo all’interno di una campagna promozionale, altro se dobbiamo spiegare un disservizio. Nel primo caso dovremmo essere quanto meno affascinati, nel secondo chiari, umili e efficaci.

 

 

 3. Il ruolo di chi gestisce i contenuti, non solo suonare, ma prima di tutto, accordare lo strumento al contesto.

 

A questo punto il problema si sposta all’individuazione del contesto.

Come facciamo a comprendere in quale situazione stiamo comunicando in modo da adeguare il tono?

Anche in questo caso: nulla di nuovo sotto il sole. Il segreto è: “mettersi dalla parte dell’interlocutore”. Se, infatti, è l’empatia è quello che stiamo cercando (e su questo i dubbi sono pochi), è necessario captare le stesse frequenze su cui è il nostro alter ego.

Per determinare il tono della voce, possiamo porci queste domande:

Qual è lo stato d’animo, in questo momento, della persona alla quale è rivolta la nostra comunicazione?

Come si sente in questo momento?

Perché questo contenuto potrebbe interessarlo?

Come posso migliorare il suo coinvolgimento verso la nostra organizzazione?

 

Non solo norme redazionali

Vediamo, allora, come la definizione di quello che spesso chiamiamo stile di comunicazione, l’insieme di voce e tono, non è solamente definito attraverso la redazione (necessaria, probabilmente indispensabile in una comunicazione matura) delle norme redazionali, ma si amplia in un territorio ancora poco esplorato e per questo un po’ indefinito.

Un copywriter si dovrà, dunque chiedere: come posso descrivere nero su bianco la voce della fonte per cui sto lavorando?

Una sintesi necessaria perché sia poi condivisa. 

Un passo che forse rende ancora più specifiche le figure professionali del web content, del web editor, del copywriter, del redattore e via via discorrendo. 

Una figura che non solo deve avere capacità di tradurre in parole, tono e voce un mondo complesso, ma anche ascoltare per riuscire a cogliere al volo il “la” di quel momento.

 

 

Fonti

  • Kate Kiefer Lee, “Tone and Voice: Showing Your Users That You Care” Ux magazine
  • http://uxmag.com/articles/tone-and-voice-showing-your-users-that-you-care
  • Wikipedia, Comunicazione non verbale.
  • http://it.wikipedia.org/wiki/Comunicazione_non_verbale
  • Ripanti E. (2014), Voce e tono, accordare la fonte, OfficineEinstein, marzo 2014
  • http://www.officineeinstein.eu/index.php/politiche-di-comunicazione/659-la-voce-e-il-tono-di-una-fonte.html